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Fri, 01/08/2014

Genocidio palestinese e hasbara israeliana: di mezzo c’è l’Umanità
di Angela Lano

Il bilancio odierno di quasi quattro settimane di operazione israeliana “Protective Edge” contro la Striscia di Gaza è di oltre 1441 morti e più di 7845 quello dei feriti. Oltre 200 palestinesi sono stati uccisi negli ultimi due giorni, 5000 abitazioni sono state totalmente distrutte e 26 mila parzialmente.

Intere famiglie sono state sterminate; scuole dell’Unrwa sovraffollate di rifugiati fuggiti dalle proprie case bombardate, sono state colpite come in un sadico war-game o una caccia al topo; moschee, ospedali, ambulanze, chiese, edifici governativi, abitazioni di politici e di cittadini: tutto è un “target terroristico” per il quarto o quinto esercito più armato, e criminale, del mondo.

“Protective Edge” è il nome innocente dato alla strage sistematica di famiglie e bambini. Uno sterminio iniziato oltre 60 anni fa, con una macchina di propaganda politica (economica, ideologica e mediatica) nata, tuttavia, oltre 100 anni fa, e passata in mezzo a due guerre mondiali.

La Resistenza palestinese si è fatta onore, difendendo il proprio popolo con armi vecchie e pressoché fatte in casa, e con il know-how di vecchi amici e alleati, e colpendo militari e non civili, a differenza di Israele che ha ucciso in maggioranza civili – soprattutto donne, bambini, anziani, malati.

La differenza morale tra i due, nonostante la torbida, disgustosa, propaganda mediatica israelo-occidentale, è enorme, e a favore dei palestinesi.

In tanti manifestano in tutto il mondo il proprio sdegno, l’orrore per quelle immagini di bimbi fatti a pezzi. Ma in troppi, tra politici, governanti, diplomatici (con l’eccezione di Argentina, Brasile, Bolivia e altri stati latino-americani, e di funzionari Onu presi dallo sconforto) e gente comune, se ne fregano.

Altri sono zittiti dalla “scomunica” prodotta dall’accusa di antisemitismo, una specie di potente ricatto cui si piegano i più corrotti come i più fragili, quelli più manipolabili e tutti, senza sconto, gli equi-vicini/equi-distanti, nuovi don Abbondio dei nostri tempi.

In questi giorni, ad esempio, le nostre tv sono impegnate a dare risposta a questo quesito: essere anti-sionisti è essere antisemiti? Il loro timore è, infatti, di essere accusati della seconda cosa, nel caso in cui qualche breve e debolissimo servizio dovesse mai mostrare la sofferenza palestinese e le atrocità israeliane. Sia mai che qualche direttore – i pochi che non fanno parte della potente Israeli lobby – dovesse essere sostituito o licenziato!

Hasbara* e minacce di “antisemitismo”. Tuttavia, forse è giunto il tempo di cambiare prospettiva. Certo, per molti colleghi giornalisti – anche quelli che nei pranzi nelle ambasciate o in momenti di relax ne dicono di tutti i colori contro Israele, per poi scrivere tutt’altro una volta tornati in redazione -, per capi e capetti, lo stato canaglia sionista sarà sempre da difendere, così come per diplomatici e tanti governanti. Ma per la gente comune, per i cittadini è tempo di rinascere a una nuova forza morale e dignità. Di avere il coraggio di non stare zitti di fronte ai nuovi sacrifici umani, e di scrollarsi di dosso lo spauracchio dell’accusa di “antisemitismo” – che, tra l’altro, è un’appropriazione indebita da parte di Israele.

Ci si faccia una risata, li si quereli o li si mandi al diavolo, ma non ci si faccia più spaventare. E’ ciò che vogliono e per questo hanno una hasbara, propaganda, ben orchestrata e finanziata, e capillarmente diffusa. Ma se non fossero nel torto marcio, non si preoccuperebbero di costruire e diffondere menzogne e di perseguitare chiunque esca dal gregge di pecoroni. E’ questione di logica.

Israele è una oliata, grassa e ricca macchina di guerra, e di propaganda al tempo stesso, effetto di una causa ben più grande e mondiale. Israele sembra, infatti, essere il giocattolo di morte caricato a molla da mani malvagie e distruttrici, rapaci, contro cui si rende necessario un nuovo genere umano, onesto e giusto. Confrontare con i soli mezzi materiali questa piovra tentacolare è molto difficile. Occorre “riprogrammare” un essere umano forte, luminoso, evoluto spiritualmente.

Per le implicazioni politiche, geopolitiche regionali, storiche, strategiche ma anche spirituali, in atto, la causa palestinese è fondamentale, rispetto ai tanti altri disastrosi focolai di guerre e morte presenti sul Pianeta: qui, in questa regione del Vicino Oriente, è in gioco il futuro dell’Umanità. Un’umanità con un progetto antico e con il libero arbitrio: la scelta dell’oscurità o della luce. Della vita o della morte.

Note

* Pubblica diplomazia in Israele (hasbara) (spiegazione) si riferisce agli sforzi nelle pubbliche relazioni per divulgare informazioni positive su Israele

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