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08.10.2015

 

Robot-killer: in tanti chiedono un divieto sulle armi autonome, ma lo sviluppo prosegue

di James Billington

 

La minaccia di una guerra robotica potrebbe diventare una realtà con le armi autonome e gli investimenti in tecnologie emergenti che, al momento, non sono sottoposte a divieti o sanzioni per il loro utilizzo, nonostante alcune campagne in questo senso portate avanti da esperti del settore.

C'è sempre una maggiore pressione da parte di attivisti, esperti in intelligenza artificiale e studiosi di robotica per l'imposizione di un divieto preventivo sui "robot killer", ma le Nazioni Unite sono state criticate per aver impiegato troppo tempo per mettere in atto un qualche tipo di restrizione sulle armi autonome e la continua attività da parte delle forze armate di ricerca e sviluppo nel campo.

In base ad un report del Guardian, sono sempre maggiori le pressioni sull'assemblea generale delle Nazioni Unite perché si dia avvio ad una seria discussione sugli armamenti robotici, ma il timore è che non si riesca a giungere ad un accordo in tempo per evitare che simili dispositivi possano essere utilizzati.

I paesi che hanno investito molto denaro sulle armi autonome, come Stati Uniti e Regno Unito, sperano di evitare un divieto assoluto, spingendo su un accordo che riguardi soltanto le tecnologie emergenti piuttosto che su quelle già in via di applicazione nel periodo nel quale le discussioni vengono portate avanti. Considerando che il confronto potrebbe andare avanti per anni, quei robot che hanno fatto partire il dibattito potrebbero già essere stati usati quando un eventuale accordo diventerà esecutivo. E allo stesso modo le forze armate avrebbero molto tempo per sviluppare o accelerare dei progetti prima del termine delle discussioni.

"C'è molto denaro messo sullo sviluppo, e le persone vorranno un ritorno sul loro investimento", spiega Christof Heynes, professore di leggi sui diritti umani all'università di Pretoria e Special Rapporteur delle Nazioni Unite. "Se non c'è un divieto preventivo sulle armi autonome di alto livello, quando il genio uscirà dalla lampada sarà estremamente difficile riportarlo dentro".

Questi timori sono condivisi da molti esperti, la cui principale paura è che ai robot sia data la possibilità di decidere se uccidere senza un intervento umano, oltre al fatto che le macchine potrebbero non attenersi alle leggi in campo bellico. Noel Sharkey, professore di robotica ed intelligenza artificiale alla University of Sheffield e co-fondatore dell'International Committee for Robot Arms Control, ha sostenuto con forza la necessità di considerare attentamente le implicazioni dei robot-soldati.

"C'è un problema con il fatto di essere in grado di distinguere fra bersagli militari e civili: non c'è un software che possa farlo", sostiene Sharkey. Esistono timori che alcune armi possano essere eccessivamente dannose, motivo per il quale alcuni paesi (tra i quali Regno Unito, USA e Francia) hanno appoggiato una politica basata sul dare agli esseri umani un "significativo controllo" sulla decisione di uccidere tramite un robot.

Attualmente sono in fase di test sistemi di armi autonome come il caccia X-47B (in grado di pilotarsi da solo) e velivoli d'assalto autonomi, così come armi semi-autonome come torrette mitragliatrici in Corea del Sud o Israele, in grado di identificare bersagli umani utilizzando sensori di movimento e calore. Ci sono anche stormi di droni robotici che potrebbero essere utilizzati per effettuare missioni di ricognizione o di attacco.

Nel caso le Nazioni Unite dovessero fallire nel raggiungere una decisione sul divieto di utilizzo di armi robotiche, ci sarebbe comunque l'opportunità di raggiungere un accordo al di fuori dell'ONU, ossia fra i singoli stati. Ci sarà quindi da attendere per verificare quale sarà la politica delle Nazioni Unite in questo senso.

 

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