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17/06/2015

 

Boicottaggio estero delle merci israeliane: così Netanyahu sfrutta le paure antisemite

di Uri Avnery

 

Il premier israeliano basa la sua carriera sulla diffusione della paura. La minaccia della bomba atomica dell’Iran non ha più effetto sulla popolazione. Ora si usa la propaganda “boicottare, vendere e sanzionare” tutte le merci israeliane, ideata dai palestinesi. A Netanyahu serve per fomentare la paura dell’antisemitismo. I pacifisti israeliani hanno iniziato nel 1997 il boicottaggio solo delle merci degli insediamenti. L’analisi del grande pacifista israeliano.

Tel Aviv (AsaiNews) - Binyamin Netanyahu si spreme le meningi. La sua intera carriera si basa sulla diffusione della paura. Dato che gli ebrei hanno vissuto nella paura per millenni, è facile evocarla. Sono ossessionati da essa. Da anni Netanyahu costruisce la sua carriera sulla paura della “Bomba Nucleare Iraniana”. Gli iraniani sono un popolo bizzarro. Quando avranno la Bomba, essi la lasceranno cadere su Israele, anche se la forza di reazione nucleare israeliana di certo eliminerebbe l’Iran e la sua civiltà millenaria.

Ma Netanyahu vede con ansia sempre maggiore che la minaccia iraniana si sta indebolendo. Gli Stati Uniti - a quanto pare - stanno per raggiungere un accordo con l’Iran, che dovrebbe impedirgli di ottenere la Bomba. Persino Sheldon il Grande [Sheldon Adelson, proprietario di Israel HaYom, quotidiano vicino alle posizioni di Netanyahu - ndr] non riesce a impedire l’accordo. E allora, che si fa?

A guardarsi intorno, saltano fuori tre lettere: BDS. Significano “Boycott, Divestment and Sanctions” [boicottare, vendere e sanzionare - ndr], una campagna globale di boicottaggio di Israele causata dalla sua oppressione del popolo palestinese che dura da 48 anni.

Ah, questa è una vera minaccia, peggiore della Bomba. Un secondo Olocausto incombe. Il coraggioso piccolo Israele che affronta il male intero, il mondo antisemita. In realtà fino ad ora Israele non ha sofferto alcun danno reale. Il “BDS” è più un atteggiamento piuttosto che una reale arma politica. Ma a chi importa? Le legioni degli antisemiti sono in marcia.

E chi ci salverà? Ovvio, Bibi [diminutivo di Binyamin - ndr]il Grande! Devo essere onesto: io e i miei amici abbiamo dato il via al primo boicottaggio, diretto contro i prodotti degli insediamenti. Gush Shalom, il nostro movimento pacifico, rifletteva su come fermare la diffusione degli insediamenti, ognuno dei quali è una mina sulla strada per la pace. La ragione principale della costruzione degli insediamenti è impedire la soluzione in due Stati - l’unica soluzione in grado di assicurare la pace.

I nostri studiosi hanno fatto un grande viaggio tra gli insediamenti e hanno registrato le imprese convinte dalle lusinghe del governo ad aprire negozi oltre la Linea Verde [la linea di demarcazione tra Israele e gli Stati arabi confinanti stabilita dagli accordi del 1949, oltre la quale si trovano i territori occupati da Israele con la Guerra dei sei giorni del 1967 - ndr]. Abbiamo pubblicato la lista e incoraggiato i consumatori a non comprare questi prodotti. Il boicottaggio è uno strumento di protesta democratico. È non violento. Ognuno può esercitarlo in maniera privata, senza unirsi a qualche gruppo o esibire se stesso in pubblico. Il nostro scopo era portare il pubblico in Israele a distinguere in modo chiaro tra il giusto Israele e gli insediamenti nei territori occupati.

La campagna è stata annunciata durante una conferenza stampa nel marzo 1997. È stato un evento unico. Avevo già tenuto conferenze stampa straripanti di giornalisti - per esempio, quella successiva al mio incontro con Yasser Arafat a Beirut ovest assediata. Ma anche conferenze stampa con scarsa partecipazione. Questa invece era veramente speciale: non è venuto nemmeno un giornalista israeliano.

Nonostante tutto, l’idea si è diffusa. Non so adesso quante migliaia di israeliani stiano boicottando i prodotti degli insediamenti. Comunque, siamo rimasti sconvolti dall’atteggiamento delle autorità dell’Unione Europea, che denunciavano la politica degli insediamenti ma poi in pratica ne sovvenzionavano i prodotti con delle esenzioni doganali uguali alle merci provenienti da Israele. Io e i miei colleghi andammo a Bruxelles a protestare, ma fummo informati dagli “educati” burocrati che la Germania e altri Paesi avrebbero ostacolato qualsiasi iniziativa a favore del boicottaggio degli insediamenti. Alla fine gli europei si sono mossi, anche se con lentezza. Adesso chiedono che i prodotti degli insediamenti siano indicati in modo chiaro sulle etichette.

Il movimento “BDS” ha un programma totalmente diverso. Vogliono boicottare lo Stato di Israele in quanto tale. Ho sempre considerato questo il più grande errore strategico. Invece di isolare di insediamenti e separarli dalla maggioranza degli israeliani, il boicottaggio generale conduce tutti gli israeliani nelle braccia dei coloni. Esso risveglia le antiche paure degli ebrei. Per affrontare un pericolo comune, gli ebrei si uniscono.

Netanyahu non poteva sperare di meglio. Egli ora sta cavalcando l’onda delle reazioni degli ebrei. Ogni giorno escono titoli di prima pagina su un nuovo successo del movimento del boicottaggio, e ogni successo è un punto per Netanyahu. È un premio anche per il suo avversario, Omar al-Barghouti, l’organizzatore palestinese del “BDS”. La Palestina è schierata con i Barghouti. Si tratta di una numerosa famiglia, illustre in diversi villaggi a nord di Gerusalemme.

Il più famoso è Marwan al-Barghouti, condannato a diversi ergastoli per aver guidato l’organizzazione giovanile Fatah [organizzazione politica e paramilitare palestinese, appartenente all’Olp - ndr]. Egli non è incriminato per aver preso parte ad atti di “terrorismo”, ma per il suo ruolo in quanto responsabile dell’organizzazione. In effetti io e lui abbiamo collaborato nell’organizzazione di diverse proteste non violente contro l’occupazione. Quando è stato portato in giudizio, abbiamo protestato in tribunale. Uno dei miei colleghi ha perso un’unghia del piede nella battaglia che si è scatenata con le violente guardie del tribunale. Marwan è ancora in carcere e molti palestinesi lo considerano il futuro erede di Mahmoud Abbas [meglio conosciuto con il nome arabo Abu Mazen, attuale presidente dello Stato palestinese - ndr].

Un altro membro della famiglia Barghouti è Mustafa, il vero probabile leader del partito di sinistra, candidato contro Abbas alla presidenza dell’Autorità palestinese. Ci siamo incontrati durante varie manifestazioni contro l’esercito per opporci al Muro [la barriera di separazione costruita da Israele in Cisgiordania lungo la Linea Verde - ndr].

Omar Barghouti, il leader del movimento “BDS”, è laureato all’Università di Tel Aviv. Egli domanda il libero ritorno di tutti i rifugiati palestinesi, eguaglianza per i cittadini palestinesi in Israele e, ovviamente, la fine dell’occupazione.

Ad ogni modo, il movimento “BDS” non è un’associazione organizzata a livello mondiale. È più un marchio di fabbrica. Gruppi di studenti, artisti e così via spuntano in modo spontaneo e si uniscono nella lotta di liberazione della Palestina. Qua e là alcuni veri antisemiti provano a unirsi. Ma per Netanyahu essi sono tutti, tutti antisemiti.

Come noi temevamo fin dall’inizio, il boicottaggio di Israele - distinto dal boicottaggio delle sole merci degli insediamenti - ha unito tutta la popolazione ebraica con i coloni, sotto la leadership di Netanyahu. La Terra dei Padri è in pericolo.  L’unità nazionale è l’ordine del giorno. Yitzhak Herzog, il “Leader dell’Opposizione” [il Gruppo Sionista dei laburisti alle ultime elezioni del 17 marzo scorso - ndr], è corso a sostenere Netanyahu, così come tutti gli altri partiti. La Corte suprema israeliana, un fantasma spaventato del suo passato, ha già stabilito che il boicottaggio di Israele è un crimine - compresi gli appelli a boicottare gli insediamenti.

Quasi ogni giorno i titoli di prima pagina sono pieni di notizie sul boicottaggio. Il capo di “Orange”, gigante francese della comunicazione, si è unito per primo al boicottaggio. Ma poi è tornato sui suoi passi in modo repentino e sta venendo pentito in Israele in pellegrinaggio. Organizzazioni studentesche e gruppi di professionisti in America ed Europa applicano il boicottaggio. L’Europa ora sta chiedendo a gran voce di segnalare sulle etichette i prodotti degli insediamenti.

Netanyahu è felice. Fa appello al mondo giudaico per abbracciare la lotta contro l’offesa antisemita. Il padrone di Netanyahu, il magnate multi-miliardario dei casinò Sheldon Adelson, ha convocato a Las Vegas un consiglio di guerra degli ebrei ricchi. La sua controparte è Haim Saban, multi-miliardario a favore dei laburisti, e si è unito a lui. Perfino gli autori dei Protocolli dei Savi di Sion [un falso documento antisemita diffuso nella Russia zarista agli inizi del 1900, secondo cui gli ebrei cospiravano per impadronirsi del mondo - ndr] non avrebbero mai potuto immaginarlo.

Intermezzo comico: anche un altro proprietario di casinò è in competizione per i titoli di prima pagina. Egli è un operatore molto, molto più piccolo. Non può essere comparato con Adelson. Si tratta di Oren Hazan, membro della nuova Knesset, al 30mo posto nella lista elettorale del Likud, l’ultimo ad aver vinto il seggio. Un programma TV ha rivelato che egli è il presunto proprietario di un casinò in Bulgaria, dove vengono fornite prostitute ai clienti e si fa uso di droghe pesanti. Egli è stato già nominato vice presidente della Knesset. Il presidente ha sospeso in via temporanea il suo comando delle sedute plenarie del Parlamento israeliano.

Quindi i due proprietario di casinò, il grande e il piccolo, dominano le notizie. Piuttosto bizzarro in un Paese dove i casinò sono proibiti e dove i giocatori clandestini vengono regolarmente arrestati.

Beh, la vita è una roulette. Perfino la vita in Israele.

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