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9 Maggio 2015

 

La “bolgia” jihadista

di Giovanni Giacalone

 

I recenti attacchi di gruppi jihadisti vicini all'ISIS contro obiettivi di Hamas nella Striscia di Gaza, hanno portato alla luce le frizioni tra i gruppi appartenenti al filone dell'Islam politico e quelli più radicali vicini ai salafiti e alle posizioni dello Stato Islamico.

 

Un gruppo jihadista palestinese di nome ““I sostenitori dello Stato islamico a Gerusalemme” e recentemente unitosi all’ISIS, ha preso d’assalto una base delle brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas nella striscia di Gaza. L’attacco è avvenuto ieri nella città di Khan Yunis, vicino il confine con il Sinai egiziano. Già in settimana, un altro attentato aveva preso di mira un comando della polizia di Hamas a Gaza, che era stato colpito con una bomba. Il gruppo jihadista aveva successivamente lanciato un ultimatum per la liberazione di alcuni palestinesi salafiti arrestati nei giorni precedenti. Un account su Twitter legato al gruppo afferma che i palestinesi di Gaza devono sopportare “arresti, torture e fughe dalle loro case” per colpa di Hamas che in settimana aveva demolito una moschea a Deir el-Balah, utilizzata come luogo di ritrovo e pianificazione da alcuni sostenitori dell’ISIS.

Alcuni aspetti da considerare

Un primo elemento da mettere in evidenza è come l’attacco a colpi di mortaio abbia avuto luogo a Khan Younis, una popolosa città del sud di Gaza molto vicina al confine con la penisola del Sinai ed è proprio lì che diversi gruppi jihadisti filo-ISIS si nascondono e organizzano attentati contro le forze di sicurezza egiziane, accusate di essere al servizio di un governo di “miscredenti”. Ora i jihadisti fedeli al “Califfato” riprendono le accuse già mosse a Hamas dal leader di Al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, per aver accettato e partecipato alle “elezioni democratiche” del 2006, con le quali il gruppo islamista prese il potere a Gaza. Al di là del fatto che ancora oggi sono in molti a sollevare seri dubbi sull’effettiva trasparenza di tali elezioni, i jihadisti sembrano non tener conto del fatto che spesso gruppi appartenenti all’Islam politico utilizzano le “elezioni democratiche” come mezzo pragmatico per prendere il potere, ma senza preoccuparsi della tutela della minoranza; lo si è visto in Egitto nel 2012 con l’elezione del governo filo-Fratelli Musulmani di Mohamed Morsy. Vi è poi il discorso legato alla “questione palestinese”: l’ISIS si preoccupa dei soprusi messi in atto da Hamas nei confronti della popolazione palestinese ma non si fa problemi a prendere d’assalto il disagiato campo profughi palestinese di Yarmouk, vicino Damasco, massacrando e decapitando gli abitanti. 1

La frammentazione jihadista

Si è più volte parlato dello scontro in atto in Medio Oriente tra l’asse sciita (Iran, sciiti iracheni, alawiti siriani e Hizbullah libanese, houthi yemeniti) contro il blocco dei paesi sunniti (Turchia, Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, Egitto), il quale a sua volta è caratterizzato da contrasti interni a causa dell’appoggio di Turchia e Qatar ai Fratelli Musulmani. Uno scontro dalle dinamiche complesse e che attualmente si riversa su Siria, Iraq, Libano e Yemen. Anche la galassia jihadista di matrice sunnita sta però attraversando una fase estremamente confusionale, con frizioni interne che sono anche degenerate in scontri veri e propri, come dimostrano gli attacchi ai compound di Hamas. Evidente è il contrasto tra Al-Qaeda e ISIS, con i relativi battibecchi tra Ayman al-Zawahiri e Abu Bakr al-Baghdadi, ma anche con le relative fratture all’interno dei gruppi jihadisti in Siria, in Libia, in Egitto e nel Caucaso. Organizzazioni storicamente qaediste come AQIM (Al-Qaeda in the Islamic Maghreb) e l’Emirato del Caucaso si sono recentemente trovate a dover fronteggiare il problema dell’”esodo” di diversi sub-gruppi ad essi legate verso l’ISIS. L’ISIS è estremamente abile ad attirare con la propaganda mediatica e la strumentalizzazione dottrinaria molti giovani, affascinati dall’estrema spietatezza e violenza del “Califfato” e non si può escludere che a Gaza gli uomini di al-Baghdadi possano trovare terreno fertile a causa delle disastrose condizioni in cui è intrappolata la popolazione, esasperata e inferocita sia con Hamas che con Israele.

Jaljalat e Jund Ansar Allah

Gli attacchi di jihadisti salafiti nei confronti di Hamas non sono però una novità a Gaza; nel 2009 infatti il gruppo salafita Jaljalat (tuono) era stato accusato da Hamas di aver attaccato delle stazioni di polizia di Hamas a Gaza city e alcuni internet point. Il primo attacco pare avesse l’obiettivo di vendicare la repressione messa in atto da Hamas nei confronti di Jund Ansar Allah, un altro gruppo salafita il cui leader Sheikh Abdel Latif Moussa, il 14 agosto 2009, annunciò la creazione di un emirato islamico a Gaza e accusò Hamas di non essere stata in grado di implementare la Shariah nella Striscia. La Jaljalat, seppur poco numerosa e quasi sconosciuta prima del 2009, aveva stabilito la propria base a Khan Younis ed era riuscita a infiltrarsi anche nel Sinai egiziano. Il suo leader, Mahmoud Talib, ex comandante delle brigate Ezzedine al-Qassam, aveva lasciato l’organizzazione islamista criticandola ferocemente per aver deciso di partecipare alle elezioni politiche; successivamente Talib aveva dichiarato di ispirarsi ad al-Qaeda e di voler instaurare uno stato islamico a Gaza. Secondo alcuni analisti, la Jaljalat avrebbe cercato invano il riconoscimento di al-Qaeda e a tal fine aveva messo in atto numerosi attacchi anche contro obiettivi israeliani. E’ dunque possibile che il gruppo responsabile degli attacchi di questa settimana nei confronti di Hamas sia sempre legato a quella Jaljalat che potrebbe essere ora alla ricerca di un appoggio da parte del Califfato.

 

Note

1_ http://www.nytimes.com/2015/04/05/world/middleeast/islamic-state-seizes-palestinian-refugee-camp-in-syria.html?_r=0

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