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Gennaio 31, 2015

E l’inferno li seguirà…
di Rostislav Ishenko
presidente del Centro per l’analisi e la previsione dei sistemi
Traduzione di Alessandro Lattanzio

Non so chi esattamente (Turchinov? Poroshenko?) abbia ordinato all’esercito ucraino di rompere la tregua. Ma sono sicuro che questa decisione è stata presa a Washington. Non è un caso che tale provocazione suicida sia stata preceduta dalla visita di G. Soros a Kiev. Questo vecchio “filantropo”, che insieme al dipartimento di Stato USA ha sponsorizzato tutti i regimi fascisti post-sovietici (dalla Georgia di Saakashvili all’Ucraina di Poroshenko), ha valutato la situazione finanziaria del regime di Kiev e deciso se abbia ancora senso continuarne l’agonia con iniezioni monetarie. La sua dichiarazione, ripresa dai media il 14 gennaio, non ha lasciato dubbi, il paziente è morto, il cadavere è rigido, la rianimazione non ha senso. Sicuramente Kiev ha capito che se raschia il fondo del barile e se l’Europa si smuove, allora è possibile raccogliere i soldi per un ulteriore agonia. Ma Soros ha indicato chiaramente la necessità di trovare 50 miliardi di dollari solo per il 2015. Mentre nel 2014 (quando gli ignoranti ancora speravano nella stabilizzazione del regime a Kiev) Stati Uniti, Unione europea e Fondo monetario internazionale hanno potuto racimolare solo 20 miliardi di dollari da spalmare in 3 anni. In realtà, nel 2014 Kiev ha ottenuto solo 7,5-8 miliardi di credito. Chiaramente, in tali condizioni non è realistico trovare altri 50 miliardi di dollari per quest’anno. Soros dice di sperare solo in un miracolo. Subito dopo la richiesta univoca di Soros all’UE di finanziare l’Ucraina, la copertura mediatica europea della crisi ucraina è cambiata drasticamente, divenendo chiaro che non ci sarà alcun miracolo. I mass media europei (tra cui la TV tedesca) e le ONG (tra cui Human Rights Watch) improvvisamente “ci vedono” e scoprono che il regime di Kiev bombarda i civili, violando leggi e consuetudini di guerra. Ancora un po’ e l’Europa “si renderà conto” che Kiev è occupata da una giunta fascista che calpesta la Costituzione, introduce sanzioni contro la Russia per far cooperare economicamente il Cremlino (fornendo carbone e gas) al regime nazista. L’Europa non ha intenzione di cacciare la grana. Gli USA non aiuteranno (se volevano farlo, il FMI non procrastinava per sei mesi, ma assegnava tranche dopo tranche, invece). In tali condizioni, sostenere la mitica stabilità dell’Ucraina, come Washington fa dalla fine della scorsa estate, è assolutamente senza senso. Nell’agosto-settembre 2014, i politici ucraini erano divisi in due gruppi: la maggioranza, pronta a rovesciare Poroshenko, si attende di ricevere alcuni dividendi dal prossimo colpo di Stato, e la minoranza neutrale. Poroshenko stesso non ha il supporto del suo gruppo né potere. E’ ancora presidente solo grazie agli Stati Uniti, che impediscono un golpe al momento.
Washington sapeva perfettamente che Poroshenko cerca di negoziare con Mosca una soluzione pacifica (perché solo la pace può dare a Poroshenko la possibilità di proteggere non solo la poltrona presidenziale, ma la stessa vita). Gli Stati Uniti hanno bisogno di una guerra e, apparentemente, non vogliono tenere al timone lo spaventato e confuso Petro Alekseevich. Ma gli statunitensi sono stati fuorviati dalla diplomazia russa. La pace era (e rimane) vantaggiosa per la Russia perché costringe Stati Uniti ed alleati europei a mantenere il fallito progetto ucraino e quindi salassare le loro scarse risorse. Il colpo di Stato ucraino, destinato a fare di Kiev non solo fonte di eterna inimicizia tra Russia ed Unione europea, ma anche un buco nero che divorasse le risorse di Mosca, non ha adempiuto al compito; un anno dopo il golpe, l’Ucraina continua a divorare le risorse degli Stati Uniti. Ma dato che l’Ucraina è solo uno dei tanti ambiti del confronto globale tra Mosca e Washington, l’ulteriore concentrazione di tentativi qui diventa inutile per gli Stati Uniti. Non possono uscirne, perché poi il luogo sarà preso dalla Russia, sarebbe una sconfitta geopolitica di Washington. Pertanto, il luogo va distrutto. Lasciate che il vincitore occupi le rovine; se non potevano intrappolarli in Ucraina, lasciano che inciampino nel cadavere in decomposizione dell’Ucraina. Quindi, dato che per la Russia è meglio che l’Ucraina sia distrutta dagli Stati Uniti il più tardi possibile, la diplomazia russa finge da quasi un anno debolezza, confusione e disponibilità a cedere. In previsione della caduta della Russia, che avrebbe risolto tutti i loro problemi, gli Stati Uniti non decisero di finirla con l’Ucraina. Perché? Dopo la vittoria sulla Russia, il problema di sostenere il regime Kiev a scapito di Mosca sarebbe stato risolto. Ma tutto finisce prima o poi. All’inizio di dicembre è apparso chiaro che Washington può urtare la Russia quanto vuole, ma non può farla cadere, senza cadere essa prima. Tenendo conto della necessità di ridurre il fronte geopolitico, concentrare risorse sui restanti settori prioritari e lasciare i cortili perduti, la questione riemerse nuovamente, cosa fare dell’Ucraina? Non appena è apparso chiaro che Soros non troverà i finanziamenti necessari per Kiev, il destino del Paese, i politici, l’opinione pubblica e anche la “classe creativa” abituata all’immunità dai problemi, è segnato. E la guerra si è riaccesa con rinnovata ferocia.
Gli Stati Uniti sapevano perfettamente quanto inefficiente sia l’esercito ucraino e quanto le forze armate di RPD/RPL si siano rafforzate durante la tregua. Non c’è bisogno di essere nello Stato Maggiore per stimare da fonti aperte che con tali scontri intensivi, iniziati il 18 gennaio e che continuano su tutto il fronte, l’esercito ucraino sarà a corto di mezzi per condurre operazioni attive entro tre-quattro settimane, e in una o al massimo tre settimane cominciare ad andare a pezzi. Tra l’altro, l’artiglieria ucraina sarà la prima a scomparire dal campo di battaglia. A giudicare da intensità e dinamica del fuoco dell’artiglieria, l’esercito ucraino non raggiunge la RPD/RPL neanche per volume di munizioni immagazzinate. Mentre le repubbliche chiaramente sono rifornite costantemente, l’esercito ucraino non ha potuto rifornirsi di munizioni che consuma altrettanto rapidamente. Dopo che l’artiglieria ucraina ha perso l’occasione di pareggiare la lotta con l’artiglieria delle RPD/RPL, l’esaurimento delle riserve ucraine è questione di tempo, poco, e dopo l’esaurimento delle riserve, il crollo del fronte sarà inevitabile. Sostituire le perdite per mezzo della mobilitazione è impossibile, anche se mobilitassero tutti. Nel migliore dei casi, le reclute saranno nei punti di raccolta quando il fronte sarà già crollato. Gli statunitensi lo sapevano, ma hanno spinto l’esercito ucraino a un attacco insensato, che non era nemmeno iniziato sul serio. L’esercito è condannato alla distruzione e il fronte destinato a crollare. Perché gli Stati Uniti ne hanno bisogno? Perché, come abbiamo già detto, gli Stati Uniti non hanno bisogno della vittoria irraggiungibile in Ucraina, hanno bisogno della sua distruzione, ma per mano di qualcun altro e con il maggior beneficio possibile per essi. Tre-quattro settimane di intensi combattimenti non solo danneggeranno l’esercito ucraino, ma infliggeranno perdite sostanziali alle forze armate di RPD/RPL. Fin dai primi giorni, la milizia ammette perdite per decine, se non centinaia, di caduti e feriti, pur rilevando che le perdite dell’esercito ucraino sono molto più alte. Non dimentichiamo che le forze armate di RPD/RPL attualmente non superano i 30-40 mila soldati, anche in base alle stime più ottimistiche. Tenendo conto che 10-15 mila sono nelle unità logistiche e di sicurezza, non ci possono essere più di 20-25000 di truppe da combattimento. Questo significa che anche la perdita di 3-5000 soldati, e questa cifra tra morti e feriti in tre o quattro settimane di intensi combattimenti è del tutto possibile, riduce drasticamente la capacità operativa della milizia. Così, dalla metà alla fine di febbraio, l’esercito ucraino cadrà a pezzi e inizierà la rotta, ma le scarse milizie, dopo aver subito gravi perdite, non sarebbero in grado di riprendersi il territorio lasciato dalle truppe ucraine. Ciò creerebbe vaste terre di nessuno tra RPD/RPL e Kiev, dove milizia e alcune truppe governative residue si alternerebbero come in una torta a strati, a seconda delle diverse strade nella stessa località siano controllate dai diversi gruppi armati. Inoltre, mentre le forze armate di RPL/RPD sono organizzate in strutture più o meno regolari con una catena di comando unificata, l’esercito di Kiev continua ad essere formato da formazioni irregolari che, con la fine delle ultime unità regolari, finalmente diverrebbe un gruppo di bande criminali naziste in parte integrate da “veterani dell’operazione antiterrorismo” completamente cotti. In tale situazione, i battaglioni nazisti concentrati nelle maggiori città del sud-est, pur di mantenere il potere a Kiev diverranno più feroci e la propaganda di Kiev più isterica. Ciò aumenterebbe l’amarezza nei confronti del potere e degli attivisti filo-russi, “traditori” della “5.ta colonna che ci ha pugnalato alla schiena”. Ogni pretesto sarà sufficiente per infiammare il Paese. Tuttavia, paralizzando la comunità mondiale e impedendone istantanea e costante reazione, il pretesto della ripetizione dello scenario del Ruanda (reciproco massacro insensato) deve essere ricacciato, e allo stesso tempo, va cambiata radicalmente la situazione politica attuale. Cioè, non basta organizzare un’ampia azione terroristica o una serie di tali atti, da attribuire a “partigiani pro-russi” o “agenti di FSB (GRU, SVR)”. Tale provocazione deve smuovere la comunità nazista e convogliare gli sforzi nella direzione desiderata. Inoltre, il governo ucraino deve essere (o sembrare) paralizzato. Infine, tale evento dovrebbe essere sufficientemente sanguinoso ed immorale, e toccare quegli strati della società percepiti dai nazisti a loro vicini. Tali condizioni non possono essere soddisfatte con un unico e spettacolare attentato (tali problemi non possono essere risolti neanche da un’esplosione alla Chernobyl).
Chiaramente, prima di tutto dovrebbero morire una o più grandi figure politiche, in modo che presumibilmente (o realmente) si paralizzi il governo ucraino, incapace di prendere misure per ripristinare l’ordine anche se lo volesse. Poroshenko è la vittima sacrale perfetta (soprattutto perché è un traditore, per gli statunitensi), ma al posto del “giovane prodigio” Jatsenjuk non mi rilasserei. Dopo la liquidazione dell’Ucraina, Jatsenjuk sarà inutile e pericoloso, potendo testimoniare in una sorta di “tribunale internazionale per l’ex-Ucraina”. Per un Paese senza economia, tale economista simbolico è altrettanto inutile quanto il grande banchiere Jushenko. I crediti non sono arrivati, con o senza Jatsenjuk. Morire eroicamente è l’unico vantaggio che può dare agli Stati Uniti. Se qualcuno fa saltare in aria il parlamento durante una sessione plenaria con Poroshenko e Jatsenjuk presenti, chi si potrebbe immaginare ne sia dichiarato colpevole ancor prima di una qualsiasi indagine? Soprattutto se certi “vendicatori del popolo” ne rivendicheranno la responsabilità? Naturalmente, i battaglioni nazisti sputano su Poroshenko e Jatsenjuk, ma anche i loro comandanti ci saranno: Jarosh, Sotnik Parasjuk e il cosacco Gavriljuk, sarebbe indecente non vendicarli. Inoltre, se ciò non bastasse, potrebbero compiere una serie di attentati terroristici negli ospedali in cui sono curati gli “eroi dell’ATO”. Immaginate come l’uccisione di “eroi”, indifesi barbari, sarà presentata dai media ucraini. Non ci sarà nemmeno bisogno di un manuale dell’ambasciata statunitense; faranno tutto correttamente da soli. Beh, come “ciliegina sulla torta” si può sfruttare il crollo delle centrali idroelettriche sul Dnieper. Ciò risolverebbe diversi problemi agli Stati Uniti, e in una sola volta. In primo luogo, il danno reale a causa di inondazioni non sarebbe così grande, ma le telecamere posizionate in anticipo nei posti giusti, mostreranno immagini più terribili dello tsunami in Thailandia, ed “esperti” (per inciso, anche di propria iniziativa) immediatamente annunceranno milioni di potenziali vittime. In secondo luogo, ciò isolerà immediatamente la riva sinistra del fiume Dnepr da quella destra. Le dighe e i ponti saranno distrutti. La milizia non potrà attraversare il Dnepr senza l’aiuto dell’esercito russo. In terzo luogo, se tutto questo (dall’eliminazione dell’élite politica ai disastri tecnologici) avviene in 3-10 giorni, sarà possibile (sicuri di ciò, altrimenti perché finanziare la CIA?) accusare Russia e RPD/RPL di aver causato o almeno sostenuto indirettamente i terroristi, la comunità internazionale non potrà controllare rapidamente l’Ucraina. Qualsiasi partecipazione della Russia sarà bloccata dall’occidente che accusa Mosca di complicità nei crimini, ma le forze occidentali non potranno stabilizzare la situazione (anche se Stati Uniti ed UE decidessero di agire senza una risoluzione delle Nazioni Unite, non avranno le necessarie capacità operative e truppe a disposizione). In quarto luogo, avendo gli USA bisogno di ciò, anche Turchinov che legittimamente rappresenterebbe Kiev guidando i resti del governo, diverrebbe a sua volta superfluo. L’ulteriore corso degli eventi è chiaro. I nazisti vendicheranno i loro “fratelli in armi”. I battaglioni si spargeranno nel Paese, usando i dati forniti dai camerati di SBU e ministero dell’Interno da loro controllato. La milizia potrà ancora arrivare rapidamente a Kharkov e nelle regioni a sinistra del Dnepr di Dnepropetrovsk e Zaporozhe, creando un corridoio terrestre con la Crimea. Ma senza l’aiuto della Russia non potranno andare oltre, non ci saranno ponti. I gruppi di guerriglieri nella riva sinistra sono più forti. Naturalmente, si resiste a Odessa, forse anche a Kiev, ma le forze non sono eguali. La semplice resistenza partigiana sulla riva destra priverà la giunta del sostegno della “classe creativa” ucraina. Nessuno avrà bisogno di loro negli Stati Uniti perché non sanno lavorare, ma amano mangiare bene. Nessuno li nutrirà la loro “ucrainicità” (chi ne ha bisogno senza l’Ucraina?). Ognuno di loro non sa molto, ma presi insieme la loro testimonianza permetterebbe di ricostruire il quadro completo. E nel corso degli eccessi ucraini saranno uccisi nelle loro case, e così sia. “Tutsi” uccidono “hutu”, “hutu” uccidono “tutsi”, è una caratteristica triste delle guerre civili. Così, spingendo l’Ucraina dalla somalizzazione alla ruandizzazione, gli Stati Uniti potranno ridurre al minimo l’effetto delle vittorie della Russia, coprendo le tracce dei loro crimini e, soprattutto, rendere la loro partecipazione alla transizione non solo necessaria, ma inevitabile, preservando così posizioni sul continente europeo e controllo sull’UE spaventata.
Abbiamo considerato solo uno scenario della possibile provocazione che consenta a Washington di risolvere il problema bruciando il trampolino ucraino. In realtà, ci sono centinaia di scenari simili, tutti reali, e alcuni forse già sviluppati dagli statunitensi. In caso contrario, i servizi di sicurezza, i militari e il dipartimento di Stato sono pagati per niente. Il numero di crimini commessi da Washington e Kiev suggerisce che lo scenario di sopra non è straordinario, al contrario, è nella logica delle azioni precedenti. Nel febbraio 2014, un centinaio di vittime a “Majdan” stimolò il colpo di Stato; trecento vittime del Boeing abbattuto permise l’offensiva estiva; decine di migliaia di ucraini uccisi saranno una scusa per fare pressione sulla Russia. Allora decine di migliaia di vittime saranno diverse da centinaia di migliaia o addirittura milioni di vittime? Solo per il fatto che gli Stati Uniti non avevano la necessità di organizzare un sacrificio umano di massa in Ucraina, non ancora. Ora c’è un tale bisogno. Due cose possono ancora salvare queste persone:
• l”ncapacità tipica dei dirigenti ucraini nell’attuare anche un solo piano statunitense;
• la tipica capacità di Putin di superare decentemente le situazioni più disperate.
Ma queste cose sono al di là dell’analisi razionale. Sono questioni di fortuna.

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