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31 luglio 2014

Refuznik

Nonostante la difesa e l’esercito siano parte integrante dell’educazione degli israeliani anche lì esistono gli obiettori. Chi sono e perché lo fanno

La notizia che oggi Israele ha richiamato in servizio 16 mila riservisti dell’esercito per tenerli pronti al momento giusto durante l’attuale guerra contro Hamas, è l’occasione per fare il punto sull’organizzazione militare israeliana. E scoprire che nonostante l’importanza fondamentale dell’esercito ed il fatto che il servizio militare sia obbligatorio per uomini e donne, ci sono anche persone che hanno rifiutato la chiamata alle armi. Ecco chi sono e cosa hanno subìto per la loro scelta, nel reportage di Internazionale.it

I refuznik israeliani (in ebraico ” chi rifiuta”) sono giovani che rifiutano di fare il servizio militare. La leva è un passaggio obbligato nella società israeliana.

In Israele a scuola i ragazzi incontrano i rappresentanti dell’esercito che gli spiegano il ruolo e l’importanza delle forze armate e aver svolto il servizio militare è richiesto in ogni posto di lavoro.

Le forze armate israeliane hanno circa 186.500 soldati, ma possono richiamare fino a 445mila riservisti. Gli israeliani si arruolano a 18 anni e sono previsti 3 anni di servizio militare per gli uomini e 2 anni per le donne. Sono esclusi gli arabi israeliani (il 18 per cento della popolazione) e gli ebrei ultraortodossi che sono esonerati per lo studio della religione.

La maggior parte dei refuznik è composta da pacifisti o da persone che rifiutano di combattere nei territori palestinesi occupati. Alcuni hanno ragioni personali di studio o di lavoro. A causa della loro scelta finiscono in prigione per disobbedienza. Nel 2014 cinquanta giovani hanno rifiutato di arruolarsi e per questo finiranno in prigione a ottobre.

Il reportage di Martin Barzilai è stato realizzato nel 2009, Mediapart lo ha attualizzato nel 2014.

In questa foto: Tamar, 20 anni. “Sono pacifista e nel 2008 ho scelto di andare in prigione per spiegare che è possibile rimettere in discussione il tabù del servizio militare. Ho passato tre mesi in prigione e l’ultimo in isolamento perché rifiutavo di indossare l’uniforme. L’odio e l’intolleranza per scelte come la mia sono ancora più forti in momenti come questi. La mia generazione è cresciuta senza alcun contatto con la società palestinese. In questo modo l’odio nasce più facilmente”. Tel Aviv, Israele, 2014.

Martin Barzilai (Picturetank)
Alex, 22 anni, operatore cinematografico. “A 17 anni sono andato nei territori occupati per aiutare i palestinesi a raccogliere le olive. Questa esperienza mi ha molto toccato. Mi sono reso conto che la parola sicurezza per giustificare l’occupazione era una menzogna. Ho deciso che non avrei fatto il servizio militare. Ho passato cinque mesi in prigione per disobbedienza”. Tel Aviv, Israele, luglio 2009.

Martin Barzilai (Picturetank)
Neta, 18 anni. “Ho ricevuto un’educazione molto tradizionale, ma a 15 anni ho scoperto che esiste l’occupazione dei territori palestinesi. Ho scelto di andare in prigione perché credo che le persone debbano sapere: l’esercito israeliano non rispetta i diritti umani e commette crimini di guerra.” Haifa, Israele, luglio 2009.

Martin Barzilai (Picturetank)
Giyora Neumann, 55 anni, giornalista. “A 17 anni, nel 1971, sono stato il primo a rifiutare di fare il servizio militare e ad andare in prigione. L’ho fatto per ragioni politiche, all’epoca militavo in Matzpen, un partito politico socialista, rivoluzionario e antisionista. Ma l’ho fatto anche per ragioni personali: la mia famiglia aveva sofferto un’altra occupazione… in Polonia”. Tel Aviv, Israele, luglio 2009.

Martin Barzilai (Picturetank)
Omer, 20 anni, studentessa. “L’esercito funziona bene. Non lascia il tempo di riflettere. Penso che i giovani israeliani debbano concoscere la situazione dei palestinesi per poter scegliere se fare il servizio militare o no. Mio padre è un generale importante del Mossad, siamo agli opposti io e lui. Ho passato due mesi in prigione. È stato difficile, ho perso cinque chili”. Tel Aviv, Israele, luglio 2009.

Martin Barzilai (Picturetank)
Ben, 27 anni, lavora in una videoteca. “Mio padre ha passato 40 giorni in prigione perché non ha voluto arruolarsi a Gaza. Quando è stato il mio turno anche io ho scelto di non andare. Ho parlato con l’ufficiale incaricato dei disturbi mentali. Gli ho detto che non volevo portare armi e che se mi avessero costretto le avrei usate contro i miei superiori”. Tel Aviv, Israele, 2014.

Martin Barzilai (Picturetank)
Or, 19 anni. “Sono cresciuta in una famiglia molto tradizionale ed ero sicura da bambina che mi sarei arruolata. Durante una manifestazione contro il muro in Cisgiordania a cui ho partecipato, l’esercito ha sparato contro di noi. Quel giorno ho capito che non avrei fatto il servizio militare”. Tel Aviv, Israele, luglio 2009.

Martin Barzilai (Picturetank)
Daniel, 24 anni, studente. “Sono socialista e ho deciso di non arruolarmi perché sono contro l’imperialismo. Inoltre, nella società israeliana, la guerra è sempre stata sinonimo di ingiustizia sociale”. Haifa, Israele, luglio 2009

Martin Barzilai (Picturetank)
Naomi, 20 anni, studente. “Non ho fatto il servizio militare perché sono contro l’occupazione e contro la militarizzazione della società israeliana. Abbiamo uno degli eserciti più importanti al mondo, ma siamo un piccolo paese. È stato un problema quando ho cominciato a cercare lavoro. Dovevo essere assunta in una libreria, ma quando il proprietario ha scoperto che non mi ero arruolata ha cambiato idea”. Tel Aviv, Israele, luglio 2009.

Martin Barzilai (Picturetank)
Haggai, 26 anni, giornalista. “Nel 2001 quando abbiamo scelto di andare in prigione per protestare contro l’occupazione eravamo in 25. Era un movimento molto importante. C’è stato un processo contro di noi trasmesso in tv. E dal punto di vista del diritto questo processo è diventato un esempio sia dal punto di vista politico che filosofico. L’esercito ci ha usato come esempio per spaventare gli altri. Mi hanno condannato a due anni”. Tel Aviv, Israele, luglio 2009.

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