L'Huffington Post
11/09/2014

Barack Obama lancia la strategia contro l'Isis; con gli Usa una coalizione di 10 paesi arabi

All'indomani dell'annuncio della lunga guerra all'Isis, Barack Obama incassa il sostegno di una decina di paesi arabi che hanno accettato di partecipare alla vasta coalizione proposta dagli Usa per combattere lo Stato islamico in Siria e in Iraq. È quanto si legge in una nota congiunta diffusa al termine di un incontro tenutosi a Gedda tra il segretario di stato americano, John Kerry, e i rappresentanti di dieci Paesi arabi.

Della "grande coalizione" contro i jihadisti sunniti dello Stato Islamico faranno parte, oltre all'Arabia Saudita (culla del wahabismo, l'interpretazione più severa del sunnismo), anche Bahrein, Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Nessun Paese, ha chiarito Kerry, ha parlato dell'invio di truppe di terra.

Sembra rientrato anche l'incidente diplomatico avvenuto tra Usa e Uk: Downing Street, infatti, ha smentito il ministro degli Esteri Philipp Hammond che da Berlino aveva assicurato che la Gran Bretagna non avrebbe partecipato ai raid aerei in Siria.

Un portavoce del governo ha chiarito che il premier David Cameron "non ha escluso alcunché" su eventuali bombardamenti in Siria aggiungendo, per contenere i danni, che Hammond sarebbe stato male interpretato dai giornalisti. Il capo del Fioreign Office si sarebbe riferito al voto con cui i Comuni bocciarono alla fine dello scorso agosto i raid aerei contro la Siria dopo l'uso dei gas nervini nell'attacco del 21 agosto a Ghouta, sobborgo di Damasco, in cui morirono 1.412 civili.

Nel discorso andato in onda ieri sera, il presidente americano Barack Obama ha assicurato che non sarà come per le guerre in Iraq e Afghanistan. "Gli Stati Uniti guideranno un'ampia coalizione internazionale per indebolire e alla fine distruggere l'Isis", ha detto, assicurando che “non ci sarà scampo” per loro. Quattro i punti della strategia: raid aerei "come quelli fatti per anni in Yemen e in Somalia"; formazione dei militari dei paesi minacciati dai terroristi; lavoro di intelligence; aiuti umanitari. "Questo vuol dire che non esiterò a ordinare azioni contro l'Isis in Siria come in Iraq”, ha affermato Obama, aggiungendo che “se minacci l'America, non troverai un paradiso sicuro" in cui nasconderti.

Raid aerei ma, diversamente dalle esperienze in Iraq e Afghanistan, nessun soldato sul campo. Il presidente ha autorizzato l'invio di altri 475 soldati americani in Iraq che tuttavia "non andranno in missione di combattimento" ma saranno dispiegati con compiti di addestramento. "Invieremo altri 475 consiglieri militari in Iraq. Queste forze americane non andranno in missione di combattimento, non ci lasceremo trascinare in un'altra guerra terrestre", ha assicurato. Ci vorrà tempo, forse anni, per distruggere completamente l’Isis e la premessa è la formazione di un nuovo governo "inclusivo" in Iraq. Altro punto centrale è rappresentato dall'azione condivisa con una ampia coalizione internazionale: "prima di giungere a questa decisione Obama ha consultato "gli alleati all'estero e il Congresso". Da Capitol Hill arriverà il via libera agli interventi, perché pur avendo l'autorità di ordinare un attacco da solo, "le decisioni condivise rafforzano la Nazione".

Il segretario di Stato John Kerry è in missione in Medio Oriente e sarà a Jeddah, in Arabia Saudita, per dare un confine netto al gruppo di nazioni che si batteranno contro l'Isis. "In tutte le quattro parti della nostra strategia all'America si unirà una ampia coalizione. Già adesso gli alleati stanno facendo ricognizioni e attacchi sull'Iraq", ha spiegato Obama, sottolineando come Kerry nel suo viaggio aumenterà il gruppo di paesi, "specialmente quelli arabi che possono mobilitare le comunità sunnite in Iraq e in Siria per cacciare i terroristi dalle loro terre".

Le prime risposte degli alleati non sono incoraggianti per gli Usa. I ministri degli esteri di Germania e Gran Bretagna hanno comunicato che le loro forze aeree non saranno disponibili ad unirsi ai raid aerei previsti da Obama in Siria: in particolare il ministro tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto che "non ci è stato chiesto" di partecipare alla missione aerea "e non lo faremo"; il ministro inglese Philip Hammond ha affermato che la Gran Bretagna "appoggia totalmente l'approccio dello sviluppo di una coalizione internazionale contro lo Stato islamico, ma non parteciperà ad alcuna azione militare in Siria". L'Italia fornirà sostegno tecnico: il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha dichiarato che "l'Italia ha la possibilità di offrire degli aerei da rifornimento". La Turchia fa trapelare che "non parteciperà ad alcuna operazione armata ma si concentrerà interamente sulle atività umanitarie". Maggiore disponibilità da parte del premier israeliano Benyamin Netanyahu, il quale ha spiegato che "Israele sta facendo la sua parte nella lotta contro l'Isis. Una parte di questo sforzo è più conosciuta, un'altra meno". Durissima la posizione della Russia: Aleksandr Lukasehvich, portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, ha detto che gli attacchi aerei Usa in Siria contro gli estremisti dell'Isis senza il consenso di Damasco e in assenza di decisioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sarebbero "un'aggressione, una grossolana violazione del diritto internazionale".

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