Originale: Richardfalk.com

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21 luglio 2014

E’ arrivato il momento per il ricorso palestinese alla Corte penale internazionale
di Richard Falk
Traduzione di Maria Chiara Starace

Il dilemma della Palestina: andare o non andare alla Corte Penale Internazionale) è stato pubblicato il 13 luglio 2014 sul sito web di Middle East Eye, un sito che raccomando molto a tutti coloro che abbiano interesse per i problemi del Medio Oriente; questo post rappresenta un testo un pò riveduto e corretto, ma rispettando la struttura dell’originale; la credibilità politica di invocare la Corte Penale Internazionale di indagare su accuse di criminalità diretta a Israele aumenta ogni giorno che passa.


Fin da questa recentissima importante operazione militare, iniziata l’8 luglio, ci sono state frequenti indicazioni che Israele è colpevole di crimini di guerra, e che la Palestina dovrebbe fare del suo meglio per attivare la Corte Penale Internazionale (CCI) per suo conto. Le prove appoggiano in maniera schiacciante le essenziali accuse palestinesi – Israele è colpevole o di aggressione in violazione della Carta dell’ONU o è in flagrante violazione dei suoi obblighi come Potenza Occupante in base alla Convenzione di Ginevra per proteggere la popolazione civile di un paese occupato; Israele sembra colpevole di avere usato forza eccessiva e sproporzionata contro una società indifesa nella Striscia di Gaza; e Israele tra una varietà di altri reati, sembra colpevole di commettere Crimini contro l’umanità sotto forma dell’imposizione di un regime di apartheid in Cisgiordania e tramite il trasferimento della popolazione in un territorio occupato quando ha continuato il suo massiccio progetto di insediamenti.
Considerando questo contesto di evidente illegalità israeliana, sembrerebbe una stupidaggine per l’Autorità Palestinese cercare l’aiuto della CCI per intraprendere la sua lotta per convincere l’opinione pubblica mondiale a fare la loro battaglia. Dopo tutto, i palestinesi non hanno il potenziale militare o diplomatico per opporsi a Israele, e le sue speranze devono poggiare sulla legge e sulla solidarietà globale per realizzare il loro diritto di autodeterminazione e il diritto di ritorno. I dimostranti palestinesi in Cisgiordania chiedono che i loro capi nell’Autorità Palestinese aderiscano allo Statuto di Roma, e diventino membri della CCI senza ulteriore ritardo. E’ diventato parte del messaggio della politica di strada palestinese, che i palestinesi vengono vittimizzati in maniera criminale, e che se l’Autorità Palestinese, se vuole conservare il più piccolo brandello di rispetto come rappresentante del popolo palestinese, devono unirsi alla comprensione delle difficoltà dei palestinesi e smetterla di “giocare correttamente “ con le autorità israeliane.
Questo ragionamento da una prospettiva palestinese è rafforzato dalla lettera dell’8 maggio mandata da 17 rispettabili ONG per i diritti umani al Presidente Mahmoud Abbas in cui si esorta la Palestina a diventare membro della CCI e ad agire per porre fine all’impunità di Israele. Questo non è stato un gesto plateale escogitato per i margini politici irresponsabili della società liberale occidentale. Tra i firmatari c’erano sostenitori convinti dei diritti umani come: l’Osservatorio per i Diritti Umani, Amnesty International, Al Haq, e la Commissione Internazionale dei Giuristi, noti per la loro prudenza temporeggiante in relazione alle persone in carica.
Ad aggiungere ulteriore credibilità all’idea che l’opzione CCI dovrebbe essere esplorata, c’era l’intensa opposizione di Israele e degli Stati Uniti che minacciavano sinistramente l’AP di terribili conseguenze se cercava di entrare nella CCI, ancora meno di cercare giustizia tramite l’attivazione delle procedure di indagine. L’ambasciatore statunitense all’ONU, Samantha Power, lei stessa molto tempo fa preminente sostenitrice di diritti umani, ha rivelato la mano nervosa di Washington quando ha confessato che la CCI “è un qualcosa che realmente pone una oscura minaccia a Israele.” Non sono sicuro che la Power vorrebbe vivere con l’idea che siccome Israele è così vulnerabile per lanciare una sfida legale che la sua impunità deve essere sostenuta qualunque sia l’imbarazzo di Washington di agire in questo modo. La Francia e la Germania sono state più circospette, dicendo assurdamente che il ricorso alla CCI da parte della Palestina dovrebbe essere evitato perché interromperebbe ‘lo stati finale dei negoziati’, come se questa pseudo-democrazia fosse mai stata di qualche valore, una chimera come poche nella vaga ricerca di una pace giusta.
In un mondo migliore, l’AP non esiterebbe a coinvolgere l’autorità della CCI, ma nel mondo come è adesso, la decisione non è così semplice. Tanto per cominciare c’è il problema dell’accesso che è limitato agli stati. Nel 2009, l’AP ha tentato di aderire allo Statuto di Roma che è il trattato che governa la CCI, ed è stata rifiutata dal procuratore che ha girato il problema al Consiglio di Sicurezza, sostenendo che si doveva determinare una mancanza di autorità se l’AP rappresentava uno ‘stato’. Successivamente, il 29 novembre , l’Assemblea Generale dell’ONU ha riconosciuto in maniera schiacciante la Palestina come ‘stato osservatore non membro.’ Luis Moreno-Ocampo che nel 2009 aveva operato per la CCI e ora parlava come ex procuratore, secondo lui la Palestina dovrebbe ora, in vista dell’azione dell’Assemblea Generale qualificarsi come stato che gode della scelta di diventare membro della CCI. Normalmente la giurisdizione della CCI è limitata a crimini commessi dopo che lo stato è diventato membro, ma c’è una clausola che rende possibile si faccia una dichiarazione che accetta la giurisdizione per crimini commessi in qualsiasi data nel suo territorio a patto che sia dopo che la stessa CCI è stata creata nel 2002.
E’ abbastanza? Israele non è mai diventato parte dello Statuto di Roma fondando la CCI, e certamente si rifiuterebbe di collaborare con una parte che ha cercato di indagare in seguito ad accuse su crimini di guerra con la probabile intenzione di azione legale. Riguardo a questo, il ricorso alla CCI potrebbe apparire inutile e anche se mandati di arresto dovessero essere rilasciati dalla corte, come è stato fatto in relazione a Gheddafi e a suo figlio nel 2011, non ci sarebbe alcuna prospettiva che i personaggi politici e militari israeliani arrestati sarebbero consegnati, e senza la presenza di tali difensori nella corte dell’Aia, un processo penale non può andare avanti. Questo dimostra un problema di base riguardo all’applicazione della legge penale internazionale. È stata efficace soltanto contro i perdenti in guerre combattute contro gli interessi dell’Occidente e, in qualche misura, contro coloro i cui crimini sono avvenuti nell’Africa sub-sahariana. Questa forma faziosa di applicazione della legge penale internazionale, è stata il modello fin da quando è stato compiuto il primo importante tentativo dopo la II Guerra mondiale a Norimberga e a Tokyo. I leader tedeschi e giapponesi sopravvissuti sono stati processati per i loro crimini mentre i vincitori sono stati esentati, malgrado la responsabilità degli Alleati per i bombardamenti sistematici e strategici sulle popolazioni civili e la responsabilità americana di aver lanciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
Sfortunatamente, fino ad oggi la CCI non è stata in grado di liberarsi di questa eredità di ‘giustizia dei vincitori’, che ha danneggiato la sua credibilità e la sua reputazione. Tutte le cause della CCI finora hanno riguardato imputati dei paese sub-sahariani. Il rifiuto della CCI di indagare su accuse di crimini di guerra degli aggressori in relazione con la guerra in Iraq del 2003, è una drammatica conferma che gli stati più importanti, specialmente gli Stati Uniti, hanno un veto geopolitico su quello che può fare la CCI. Il fatto che la CCI non sia riuscita a indagare sui crimini di Bush e Blair, così come sull’entourage dei più alti ufficiali loro complici, mostra chiaramente le operazioni fatte usando due pesi e due misure. Forse il clima di opinione si è evoluto al punto in cui ci sarebbe l’impulso a indagare sulle accuse contro Israele anche se gli ostacoli procedurali impediscono che la causa sia portata a compimento. Qualunque tentativo serio di indagare sulla responsabilità penale dei leader politici e militari di Israele, aggiungerebbe legittimità alla lotta palestinese, e potrebbe forse avere una ripercussione positiva sul movimento di solidarietà globale e sulla intensificazione della campagna BDS (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni).
Tuttavia ci sono altri intralci. Prima di tutto, l’AP dovrebbe certamente essere preparata a fare i conti con la rabbia di Israele, indubbiamente appoggiato dagli Stati Uniti e più blandamente da vari paesi europei. La spinta all’indietro potrebbe andare in una delle due direzioni: Israele che formalmente si annette la maggior parte o tutta la Cisgiordania cosa che sembra determinato a fare in ogni caso, o più probabilmente a breve scadenza negando il trasferimento di fondi che di cui ha bisogno l’AP per sostenere le sue operazioni di governo. Il Congresso degli Stati Uniti seguirebbe certamente la guida di Tel Aviv anche se la presidenza Obama potrebbe essere più propensa a limitare la sua opposizione a uno schiaffo diplomatico sul polso dell’AP come ha fatto di recente reagendo alla formazione in giugno del governo di unità ad interim, un passo importante verso la riconciliazione tra Fatah e Hamas e verso il superamento della frammentazione che ha ostacolato la rappresentanza palestinese nelle eventi internazionali in anni recenti.
Un secondo possibile ostacolo riguarda l’autorità giurisdizionale della CCI, che si estende a tutti i crimini di guerra commessi sul territorio di un membro del trattato, il che significa che anche i capi di Hamas è probabile che vengano indagati e incriminati per fare affidamento sul lancio indiscriminato di razzi in direzione di obiettivi israeliani civili. Si fa anche l’ipotesi che, data la politica della CCI, tali presunti crimini contro Hamas potrebbero essere perseguiti in modo esclusivo.

Se ipotizziamo che questi ostacoli siano stati considerati, e che la Palestina voglia ancora continuare nei suoi tentativi di attivare l’indagine sui crimini di guerra a Gaza, ma anche nel resto della Palestina occupata, allora che succederà? E ipotizziamo inoltre che la CCI reagisca responsabilmente e dia il grosso della sua attenzione alle accuse dirette contro Israele, il protagonista politico che controlla la maggior parte degli aspetti della relazione. Ci sono diversi importanti crimini contro l’umanità enumerati negli articoli 5-9 dello Statuto di Roma per i quali esistono abbondanti prove che possono rendere quasi inevitabile il rinvio a giudizio e la detenzione dei leader israeliani se la Palestina usa il suo privilegio di attivare un’indagine ed è in qualche modo in grado di presentare dei difensori per affrontare il processo: contare sulla forza eccessiva, imporre un regime di apartheid, la punizione collettiva, trasferimenti di popolazione in rapporto agli insediamenti, mantenimento del muro di separazione in Palestina. L’illegalità di fondo della recente aggressione associata all’operazione Margine Protettivo (il nome dato da Israele all’attacco del 2014 a Gaza), a questo punto non può essere indagata dalla CCI, e questo ne limita gravemente l’autorità. Soltanto nel 2010 è stato adottato un emendamento dalla richiesta maggioranza dei due terzi dei 122 membri del trattato circa la definizione di aggressione, ma non diventerà operativo fino al 2017. In questo senso, c’è un grosso buco nella copertura dei crimini di guerra attualmente in base all’autorità della CCI. Malgrado tutti questi problemi, il ricorso alla CCI rimane un prezioso asso nella manica nel sottile mazzo di carte dell’Autorità Palestinese, e giocarla potrebbe cominciare a cambiare l’equilibrio di forze che il conflitto che oramai da decenni nega al popolo palestinese i suoi diritti fondamentali in base alla legge internazionale. Se questo dovesse accadere, sarebbe una grande sfida anche e un’occasione per la CCI di ignorare il veto geopolitico che finora ha mantenuto la responsabilità criminale nell’ambito dello stretta cerchia della “giustizia dei vincitori” e ha quindi concesso ai popoli del mondo soltanto un’esperienza di giustizia molto carica di potere e faziosa.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org


Fonte: http://zcomm.org/znet/article/palestinian-recourse-to-the-international-criminal-court-the-time-has-come


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