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Martedì, 19 Maggio 2015

 

I due soldati russi arrestati in Ucraina confermano la guerra ibrida di Putin

di Danilo Elia

 

I due militari in servizio per l’esercito russo catturati dagli ucraini a Shchastye fanno parte di un manipolo di incursori in prima linea. È la conferma della guerra ibrida che il Cremlino sta combattendo contro l’Ucraina. E contro l’Occidente.

 Se ne sa già abbastanza. I militari catturati sabato scorso dai soldati ucraini vicino Shchastye, nella regione di Lugansk, fanno parte della 3a brigata operazioni speciali dell’intelligence militare, Gru, di stanza a Togliatti, nella Russia meridionale. Gli ucraini della 92a brigata li hanno trovati feriti dopo un combattimento, durante un giro di perlustrazione attorno alla centrale elettrica di Shchastye, un obiettivo strategico. Sono il sergente Aleksandr Aleksandrov e Evgenij Erofeev.

Non è la prima volta che le forze di Kiev catturano dei soldati russi in Donbass, e la versione di Mosca è sempre stata che si trattava di soldati in operazione di pattugliamento del confine che si erano “persi”. Ma questa volta i due prigionieri sono stati presi vicino alla linea di frizione tra le parti in guerra, in zona di combattimento. E, soprattutto, hanno parlato. 

 

Organi in vendita

In un video apparso il giorno dopo la cattura, il sergente Aleksandrov fa i nomi di tutti i suoi commilitoni e spiega come funziona. Operano in piccoli gruppi, il suo è di 14 uomini. Di gruppi ce ne sono al momento sette o otto. Le missioni durano quattro o cinque giorni, poi tornano alla base a Lugansk. Quella durante la quale sono stati catturati aveva come obiettivo un ponte sulla prima linea, per aprire la strada ai ribelli verso la centrale elettrica. Uno degli aspetti più interessanti è che, a quanto dice Aleksandrov, i gruppi speciali agiscono in autonomia, senza alcun contatto con i separatisti. Non combattono, cioè, fianco a fianco. Loro sono impiegati il missioni precise, chirurgiche, tattiche.

Ma la testimonianza dei due prigionieri è interessante anche per capire cosa riesce a fare la propaganda del governo russo sulle menti dei suoi cittadini e dei suoi soldati. “Si sono presentati come soldati russi”, ha detto all’AP Grigory Maksimets, il medico che li ha accolti e curati nell’ospedale di Shchastye. “Hanno rifiutato l’anestesia perché avevano paura che gli asportassimo degli organi per venderli”.

 

Maskirovka

La versione raccontata dal prigioniero Aleksandrov coincide perfettamente con l’ipotesi finora più accreditata del coinvolgimento russo nella guerra in Donbass. Un appoggio esterno, di armi e uomini “volontari”, in dosi minime e sufficienti a mantenere vivo il fuoco del conflitto; interventi mirati, veloci e diretti di piccoli gruppi operativi delle forze armate, senza mostrine né documenti, dove e quando serve; interventi più pesanti in poche, decisive occasioni della guerra, come a Ilovaisk e Debaltseve. È la maskirovka di scuola russa, la guerra sotto copertura. Parte della guerra ibrida di Putin.

Un conflitto che non deve sfociare mai in guerra aperta ma nemmeno pacificarsi mai del tutto. Delle braci sulle quali soffiare quando l’Europa, l’America e la Nato alzano troppo la voce. Altrimenti, perché ostinarsi a negare la presenza di soldati in Ucraina? E perché dosarli quanto basta a non far avanzare gli ucraini, ma senza determinare una vittoria definitiva dei separatisti? In sostanza, perché altrimenti Putin non invade l’Ucraina e si prende tutto il Donbass come ha fatto con la Crimea?