da Counterpunch
http://znetitaly.altervista.org
23-25 gennaio 2015

Genocidi, non guerre
di Andre Vltchek
traduzione di Giuseppe Volpe

In tempi antichi anche i più grandi banditi, come re e conquistatori, cavalieri fuori di testa e arcibriganti, usavano essere alla testa dei loro eserciti in battaglia. Sarebbe stato impensabile per loro nascondersi dietro; sarebbe stato vergognoso!

La Regina o la donna del suo cuore avrebbe abbracciato il guerriero o gettato il suo velo ai suoi piedi o sarebbe crollata in un dolore reale o inscenato. E il guerriero, spesso un imbecille o un idiota, ma in ogni caso un guerriero, avrebbe sellato il suo cavallo, salutato la moglie e la sua gente e sarebbe andato in battaglia, fieramente alla guida delle sue truppe. Ed era probabile che sarebbe morto in battaglia. Perciò ci pensava due volte prima di spingere il suo paese alla guerra.

Solitamente il tutto era accompagnato da un grande pathos e anche da una grande regola non dichiarata: se vuoi uccidere, stuprare e rubare allora sii preparato a versare il tuo sangue e il tuo cervello!

Naturalmente i preti e i predicatori difficilmente andavano in battaglia. Anche se la cristianità stava dietro la maggior parte delle vergognose conquiste e crimini contro l’umanità, i suoi leader vivevano al sicuro in enormi ville e palazzi. Solo quelli che godevano degli atti reali di tortura e stupro scendevano in campo. Ma il clero cristiano era quasi sempre costituito da bugiardi e codardi, e le torture erano condotte al sicuro, ben lontano dalle trincee.

Ma i re, i loro marescialli e generali andavano, e spesso morivano, come soldati, in un bagno di sangue, pus e merda. Almeno morivano in modo appropriato, come i loro soldati. Erano briganti ma, ciò nonostante, molti di loro erano briganti coraggiosi.

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Guardate questi codardi di oggi, questi crociati moderni, i leader dell’Impero! Dove sono i loro cavalli, le loro armature e dov’è il loro coraggio?

Non riflettono due volte su chi combattere. Possono condurre dozzine di conflitti, contemporaneamente. Perché le guerre odierne sono totalmente sicure per loro; sono come videogiochi. Solo quelli “nel mirino” corrono grandi rischi. Gli attaccanti sono simili a quello che i cristiani hanno sempre pensato sia Dio: duro, spaventoso, che incute paura e pretende obbedienza, imprevedibile.

Così si sono trasformati in dei, o semidei, assieme alla loro razza, cultura e religione elette … e al loro diritto autoproclamato di controllare e punire gli altri, quelli che vogliono credere a qualcos’altro e vivere le proprie vite a modo loro.

Sì, i leader dell’Impero credono davvero di essere diventati degli dei. E oggi sentiamo solo i loro contorti slogan propagandistici e le loro menzogne autoincensanti. Sono diventati come i predicatori e i preti delle ere passate: sadici ma costantemente impauriti, brutali e sospettosi.

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Signor Obama, è un peccato che non c’incontreremo mai: che non avrò mai l’occasione di mostrarle quello che le sue “bombe intelligenti” stanno facendo presso Mosul in Iraq, o quali crimini stia commettendo l’ISIL, finanziato e addestrato dalla NATO, in tutto il Medio Oriente.

Ma lei ha indizi di tutto ciò che vorrei mostrarle, comunque, almeno teoricamente, proprio come i suoi predecessori erano al corrente di tutti quei milioni di uomini, donne e bambini massacrati nell’intera Indocina e in Indonesia, America Latina, Medio Oriente e Africa.

Ma lei è, mi scusi se glielo dico, un fondamentalista, un suprematista cristiano occidentale, come lo sono stati tutti i suoi predecessori. E i fondamentalisti hanno la pelle estremamente dura; sono incapaci di provare compassione. Un fondamentalista deve imporre la sua volontà e il suo credo agli altri. Può sospettare qualcosa, può addirittura “sapere”, ma non è in grado di convertire tale sapere in rispetto e sostegno ad altri e ad altrui opinioni.

Questo è anche, di fatto, ciò in cui i fondamentalisti cristiani occidentali hanno convertito l’Islam; lo hanno sequestrato e ricreato in un riflesso della loro propria immagine. Il motivo è stato avere quando valido nemico da combattere e avere qualche giustificazione per questi giochi di guerra. E, cosa più importante, avere un alleato nella propria guerra principale: contro il comunismo, contro il socialismo, contro la giustizia sociale e contro il vero progresso!

Un fondamentalista può facilmente diventare una macchina assassina, se non è fermato.

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La seconda guerra mondiale è stata realmente l’ultima guerra in cui sono state impiegate appieno truppe occidentali, in cui hanno combattuto concretamente sebbene anche allora, ogni volta che i civili potevano essere bombardati lo erano. Milioni di donne e bambini sono morti nel corso del bombardamento a tappeto di Tokyo, Dresda e del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki.

Il bombardamento di civili è il vero modo occidentale di condurre la guerra! Persino i giapponesi, mi è stato raccontato in Oceania, evacuavano sempre i civili prima di finire impegnati nelle terribili “battaglie finali” contro le truppe statunitensi! Per non parlare del fatto che Pearl Harbour fu un “attacco chirurgico” contro la marina statunitense, in cui non fu bombardato dai giapponesi alcun obiettivo civile e, come mi hanno ripetutamente raccontato i vecchi ancora in grado di ricordare, le sole vittime civili furono quelle causate dagli aerei giapponesi abbattuti e precipitati al suolo.

Quelle che sono seguite alla seconda guerra mondiale non sono state vere guerre, non più, bensì genocidi, olocausti. Tutti perpetrati principalmente mediante bombardamenti a tappeto, con sostante chimiche velenose, in seguito arruolando militari stranieri corrotti, squadre della morte addestrate e finanziate dagli Stati Uniti e, più recentemente, utilizzando “bombe intelligenti”, caccia invisibili ai radar, missili da crociera e droni, oltre a “terroristi mussulmani” (creati in campi della NATO).

In questo modo i crociati della nuova era se ne stanno seduti nei loro comodi uffici e nelle loro sale operative e giocano partite che distruggono centinaia di migliaia di vite. Dopo che hanno finito di uccidere se ne tornano a casa, si mangiano i loro hamburger e guardano eventi sportivi in televisione. Le guerre a distanza, così come gli assassinii a distanza, sono come qualsiasi altro lavoro: è come vendere polizze di assicurazione o tagliare capelli.

A parte il fatto che innumerevoli esseri umani sono fatti a pezzi.

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Non c’è alcuna ideologia in tutto questo, nessun rischio, nessun pathos. E’ tutto estremamente pragmatico. L’Impero vuole controllare il mondo, perciò uccide, chirurgicamente, silenziosamente e principalmente senza testimoni.

Quelli di noi che vanno nei luoghi in cui accade tutto questo incontrano oggi innumerevoli ostacoli, intimidazioni o, al minimo, burocrazia. C’è un oscuramento dei media quasi completo. Andiamo senza alcun appoggio, senza alcuna copertura o sostegno. Siamo soli. Se cadiamo, allora cadiamo; non abbiamo organizzazioni da chiamare, nessuno a tirarci su da terra. Moriamo, regolarmente. Selena, la mia collega della Press TV è morte, occupandosi della stessa vicenda di cui mi occupavo io: l’ISIL e come la NATO l’aveva costruito. Io sono sopravvissuto. Dopo di ciò qualcuno mi ha definito “rivoluzionario da salotto” e codardo … perché sono “solo” rimasto nell’area di Mosul per due giorni.

A volte siamo umiliati, insultati dai nostri stessi lettori, che serviamo fedelmente, o anche da quelli che consideriamo i più vicini sulla terra.

Proprio come nei tempi antichi, quei pochi tra noi sono al fronte, come Don Chisciotte o come lo scriba di Saladino.

Documentiamo tutto ciò che è fatto al mondo e ai poveri del pianeta. Spesso lavoriamo otto giorni la settimana, venticinque ore il giorno. Perché siamo sempre di meno. Perché quello che facciamo va fatto, in qualche modo, da qualcuno.

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E l’Impero continua a uccidere. E i cittadini dell’Impero prevalentemente non hanno idea di come lo fa, di come appare davvero un corpo morto. O di come appare un villaggio bombardato. O come ci si sente quando un paese perde ogni speranza dopo essere stato annientato da quei ragazzi invincibili alla tastiera, seduti a molte migliaia di distanza.

Che vigliaccheria è uccidere bambini e donne indifesi, che vergogna!

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Ma l’Impero non uccide solo bambini e donne; uccide tutto ciò che lo ostacola.

Qualche mese fa sono stato quasi ucciso da un predicatore squilibrato a Surabaya, Indonesia. Disse che intendeva liquidarmi e ha tentato di farlo. Questi tizi sono particolarmente maligni; come loro o i loro avi avevano già tradito la Cina dopo la rivoluzione, essi hanno tradito di nuovo, questa volta l’Indonesia, durante e dopo i massacri del 1965. Hanno servito interessi stranieri, hanno praticato il lavaggio del cervello al popolo e oggi molti di loro stanno tornando in Cina, obbedendo a ordini di chi li comanda all’estero per disseminare il “vangelo della prosperità” e ogni genere di merda demenziale protestante.

Uccidere con le bombe non è il solo modo in cui l’Impero distrugge interi paesi. Uccide anche mediante religione, propaganda e ideologia.

I suoi impianti pentecostali e protestanti hanno già causato gravi danni in tutta l’Africa, in Asia e in tutta l’America Latina, diffondendo corruzione, ignoranza e tenebre. Solo i paesi più forti, come il Vietnam, la Cina e l’Eritrea, hanno mostrato fermezza e hanno definito quegli inserti religiosi armi dell’imperialismo e del capitalismo fondamentalista.

Intere nazioni sono state rovinate dalla propaganda anticomunista e antisocialista, da nero nichilismo e da commercialismo, da cultura pop e da “movimenti d’opposizione” fabbricati, quelli che servono direttamente o indirettamente gli interessi dell’Impero.

Tutto questo è fatto “a distanza”; intere parti del mondo sono crollate senza che sia stata persa o messa a rischio quasi nessuna vita occidentale.

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Sono già sopravvissuto a diversi attacchi alla mia vita da tali fanatici “per procura”. Il più recente è stato quello dello squilibrato predicatore e uomo d’affari (un proiettile umano “due in uno”) di Surabaya e, molto prima, da un agente dei servizi segreti indonesiani, mentre ero ferocemente torturato nel Timor Est occupato. Sono stato condannato a morte dall’esercito peruviano, travestito da guerriglieri di Sentiero Luminoso, nel 1992. Sono stato catturato e quasi ucciso da un ustascia dei tempi moderni nella guerra in Jugoslavia. Sono sopravvissuto al bombardamento di Gaza durante l’intifada e a ogni sorta di fuoco d’artiglieria e di cecchini. E più recentemente sono sopravvissuto alle profondità di un bunker dei servizi segreti a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, nonché a un carcere keniota. Di tutto questo il predicatore di Surabaya è stato il più tossico, il più vile … Ma anche a lui sono sopravvissuto.

Sono state tutte aggressioni per procura; operazioni per procura condotte tutte da traditori, dai lacchè dell’Impero e delle sue ideologie e religioni.

Io sono sopravvissuto, ma altri no. Ma almeno quelli di noi che non ce l’hanno fatta, come Selena Shim (che si occupava dell’ISIL per la Press TV) o Hiroyuki Muramoto (che si occupava di un attacco assassino dell’esercito tailandese contro i dimostranti delle “Camicie Rosse” nel 2010 a Bangkok), hanno ricevuto un qualche riconoscimento. Milioni, decine di milioni di persone comuni, prevalentemente “locali”, macellate come bestiame, non sono state mai neppure citate con il loro nome in un qualche articolo sui media principali.

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Il presidente Obama era di sicuro perfettamente consapevole di tutte quelle manovre e “guerre per procura” degli anni e decenni precedenti la sua carica di presidente degli Stati Uniti. Suo padre, un economista keniota, fu reclutato da ‘Tom Mboya’ (Thomas Joseph Odhiambo), poi fatto volare alle Hawaii, indottrinato/istruito là e alla fine rimandato in Kenya al fine di allontanare il paese dalla possibilità di una via socialista.

Il secondo marito di sua madre, il patrigno di Obama, un ufficiale indonesiano, Lolo Soetoro, fu ancora un’altra recluta e traditore/collaboratore al servizio dell’occidente. Quando incontrò la madre di Obama, stava seguendo di un corso di addestramento alle Hawaii. Poi, dopo l’orribile colpo di stato del 1965 patrocinato dagli Stati Uniti, fu fatto tornare in volo in Indonesia (1966) e Obama e sua madre lo seguirono solo un anno dopo. Vissero nell’esclusivo quartiere Menteng di Giacarta, dove Obama è tuttora ricordato ‘con amore’ dai bambini di altri quadri anticomunisti indonesiani come ‘il nostro Barry di Menteng’.

Ho vissuto in entrambi i paesi – Kenya e Indonesia – e posso testimoniare che entrambi sono interamente crollati, socialmente e moralmente, nel diventare avanguardie dei più vergognosi modelli di corruzione e di capitalismo sfrenato al mondo. Per distruggerli non è morto nemmeno un solo soldato occidentale. Sono stati conquistati, saccheggiati e trasformati in sottomessi stati vassalli grazie alla grande pianificazione dell’Impero e a causa del cinismo e dell’avidità enormi dei collaboratori locali: l’esercito, il clero religioso, gli “educatori” e i “leader” economici.

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E così volano i droni, i caccia invisibili bombardano, i missili da crociera precipitano su città e paesi, e i collaboratori del fascismo occidentale contribuiscono a opprimere il loro stesso popolo, mantenendolo nell’oscurità e in costante paura.

E’ stato tutto efficace fino ad ora, ma non lo sarà per sempre.

Questo sistema non sopravvivrà a lungo, perché l’ordinamento è semplicemente troppo orribile e anche la massiccia propaganda negli stati vassalli da parte dei media industriali e delle scuole private, che fabbrica l’unanimismo, non può impedire alla gente di notare che qualcosa è andato terribilmente storto, che è stata derubata, umiliata e ingannata.

In forte contrasto con i codardi seduti nelle loro comunità chiuse o nelle loro “sale operative”, tutti i grandi leader del progresso e della resistenza, da Che, Ho Chi Minh, Fidel, Chavez, Morales a Al-Sadr o Nasrallah, sono sempre stati in prima linea a guidare il loro popolo nella lotta contro l’oppressione, per l’indipendenza e la giustizia. Non si sono mai nascosti dietro civili, dietro donne e bambini. E’ questo che il popolo si aspetta; è questo che è preteso.

Il presidente del Cile, Salvador Allende, tentò la via pacifica. Ma quando l’11 settembre 1973 la giunta militare, provocata dal criminale di guerra Henry Kissinger, dall’ITT, dalla Chase Manhattan e dalla Scuola di Economia di Chicago, nonché da numerose altre istituzioni, inviò i suoi caccia e i suoi elicotteri da combattimento contro il palazzo presidenziale ‘La Moneda’, egli non fuggì all’Avana o a Mosca. Allende si oppose e marciò incontro ai razzi e alle esplosioni, verso la sua morte certa. E’ perché il presidente Salvador Allende non era né un traditore né un codardo. Era un cileno, un patriota, un socialista. E se il suo paese, il suo amato Cile, doveva morire, finire in fiamme quel giorno, egli ne avrebbe condiviso la sorte.

Chiedete nei villaggi del Bengala occidentale o nelle cittadine dell’Amazzonia, se la gente voglia essere controllata da vili e avidi magnati dell’industria e da governi di Washington e dell’Europa, governi che stanno semplicemente servendo quegli interessi industriali, celandosi dietro cordoni di guardie armate e di apparatcik della sicurezza. Conosciamo tutti la risposta.

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Il mondo ha quasi dimenticato che cos’è una guerra vera. Ma ricordiamo qualcosa: è quando due eserciti si combattono, coraggiosamente o più spesso stupidamente, ma combattono. In una guerra vera ogni uomo in quelle trincee, a ragione o a torto, pensa alla sua città o al suo paese, ai suoi cari, alla propria fidanzata, moglie, mamma, ai propri bambini. Dietro di loro ci sono fiumi e foreste, spiagge, monti e campi. Per loro sono disposti a morire, difendendoli.

Ma questo … che cos’abbiamo oggi? L’aggressore non difende nulla. Dietro di lui c’è solo lo schienale duro di una poltrona e forse alcuni moduli di comunicazioni.

E quelle vittime! Come potrebbero difendere qualcosa se non sanno neppure che cosa e quando cadrà su di loro? Un secondo e interi isolati finiscono in fiamme. Non ci sono avvertimenti.

Queste non sono guerre, ma genocidi! Questi sono costanti, persistenti genocidi perpetrati dai fondamentali occidentali cristiani dei mercati.

***

Il primo maggio 2004, quando parve che gli Stati Uniti potessero ancora una volta attaccare Cuba, il presidente Castro parlò a L’Avana rivolgendosi all’allora presidente G.W.Bush:

“Lei non ha la moralità né il diritto, assolutamente nessuno, per parlare di libertà, democrazia e diritti umani quando detiene potere sufficiente a distruggere l’umanità e sta tentando di insediare una tirannia mondiale, aggirando e distruggendo l’Organizzazione delle Nazioni Unite, violando i diritti umani di ogni paese, scatenando guerre di conquista per impossessarsi dei mercati e delle risorse mondiali e insediando sistemi politici e sociali decadenti e anacronistici che stanno conducendo la razza umana nell’abisso”.

Alla fine Fidel dichiarò che se Cuba fosse stata attaccata egli avrebbe fatto ciò che ci si aspettava da lui e che aveva già fatto in numerose occasioni precedenti: sarebbe andato a combattere! E nessuno di noi ebbe alcun dubbio che l’avrebbe fatto. Ma egli aveva un rammarico, a proposito del presidente Bush:

“Il mio unico rammarico è che non vedrei mai il suo volto, perché in quel caso lei sarebbe a migliaia di miglia di distanza mentre io sarei in prima linea a morire combattendo per difendere la mia patria”.


Andre Vltchek è un romanziere, regista e giornalista d’inchiesta. Si è occupato di guerre e conflitti in dozzine di paesi. La sua discussione con Noam Chomsky ‘On Western Terrorism’ [A proposito del terrorismo occidentale] sta andando ora in stampa. Il suo romanzo politico, acclamato dalla critica, ‘Point of No Return’[Punto di non ritorno] è ora riedito e disponibile. Oceania è il suo libro sull’imperialismo occidentale nel sud del Pacifico. Il suo libro provocatorio sull’Indonesia post-Suharto e sul modello fondamentalista del mercato è intitolato “Indonesia  – The Archipelago of Fear” [Indonesia – l’arcipelago della paura]. Ha appena completato il documentario ‘Rwanda Gambit’ [Gambetto ruandese] sulla storia del Ruanda e sul saccheggio della Repubblica Democratica del Congo. Dopo aver vissuto per molti anni in America Latina e in Oceania, Vltchek attuale risiede e lavora in Asia Orientale e in Africa. Può essere raggiunto attraverso il suo sito web o al suo indirizzo Twitter.

 


Lo spirito della resistenza è vivo

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Originale: http://www.counterpunch.org/2015/01/23/genocides-not-wars/

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