Middle East Monitor
27/01/2014

La pulizia etnica di Gerusalemme
di Nadia Saad Al-Din
Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Con l'avanzare dell'occupazione, la Città Santa rischia di perdere per sempre la sua identità arabo-mususlmana

Di recente, un membro della commissione esecutiva dell’OLP, Ahmed Qurei, ha riferito che Gerusalemme andrà definitivamente persa se Israele continuerà a costruire insediamenti. Israele, dice Qurei, è da tempo impegnata in un progetto di “pulizia etnica” nella Città Santa e sta ampliando i suoi insediamenti quotidianamente. “Le autorità di occupazione hanno speso l’equivalente dei bilanci di due Stati arabi per la giudaizzazione di Gerusalemme, al fine di evitare che la città venga divisa con la costituzione di uno Stato palestinese con Gerusalemme come capitale.”

Gerusalemme, continua Qurei, sta subendo così tanti cambiamenti che, qualora non si intervenisse, ben presto la città potrebbe essere privata della sua identità araba e musulmana. Le mappe e i dati del Dipartimento per gli Affari di Gerusalemme mettono in luce la gravità di questi cambiamenti: rivelano l’espansione di 15 insediamenti, insediamenti che occupano ormai quasi un terzo della superficie tradizionale di Gerusalemme. Per di più, due quartieri e otto avamposti sono stati smembrati per ospitare 2.000 coloni israeliani.

Nella città vecchia di Gerusalemme, uno spazio di meno di un chilometro quadrato, 4.000 coloni ebrei vivono all’interno di quattro blocchi di insediamenti e di 56 unità di insediamento, nell’intento di tagliare fuori i 33.000 residenti palestinesi. Le mappe hanno rivelato, inoltre, l’intenzione di espandere il muro dell’apartheid intorno a Gerusalemme per una lunghezza di circa 142 km, con ben 12 postazioni di controllo differenti. Nel frattempo, 90.000 palestinesi sono stati espulsi oltre il muro, perdendo il loro permesso di residenti.

L’occupazione ha portato alla demolizione di 1.120 fabbricati, alla chiusura di circa 88 istituzioni nazionali palestinesi ed alla confisca di 14.621 carte d’identità palestinesi dal 1967. Inoltre, la politica israeliana nei confronti di palestinesi di Gerusalemme ha come conseguenza un alto tasso di povertà che colpisce principalmente i bambini, i quali, inoltre, vengono spesso arrestati, detenuti e quindi alienati dai loro coetanei. Povertà che si manifesta in tutti i settori, dall’educazione alla salute, e alla quale si uniscono le numerose restrizioni imposte ai palestinesi, come quelle nell’ambito edile, dove non è loro consentito rinnovare o ampliare le proprie abitazioni, e in quello turistico, dove agli hotel, i cui proprietari sono arabi, vengono imposti limiti tanto severi che spesso non lasciano alternative alla chiusura.

Qurei mette in guardia sui pericoli delle politiche e dell’occupazione israeliana, un’occupazione che è un ostacolo insormontabile sul cammino verso al pace e che continua a negare ai palestinesi quei diritti nazionali per i quali si battono e che Israele continua a perpetrare con il falso pretesto della sicurezza nazionale, minando così alla base la soluzione dei due Stati.

Gerusalemme, tuona Qurei, ha bisogno del sostegno arabo e musulmano perché i gerosolimitani possano restare nelle loro case, sulla loro terra, prevenire l’erosione dell’identità araba di Gerusalemme e porre fine al progetto di giudaizzazione. E proprio all’estrema negligenza del resto del mondo arabo-islamico, concentrato sulle proprie questioni interne, e alla predilezione americana per la sicurezza di Israele che Qurei imputa il grave deterioramento delle condizioni della Città Santa.

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