The Lancet
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24 giu 2014

Un regno di terrore di notte in Cisgiordania
di Aysha Shalash
Traduzione di Angelo Stefanini

Il racconto degli studenti dell’Università di Birzeit (vicino Ramallah) sulle incursioni dell’esercito israeliano nei villaggi e città della Cisgiordania

Roma, 24 giugno 2014, Nena News

Noi, studenti palestinesi della Birzeit University nella Cisgiordania occupata da Israele, stavamo appena esaurendo il trauma dell’assassinio e il lutto di un compagno di studi dell’università di Birzeit, Saji Darwish, ucciso dall’esercito israeliano di occupazione nel marzo 2014 – e la preparazione per gli esami finali, quando il regno di terrore notturno dell’esercito israeliano ha attraversato la Cisgiordania.

Tre giovani coloni israeliani illegali nella terra palestinese sono scomparsi il 12-13 giugno 2014, senza che alcuno ne abbia rivendicato la responsabilità. Eppure il governo israeliano continua a insistere che sono stati rapiti da Hamas, senza alcuna prova per confermare questa affermazione.

Questa scomparsa ha portato a incursioni notturne indiscriminate nella città e nei villaggi della Cisgiordania, arresti di massa, uccisioni, demolizioni di case, sparatorie, gravi restrizioni del movimento e un’escalation di violazioni e di misure punitive collettive contro la gente comune, non risparmiando nessuno, compresi noi studenti universitari; il tutto rendendoci difficile di concentrarci sugli studi. Tuttavia, nonostante tutto ciò che sta accadendo intorno a noi, abbiamo cercato di farlo lo stesso perché questo è il modo in cui affrontiamo queste devastazioni: insistiamo sullo studio e sul nostro diritto all’istruzione sotto l’occupazione militare israeliana, e su questa speranza per il nostro futuro sotto continua minaccia.

La notte del 18-19 giugno 2014, mentre eravamo impegnati negli esami finali di laurea, anche il nostro campus universitario è stato perquisito. La maggior parte di noi ha letto la notizia appena successo, intorno a mezzanotte (sembra proprio che debbano venire sempre a mezzanotte per insinuare e intensificare la paura nei nostri cuori). Altri hanno sentito la notizia la mattina presto prima di incamminarsi per le strade della Cisgiordania disseminate di checkpoint dell’esercito israeliano, sperando, anche se molto incerti, di arrivare all’università, scoprire cosa fosse successo, e magari sostenere gli esami.

Mentre accadevano questi fatti, molti di noi stavano ancora studiando, ma hanno continuato a rimanere svegli tutta la notte, leggendo e guardando le notizie, e comunicando su e-mail e altri social media con gli altri studenti e i nostri insegnanti. Alcuni di noi hanno dapprima pensato, increduli, che ciò che era pubblicato su facebook sulla incursione nel campus fosse uno scherzo; tuttavia, contattandoci l’un l’altro, si trasformava ben presto in realtà.

Abbiamo letto e visto le immagini dell’esercito israeliano che riempiva le strade del campus, sfasciando porte di acciaio e di legno, rinchiudendo in una stanza tutte le guardie disarmate dell’Università, confiscando i loro telefoni cellulari, e costringendo la guardia responsabile del turno di notte ad aprire le porte d’acciaio mentre l’esercito che rompeva le porte in legno della facoltà di Scienze e dell’edificio della Student Union; e aumentando anche il caos soprattutto nella sala di preghiera delle donne, e distruggendo ogni cosa presumibilmente per trovare qualche prova della scomparsa dei tre giovani coloni israeliani.

Tuttavia hanno trovato solo le bandiere, i manifesti e gli accessori utilizzati nelle elezioni studentesche, li hanno confiscati e se ne sono andati intorno alle 03:30. I nostri livelli di stress si sono moltiplicati vedendo le immagini riempire le pagine di facebook di tutti. E abbiamo continuato a chiederci: perché stanno facendo questo? Non abbiamo fatto nulla di male? Perché stanno violando il nostro campus universitario e la nostra vita? Perché sconvolgono il nostro studio e i nostri esami? Perché stanno creando e mantenendo la paura, opprimendoci non solo con la forza bruta, ma rendendo la nostra vita quotidiana insopportabilmente insicura, creando incertezze terribili sul futuro, domani compreso, minacciando la distruzione del nostro futuro; accidenti! facendo in modo di negarci il più fondamentale dei diritti, il nostro diritto all’istruzione? Non siamo forse umani? Non abbiamo il diritto all’istruzione? A un futuro di speranza? A una vita in libertà di giustizia e pace? Perché il mondo non ascolta mai noi palestinesi?

E mentre leggevamo e guardavamo il nostro campus invaso, ci siamo chiesti se gli esami si terranno come previsto. Ci siamo chiesti delle strade per l’università e della loro sicurezza, e pensato che è meglio uscire di casa e dirigersi verso l’università diverse ore prima dell’esame, solo per assicurarsi di arrivare in tempo e non perdere gli esami, visti i posti di blocco dell’esercito israeliano e gli ostacoli che attendono la traversata. Abbiamo pensato che dobbiamo riuscire ad arrivare alla Università, semplicemente questo.

Come tutti i palestinesi, la nostra capacità di sopportare e resistere gravi violazioni dei nostri diritti è in genere alta, ma può essere compromessa in momenti come questo poiché vi sono limiti alla resistenza. Ma questa resistenza palestinese non toglie la paura che aleggia nel profondo del nostro cuore, e i ricordi ossessionanti delle violazioni passate o l’esperienza di quello che le incursioni dell’esercito israeliano possono fare alla gente. E così, alcuni di noi semplicemente siamo stati svegli tutta la notte, e abbiamo affrontato le strade molto presto per poi essere trovati da docenti e studenti sulle scale dell’Istituto in attesa che le porte si aprissero alle 08:00.

Ci siamo soltanto abbracciati. Altri che dovevano venire dalla regione meridionale di Betlemme della Cisgiordania, particolarmente sconvolta dall’assalto, non hanno dormito tutta la notte, e hanno affrontato con coraggio il viaggio, stanchi, insonni ed esausti, pregando di riuscire a percorrere la strada e arrivare agli esami con indosso un paio di jeans, scarpe da tennis e uno zaino nel caso che incontrassero un posto di blocco e dovessero salire per un sentiero sterrato di montagna se la strada principale fosse bloccata; e con un gran batticuore e zero aspettative, come hanno raccontato, pregando per un viaggio sicuro e di riuscire a completare degli esami, pensando che questa volta, senza più facebook prima degli esami, sarebbe meglio non sapere. Nena News

Aisha Shalash a nome degli studenti del 2 ° anno del Master in Salute pubblica, Birzeit University, Birzeit, Cisgiordania, territorio palestinese occupato, shii26@hotmail.com

Haneen Dwaib a nome degli studenti del 1° anno del Master in Salute pubblica, Birzeit, in Cisgiordania, territorio palestinese occupato, haneen.dwaib@gmail.com

* E’ possibile leggere l’articolo nella sua versione originale qui: http://t.co/MZCgfz7Q2A

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