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7 novembre 2014

Profezie politiche: determinare il destino di al-Aqsa
di Ramzy Baroud
Traduzione di Maria Chiara Starace

La decisione di Israele del 30 ottobre di chiudere la moschea al-Aqsa, non è soltanto una violazione clamorosa dei diritti religiosi dei musulmani palestinesi.

Di fatto i diritti dei musulmani palestinesi e dei  cristiani sono stati regolarmente violati sotto l’occupazione israeliana per decenni, specialmente a Gerusalemme, e più di recente a Gaza. Durante la guerra di 51 giorni contro la Guerra di Gaza, si dice che 73 moschee siano state distrutte, mentre 205 sono state parzialmente distrutte, secondo un rapporto del governo palestinese.

Il Nobile Santuario (altro nome per Monte del Tempio)  situato nella Città vecchia di Gerusalemme, è noto come Haram al-Sharif in Arabo ed è la sede della Moschea al-Aqsa e della Cupola della Roccia. Ha un ruolo molto più che religioso nella società palestinese perché è una forza nazionale unificante e anche un simbolo. Quindi  non sorprende che sia stata obiettivo di numerosi assalti israeliani, compresi tentativi di incendiarla, o di fare degli scavi sotto di essa per cercare il compimento della profezia biblica.

Come risposta  “Difendere al-Aqsa” è stato uno slogan costante per i palestinesi  nel corso degli anni. Diverse insurrezioni palestinesi sono state scatenate come reazione ai piani politici o militari israeliani per alterare lo status quo della mosche. L’Intifada di al-Aqsa del 2000 è stata una di queste insurrezioni. E’ durata per circa 5 anni, durante i quali migliaia di palestinesi e centinaia di israeliani sono stati uccisi negli scontri provocati dal defunto leader israeliano, Ariel Sharon.

Andrebbe ricordato quel contesto se l’attuale copertura della situazione molto preoccupante dentro e attorno a Gerusalemme deve essere  significativa in qualsiasi modo. La guerra alla moschea che è di importanza fondamentale per la spiritualità di centinaia di milioni di Musulmani in tutto il mondo, non è semplicemente opera di pochi estremisti ebrei. È parte integrante di un piano del governo israeliano che si è andato cristallizzando in anni e mesi recenti. Per esempio, il mese prossimo, la Knesset (il parlamento) israeliana voterà una mozione per chiedere la suddivisione di al-Aqsa.

Uno dei principali difensori di quella spartizione, almeno nei termini di un primo passo verso una completa presa di controllo, è l’organizzazione Temple Mount Faithful, [I fedeli del Monte del Tempio],  guidata da Yehuda Glick.

Fondato da Gershon Salomon, il Movimento dei fedeli del Monte del Tempio, secondo il suo sito web è dedicato alla “visione di consacrare il Monte del Tempio al nome di Dio, di togliere  i sacelli   musulmani messi lì come simbolo della conquista musulmana, di ricostruire il Terzo Tempio sul Monte del Tempio, e alla redenzione divina del Popolo e della Terra di Israele.”

Questa visione messianica non è del tutto aliena al discorso del governo di Benjamin Nethanyahu. La sua logica in difesa degli insediamenti illegali nella Gerusalemme occupata è così: “I francesi costruiscono a Parigi, gli inglesi costruiscono a Londra e gli israeliani costruiscono a Gerusalemme. Venire a dire agli ebrei di non vivere a Gerusalemme – Perché?”

In realtà sembra esserci poco disaccordo tra la visione delle organizzazioni simili al Movimento dei fedeli del Monte del Tempio, l’atteggiamento politico di Tel Aviv o i molti passi in corso per eliminare le proprietà palestinesi, demolire le case ed espandere gli insediamenti ebraici.

Yehuda Glick, il ben finanziato “attivista” israelo-americano, la cui ossessione di distruggere al-Aqsa non conosce limiti, e che ha frequentato per anni la moschea facendo visite provocatorie con la copertura della polizia israeliana, è stato l’immagine dei progetti israeliani contro al-Aqsa.

Mercoledì 29 ottobre, un presunto assalitore palestinese, ha sparato e ferito Glick mentre usciva da una conferenza a Gerusalemme, incentrata sulla costruzione del Tempio del Monte sulle rovine di al-Aqsa. Il suo presunto assalitore, Moataz Hejazi è stato ucciso dalla polizia israeliana. Sua sorella ha detto ad Aljazeera il 30 ottobre che suo fratello era stato malmenato, e poi portato sul terrazzo di edificio vicino e ucciso con un’arma da fuoco.

La decisione di chiudere al-Aqsa è stata presa dopo l’incidente. Alcune persone nei media e a Gerusalemme considerano Glick – che è stato un personaggio famigerato per molti palestinesi di Gerusalemme nel corso degli anni  - una vittima della violenza palestinese insensata. Faceva “parte di un movimento crescente tra gli ebrei  militanti in campo religioso che chiedeva più diritti di preghiera nel complesso di al-Aqsa.ì,” ha riferito ABC News.

Glick però ha chiesto di più. La missione del suo gruppo era di fare oggetto di pulizia etnica i palestinesi abitanti a Gerusalemme Est. Le sue azioni lo testimoniano.

Il ferimento di Glick con un’arma da fuoco ricorda un episodio simile nella storia macchiata di sangue della regione che ha avuto conseguenze spaventose. Il 25 febbraio 1994, l’estremista ebreo nato negli Stati Uniti, Baruch Goldstein, ha fatto irruzione nella Moschea Ibrahimi nella città palestinese di al-Khalil (Hebron) e ha aperto il fuoco.

Lo scopo era di uccidere il maggior numero di persone possibile, e questo ha fatto, uccidendo 30 persone e ferendone oltre 120.

Non è bastato che dei soldati israeliani nelle vicinanze della Moschea Ibrahim abbiano permesso a Goldstein – armato di un fucile Galil e di altre armi –l’accesso alla moschea, ma essi hanno aperto il fuoco sui fedeli mentre tentavano di fuggire    dalla scena del massacro. I soldati israeliani hanno ammazzato altre 24 persone e ne ha feriti altri. Goldstein era membro della lega ebraica di difesa, un partito razzista di estremisti ebrei fondato da Meir Kahane. I fedeli del Monte del Tempio, come altri gruppi estremisti ebrei considerano Goldstein un eroe. Come Glick, anche Goldstein era americano e viveva in un insediamento illegale ad al-Khalil.

Mentre l’omicidio di massa è stato condannato da molti, compresi tanti israeliani, non si negava affatto che gli estremisti che per lo più stanno popolando gli insediamenti illegali della Cisgiordania e di Gerusalemme, fanno parte di un piano governativo israeliani più ampio mirato alla pulizia etnica della Palestina.

Mentre le ruspe israeliane scavano nella terra palestinese durante il giorno, spianando cumuli di terra, e distruggendo gli alberi di ulivo per l’espansione degli insediamenti, macchinari pesanti scavano cunicoli  sotto la Città vecchia di al-Quds –Gerusalemme – alla sera. Gli israeliani stanno cercando le prove di quelli che credono siano i templi ebraici, presumibilmente distrutti nel 586 a.C. e nel 70 d.C.

Per realizzare la profezia gli estremisti ebrei credono che si debba costruire un terzo tempio. Ma, naturalmente c’è il fatto scomodo che in quel particolare posto esiste uno dei siti più sacri dell’Islam: il Nobile Santuario. E’ stato un luogo di preghiera esclusivamente musulmano per gli scorsi 1.300 anni.

L’insieme di politici di destra alleati con i fanatici religiosi sta ora  definendo   l’atteggiamento israeliano verso i palestinesi, particolarmente a Gerusalemme. Stanno

adocchiando al-Aqsa per annettersela, nello stesso modo in cui il governo israeliano sta  sforzandosi di annettersi in permanenza larghe zone della Cisgiordania occupata.

Infatti, il febbraio scorso, la Knesset israeliana ha scelto il 20° anniversario del massacro di palestinesi a opera di Goldstein ad al-Khalil, per dare inizio a un dibattito

riguardante la condizione del complesso di al-Aqsa. Potenti seguaci  della destra vogliono che il governo rafforzi la sua “sovranità” sul sito musulmano, che è amministrato dalla Giordania in base al trattato di pace giordano-israeliano del 1994. Il deputato israeliano Moshe Feiglin, è l’uomo che sta dietro questa mossa, ma non è da solo.

Feiglin è un membro del partito Likud di Netanyahu e ha un forte appoggio all’interno di questo, del governo e della Knesset. Tra i suoi sostenitori c’è Yehuda Glick, il fanatico nato in America.

Resta incerto quale destino attende la Moschea al-Aqsa. Presa tra i piani di annessione israeliani, gli attacchi degli estremisti ebrei, il silenzio internazionale e una storia di spargimento di sangue, al-Aqsa ha davanti a sé giorni difficili, come anche la gente di Gerusalemme, le cui sofferenze, come la loro città, sembrano eterne.


Ramzy Baroud ha un dottorato in Storia del popolo all’Università di Exeter E’ caporedattore del sito web Middle East Eye. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, scrittore e fondatore del sitoPalestineChronicle.com. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press, Londa).  Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/politicl-prophecies-sealing-the-fate-of-al-aqsa

Originale: non indicato

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