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30 gennaio 2014 16.45

Un jihadista su Tumblr

Secondo l’intelligence statunitense sono almeno settemila i combattenti stranieri arrivati in Siria da oltre cinquanta paesi diversi per unirsi ai ribelli che combattono contro il governo di Bashar al Assad, scrive il Washington Post. Circa duemila di loro vengono dall’Europa. Si tratta soprattutto di cittadini europei di origine islamica, che nella maggior parte dei casi non entrano nei gruppi armati dell’opposizione moderata appoggiata dai paesi occidentali, ma in quelli delle organizzazioni jihadiste più radicali, come lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), un’organizzazione legata ad Al Qaeda che a dicembre ha rotto con il resto dei ribelli scatenando una sanguinosa guerra interna all’opposizione.

I governi europei temono che questi giovani, molti dei quali partono più per emulazione che per motivi ideologici, si radicalizzino e che una volta tornati nei loro paesi possano dedicarsi ad attività terroristiche. Secondo il ministro dell’interno francese Manuel Valls questa è “la minaccia più grave che incombe sul paese nei prossimi anni”, mentre il suo omologo britannico William Hague ha consigliato ai suoi concittadini che sono andati in Siria di non tornare se vogliono evitare di finire sotto inchiesta per terrorismo. Recentemente il Wall Street Journal ha rivelato che i servizi segreti di diversi paesi europei avrebbero incontrato dei rappresentanti del governo siriano per discutere di questo argomento.

Un cittadino olandese di origine turca chiamato Yilmaz ha deciso di usare internet e i social network per raccontare la sua esperienza tra i combattenti islamisti, scrive il New York Times.

La storia di Yilmaz è stata scoperta l’estate scorsa dagli autori del programma televisivo olandese Nieuwsuur, che hanno trovato su Instagram le foto di un uomo con la barba lunga e l’uniforme dell’esercito olandese. Dopo qualche mese sono riusciti a organizzare un’intervista con Yilmaz, che ha confermato di essere un ex soldato olandese indignato dall’indifferenza dei governi occidentali di fronte alla guerra civile, e di essere andato in Siria per lottare per lo stato islamico e liberare i siriani oppressi.

Yilmaz ha smentito i timori dei governi europei, sostenendo che né lui né i suoi compagni hanno intenzione di tornare in Europa per compiere attacchi terroristici: “Siamo venuti in Siria per morire. Qui c’è un sacco di lavoro da fare, perché dovrei pensare ai Paesi Bassi o all’Europa? Gli olandesi dovrebbero essere più preoccupati per i criminali e i pedofili che girano per le loro strade. Se mai dovessi tornare a casa, andrei a mangiare del sushi, mi berrei una Dr. Pepper e darei un grande abbraccio a mia madre”.

Secondo gli autori dell’intervista la principale preoccupazione di Yilmaz era correggere l’immagine dei combattenti olandesi in Siria e spiegare che non sono tutti pericolosi pazzi alleati di Al Qaeda: “Qualunque straniero che viene in Siria è considerato per definizione un membro di Al Qaeda, ma nel mio caso non è così. I fratelli di Al Qaeda combattono insieme a noi, lo sanno tutti, ma per me essere in Siria non vuol dire far parte di Al Qaeda”.

Instagram ha chiuso l’account di Yilmaz quando ha cominciato ad attirare troppa attenzione. Lui ora pubblica le sue foto su Tumblr, risponde alle domande su Ask.fm e usa Skype per mantenersi in contatto con i suoi familiari e amici in Europa. Scorrendo la sua pagina si può avere un’interessante spaccato del meticciato culturale dei jihadisti europei di seconda generazione. I ritratti dei combattenti barbuti e dei bambini nei campi profughi, le citazioni dal Corano e le invocazioni alla punizione dei musulmani non sunniti si alternano alle gif animate e alle didascalie ironiche (“Jihad, il meglio del turismo”). Ci sono persino le foto dei gattini, onnipresenti sulle pagine dei coetanei europei di Yilmaz, acciambellati tra i kalashnikov o in braccio ai mujahiddin.

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