As-Safir
03/05/2014

Per la prima volta, la Palestina aderisce a delle convenzioni ONU. Uno sviluppo malvisto dal governo di Tel Aviv
Traduzione e sintesi di Omar Bonetti

Venerdì scorso, Robert Colville, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, ha annunciato che l’Autorità Palestinese ha aderito, per la prima volta, a cinque convenzioni ONU: la convenzione contro la tortura, contro la discriminazione razziale, contro tutti i tipi di discriminazione della donna, per la protezione dei disabili e per i diritti dell’infanzia. Le domande erano state presentate dalle autorità palestinesi lo scorso aprile quando, dopo l’ennesimo rifiuto d’Israele di liberare i prigionieri palestinesi, il clima delle negoziazioni si era inasprito.

Il portavoce ha proseguito dicendo che l’Autorità Palestinese si prepara ad aderire ad altri trattati internazionali: prima toccherà al protocollo opzionale per i diritti dell’infanzia, che riguarda, in special modo, il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, mentre in luglio sarà la volta di altre due convenzioni: una per la protezione dei diritti civili e politici e un’altra per i diritti economici, sociali e culturali.

Queste adesioni, che sono state possibili solo grazie allo status di Paese osservatore, ottenuto dalla Palestina nel 2012, rappresentano un passo importante verso il rafforzamento della salvaguardia dei diritti dell’uomo nei Territori Occupati.

Inoltre, questa notizia arriva proprio alla fine di delicate negoziazioni. Nello specifico, il segretario di Stato americano John Kerry ha dichiarato che Washington, ora, deve fermarsi e comprendere meglio quello che è possibile (e non) fare. Nonostante il fallimento, Kerry ha ribadito di non essere pentito del lavoro svolto per il “processo di pace”.

Alla luce di questi sviluppo, Benjamin Netanyahu ha annunciato che verrà presentata alla Knesset una nuova legge fondamentale (le leggi fondamentali costituiscono la “Costituzione” di Israele) che renda ufficialmente il suo paese uno “Stato nazionale per il popolo ebraico”. Il premier, nel suo discorso tenuto a Tel Aviv, ha aggiunto che una delle missioni del suo ufficio è la difesa del concetto di “Stato ebraico”.

Il riconoscimento di Israele come “Stato ebraico” è diventato per Netanyahu una precondizione all’accordo di pace con i palestinesi, che si rifiutano di accettare questa richiesta. Infatti, non soltanto il loro riconoscimento di Israele è già stato effettuato negli accordi di Oslo nel 1993, ma l’accettazione di questa richiesta significherebbe rinunciare al diritto di ritorno e dimenticare la propria storia.

top