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10 novembre 2014

All’Isis può convenire al Baghdadi morto…

Abu Bakr al Baghdadi, il terrorista autoproclamatosi Califfo, potrebbe essere morto. Ma la questione è complessa e riguarda anche la comunicazione dell’Isis.

Abu Bakr al Baghdadi, il terrorista autoproclamatosi Califfo (qui ‘il Journal’ ha descritto la sua ascesa), potrebbe essere morto, secondo quanto riportato dall’emittente al Arabiya. I bombardamenti aerei degli Stati Uniti sono stati effettuati in Iraq, nei pressi della città di al Qaim, a circa 400 chilometri dalla capitale Baghdad. Nell’operazione è stata data per certa l’uccisione di Auf Abdulrahman Elefery, noto con il nome di Abu Suja, strettissimo collaboratore di al Baghdadi.

Tuttavia, la morte del leader dell’Isis non ha trovato riscontri ufficiale, mentre la notizia del suo ferimento non è stata smentita. Un segno che qualcosa è avvenuto nel corso del raid che puntava proprio a decapitare i vertici dell’organizzazione jihadista.

Su ‘La Stampa‘, Maurizio Molinari evidenzia la situazione caotica.

Impossibile avere conferme ma il tam tam dilaga, sull’etere e sul Web, mettendo in evidente difficoltà lo Stato Islamico che è una nazione vera propria, si estende dalla periferia di Aleppo a quella di Baghdad e vede i jihadisti del Califfo esercitare il potere assoluto su oltre dieci milioni di anime. Ma è uno Stato creato a immagine e somiglianza del Califfo Ibrahim, senza il quale sarebbe a rischio.

La strategia di comunicazione dell’Isis

Ma il mistero sulle sue condizioni di salute potrebbe protrarsi per settimane, perché l’Isis, il sedicente Stato islamico, governa la sua propaganda ad arte. Il mito di al Baghdadi, ribattezzatosi Califfo Ibrahim, si alimenta anche grazie alla sua “invisibilità”. Preferisce farsi vedere poco, rafforzando la sua leadership con l’assenza. Di lui c’è solo il video che lo ha ripreso in una moschea di Mosul, oltre aqualche sporadica foto sgranata.

L’Isis, che si è dimostrata molto abile a gestire i mezzi di comunicazione (vedi il caso Cantlie), potrebbe anche decidere di sostenere che il Califfo è vivo e capace di comandare i suoi guerriglieri, nonostante l’attacco aereo statunitense.

Spesso molti terroristi, basti pensare al caso di Abubakar Shekau di Boko Haram, sono stati dati per morti, venendo poi smentiti dai fatti. In altri casi il dubbio non viene mai dissipato.

Del resto è difficile ottenere informazioni esatte in un territorio governato brutalmente dai jihadisti, che quindi possono far trapelare quel che vogliono. A secondo della convenienza, insomma, verrà comunicata una “verità”. Non è escluso potrebbe addirittura essere più funzionale un “al Baghdadi morto” e quindi “martire” per stimolare i combattenti sul campo.

Guerra all’Isis: le conseguenze operative

Al di là degli aspetti di comunicazione, c’è un effetto pratico: la guerra all’Isis inizia a produrre davvero degli effetti. Sul New York Times era stata già evidenziata la difficoltà dei miliziani nella conquista di nuovi territori, soprattutto in Iraq, dove l’esercito ufficiale è stato ricostruito e i peshmerga curdi hanno ricevuto armi in abbondanza.

Inoltre, nell’attacco ad al Qaim è emerso un fatto certo: sono stati colpiti alcuni esponenti di spicco dell’autoproclamato Califfato. Dunque, seppur a rilento, le

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