Dispatches from the Aspen Ideas Festival. Full coverage.
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June 27 2014

L'ex ambasciatore di Israele: gli sciiti militanti sono più pericolosi dei sunniti
di Conor Friedersdorf

Michael Oren ha affermato provocatoriamente che  “i sunniti sono il male minore rispetto agli sciiti", insistendo sul fatto che gli Stati Uniti non dovrebbero allearsi con l'Iran, nemmeno contro i terroristi sunniti.

Michael Oren, un diplomatico americano nato, che ha servito come ambasciatore di Israele negli Stati Uniti, ha scherzato all'inizio del colloquio di Venerdì al Festival di Aspen Ideas, sul fatto che un ambasciatore non è, come qualcuno vorrebbe che fosse, un funzionario inviato all'estero a mentire per il suo paese; un ambasciatore è un funzionario inviato all'estero a mentire per due paesi.

Il suo intervistatore, Jeffrey Goldberg, ha scherzato che ora che lui è un privato cittadino, può livellarsi con noi, e poi lo ha pressato con una serie di argomenti, tra cui i progetti di costruzione israeliani nel territorio conteso, il pericolo che Israele perda il sostegno degli ebrei americani, come Israele pensa al programma nucleare iraniano, e altro ancora. Le sue risposte sono state a volte più provocanti di qualsiasi risposta data da diplomatici in servizio.

Più in particolare, ha risposto a una domanda sul fatto che l'America deve allearsi con l'Iran per combattere i terroristi sunniti in Iraq, insistendo sul fatto che, quando si parla di Islam militante in Medio Oriente, anche dopo l'ascesa di ISIS, "il male minore sono i sunniti rispetto agli sciiti". I sunniti possono compiere attentati suicidi e attacchi terroristici internazionali (come l'America ha imparato il 9/11), ma gli sciiti da Teheran a Beirut esercitano un potere militare molto più duro e rappresentarno una minaccia molto più grande per Israele, "di una grandezza completamente diversa", ha sostenuto. "Non s’ha da fare un patto con l'Iran."

Per quanto riguarda l'Iraq, ha sostenuto che abbiamo visto la scomparsa del confine tra Iraq e Siria questa settimana, e che il sistema Sykes-Picot degli stati-nazione sta disfacendo il Medio Oriente.

Sulla disputa di Israele con la Palestina, Oren ha dichiarato che il suo paese è stato corretto nel disegnare unilateralmente i confini, perché la Palestina non era ancora pronta a firmare una soluzione a due Stati. Quello che ho trovato più interessante è stata la sua ragione di ciò che il confine, unilateralmente elaborato, dovrebbe raggiungere per essere efficace. A suo parere, Israele deve essere in grado di raccontare agli europei, forse non vi può piace ciò che stiamo facendo, ma non vale la pena imporre sanzioni. Israele deve essere in grado di raccontare ai propri cittadini, che queste sono le linee su cui possiamo inviare i nostri figli a difendere il paese. E le frontiere dovrebbero, a suo avviso, non piacere ai palestinesi. "Penso che dobbiamo tracciare una linea che ai palestinesi non piace. Perché vogliamo lasciare la porta aperta a una soluzione a due Stati, e per raggiungerla ci potrebbe volere una generazione." In altre parole, crede che Israele dovrebbe costruire delle concessioni da utilizzare durante i negoziati futuri e, implicitamente, che c'è una tensione tra l'equità del regime attuale e la teoria che massimizza la probabilità di equità a lungo termine. Una logica di questo tipo si potrebbe prestare a razionalizzare accordi sleali.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, Oren ha sostenuto che, proprio come l'America è indispensabile per Israele, nella misura in cui ci comportiamo come il suo scudo diplomatico e protettore militare, anche Israele è indispensabile per gli Stati Uniti, perché sono il nostro unico vero alleato nella la regione, con un esercito più grande del combinato francese e britannico. Purtroppo, ha illustrato il suo punto con un esempio banale: che solo in Israele un presidente americano può fare un discorso guadagnandosi gli applausi del pubblico e le onde di bandiere americane. E allora? Molte persone credono che il potere duro di Israele nella regione sia essenziale per l'America. Mi piacerebbe sentire un ragionamento franco su quella posizione controversa. I discorsi amichevoli non sono essenziali per il pubblico. Che cos’è essenziale per gli Usa?

Infine, Oren ha fatto l'affermazione provocatoria che gli Stati Uniti sono ancora oggi impegnato in un'azione militare in Iraq, e che l'America deve combattere anche se è improbabile che cambi i fatti sul terreno! "L'America non ha intenzione di influenzare il risultato" ha detto. "Ma il fatto che l'America sia coinvolta manda un messaggio alle persone in Cina e in Russia, che l'America non si ritira dal mondo." Egli considera importante l'invio di quel segnale, per gli interessi a lungo termine degli Stati Uniti. Ho a lungo preso la posizione meno controintuitiva: che i paesi non dovrebbero mettere le vite dei loro soldati in pericolo, spendere miliardi, per uccidere la gente in una terra straniera allo scopo di lanciare un  messaggio, soprattutto quando sanno che entrare in quel conflitto non sarà d’aiuto.


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June 27 2014

Israel's Former Ambassador: Militant Shias Are More Dangerous Than Sunnis
By Conor Friedersdorf

Michael Oren made the provocative claim that "the lesser evil is the Sunnis over the Shias," while insisting that the U.S. should never ally with Iran, even against Sunni terrorists.

Michael Oren, an American-born diplomat who served as Israel's ambassador to the United States, joked at the beginning of a Friday interview at the Aspen Ideas Festival that an ambassador isn't, as some would have it, an official sent abroad to lie for his country—an ambassador is someone sent abroad to lie for two countries. 

His interviewer, Jeffrey Goldberg, quipped that now that he's a private citizen, he can level with us, and then pressed him on a range of subjects, including Israeli construction projects in disputed territory, the danger of Israel losing the support of American Jews, how Israel thinks about the Iranian nuclear program, and more. His responses were at times more provocative than any made by acting diplomats.  

Most notably, he responded to a question about whether America should ally with Iran to fight Sunni terrorists in Iraq by insisting that, when it comes to militant Islam in the Middle East, even after the rise of ISIS, "the lesser evil is the Sunnis over the Shias." Sunnis may carry out suicide bombings and international terrorist attacks (as America learned on 9/11), but Shias from Tehran to Beirut wield far more hard military power and pose a much larger threat to Israel. "It's of a different magnitude entirely," he argued. "Do not make a pact with Iran."

With respect to Iraq, he argued that we saw the end of the Iraq-Syria border this week, and that the Sykes-Picot system of nation-states may be unraveling in the Middle East. 

On Israel's dispute with Palestine, Oren declared that his country was correct to unilaterally draw borders because Palestine was not yet ready to sign onto a "two-state solution." What I found more interesting was his account of what the unilaterally drawn border must achieve to be effective. In his view, Israel must be able to tell the Europeans, you may not like this, but it isn't worth imposing sanctions. Israel must be able to tell its own citizens, these are lines that we can send our kids out to defend. And the borders should, in his view, be disliked by Palestinians. "I think we have to draw a line that the Palestinians don't like. Because we want to leave the door open to a two-state solution. It may take a generation." Put another way, he believes Israel must build in concessions it can make during future negotiations, and (implicitly) that there is a tension between the fairness of present arrangements and game theory that maximizes the chance of long-term fairness. Logic of that sort could lend itself to rationalizing unfair arrangements.

With respect to the U.S., Oren argued that just as America is indispensable to Israel, insofar as we act as its "diplomatic shield" and military protector, so too is Israel indispensable to the United States, because they're our only real ally in the region, with a bigger military than the French and British combined.  Unfortunately, he illustrated his point with a trite example: that only in Israel can an American president give a speech as the audience cheers and waves American flags. So what? Many people believe Israel's hard power in the region is essential for America. I'd like to hear the frank reasoning for that controversial position. An audience for friendly speeches is not essential. What is the U.S. getting that is essential?

Finally, Oren made the provocative claim that the U.S. is even now engaged in military action in Iraq, and that America ought to be fighting there even though we're unlikely to change the facts on the ground! "America's not going to impact the outcome," he said. "But the fact that America is involved sends a message to people in China and Russia that America is not withdrawing from the world." He regards sending that signal as important to long-term U.S. interests. I've long taken the less counterintuitive position: that countries shouldn't put the lives of their soldiers in mortal danger, spend billions, and kill people in a foreign land for purposes of signaling, especially when they know going in that fighting won't help.

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