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mag 19th, 2014

Le milizie di Haftar colpiscono il Parlamento di Tripoli e sequestrano 7 deputati: si parla di golpe
di Enrico Oliari
Direttore responsabile di Notizie Geopolitiche

Se non è un colpo di Stato, quello in corso in Libia è quanto di più vi assomigli: le milizie autonome del generale Khalifa Haftar, che da ormai tre giorni stanno martellando le basi degli jihadisti di Ansar al-Sharia e delle “Brigate 17 febbraio” a Bengasi, hanno attaccato anche il parlamento di Tripoli ed hanno sequestrato 7 deputati: protagonisti dell’impresa miliziani partiti dall’aeroporto di Tripoli che controllano, e poi lì tornati con i politici rapiti; Haftar ha quindi chiesto che il Parlamento fermi i suoi lavori e ceda i poteri ad un’Assemblea Costituente per definire il testo della nuova Carta libica.
Intanto da sud si stanno dirigendo verso la capitale i carri armati delle potenti milizie autonome della tribù di Zintan, la quale ha scelto di unirsi al generale nella lotta contro gli jihadisti.
Da quanto egli stesso afferma, Haftar starebbe tentando di portare un po’ di ordine in quella che è la Libia del caos, dove, oltre ai venti secessionisti, continuano ad esserci numerose milizie autonome spesso belligeranti fra di loro, tribù in lotta, brigate di jihadisti e persino di appartenenti all’ancien regime, bande di malviventi, sequestri di diplomatici, attentati contro i civili e continui scioperi che paralizzano il paese.
Ma chi è Khalifa Haftar? Ufficiale dell’esercito di Gheddafi, aveva combattuto a partire dal 1978 nella guerra contro il Ciad, la quale si concluse nel 1987 con la “Battaglia delle Toyota” e la pesante sconfitta dell’esercito libico; venne fatto prigioniero dai militari del Ciad e poi liberato dagli Stati Uniti in un’operazione poco chiara. Caduto in disgrazia agli occhi di Gheddafi, Haftar si rifugiò negli Stati Uniti, un passato per cui i suoi oppositori lo ritengono essere un uomo della Cia; nel 2011 ha fatto ritorno in Libia per prendere parte alla Rivoluzione che ha portato alla caduta del regime di Gheddafi, comandando la piazza di Bengasi.
Nel febbraio scorso era girata notizia che Haftar aveva tentato un golpe al punto che l’emittente panaraba al-Arabiya aveva reso noto l’annuncio da parte dell’Esercito della sospensione del Parlamento e del governo; Haftar aveva dichiarato che “Il comando nazionale dell’Esercito libico si sta muovendo per impostare la nuova road map per salvare il paese dalla sciagura” e quindi farlo uscire dalla crisi politica, ma poi era stato portato alla ragione dalle autorità governative e la situazione era rientrata.
Ben visto dall’esercito e da diverse tribù, Haftar due giorni fa ha attaccato a Bengasi gli jihadisti, ricorrendo persino al lancio di missili e a raid aerei; negli scontri sono morti 79 miliziani e ne sono rimasti feriti quasi 200. Oltre alla tribù di Zintan, hanno inviato proprie forze anche le tribù di Agedabia e di Qaaqaa, per quella che i miliziani chiamano “Operazione Dignità della Libia”.
Nel paese nordafricano permane la crisi politica: il nuovo premier ad interim, Abdullah al-Thani, è succeduto da poche settimane ad Alì Zeidan, sfiduciato lo scorso 12 marzo e fuggito in Germania. L’Assemblea nazionale è in forte ritardo sul licenziamento della Costituzione, cosa che sta tenendo il paese in uno stato di insicurezza e di tensione continuo.

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