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09/01/2015

 

Ecco perché l'AIPAC è contro Israele
di Jay Michaelson
Jewish Daily Forward
traduzione di Malachia Paperoga di Voci dall'estero

“Questi gruppi pro-destra non sono amici di Israele. Sono come spacciatori.”

Gli ebrei americani che sostengono Israele si sono dati battaglia in modo asimmetrico: i “falchi” accusano di continuo le “colombe” di essere anti-Israele, ma le colombe non ricambiano il favore.

Non so come sia iniziata questa tendenza – forse è solo che persone pacifiste sono in difficoltà a mettersi a lottare – ma è meglio che finisca. Si tratta di una delegittimazione unilaterale che inquina i termini del dibattito e mette una delle due parti permanentemente sulla difensiva.

Inoltre, essa è fattualmente sbagliata, sia riguardo le motivazioni del campo pacifista, sia per quel che riguarda lo Stato di Israele. Non è che i falchi siano più innamorati di Israele e le colombe lo siano meno, mentre i moderati stanno a metà strada. Al contrario, è proprio perché le colombe hanno a cuore Israele che si preoccupano che i falchi possano metterlo in pericolo.

Quelli tra noi che credono che una soluzione che preveda due stati è necessaria per la sopravvivenza di Israele devono smetterla di porgere l’altra guancia a chi non ci crede. Può sembrare ridicolo accusare l’AIPAC (lobby americana pro-Israele, una delle più potenti a Washington, ndt) di essere anti-Israele, ma questo è esattamente ciò che raccomando di fare. E quel che ora intendo fare.

Certo, sono abbastanza sicuro che gli americani che sostengono, per dire, Elad, l'organizzazione di estrema destra che attualmente fa pulizia etnica a Gerusalemme est, sono ardentemente pro-Israele nei loro cuori e nelle loro menti. Sono sionisti e patrioti ebrei. Includerò in questa categoria anche i maggiori sostenitori finanziari della destra israeliana, i Sionisti cristiani, che vogliono che gli ebrei rimangano in Israele, in modo che il “Rapimento della Chiesa” possa venire e annientarci. Anche loro, lo ammetto, stanno facendo ciò che pensano sia il meglio per Israele.

Ma lo stesso vale per J Street, ACRI e il Nuovo Fondo di Israele. Conosco i leader di queste organizzazioni, e so che credono che il loro lavoro è nel migliore interesse di Israele, non meno che i falchi. (Questo non è vero, invece, per le organizzazioni non- sioniste o anti-sioniste come Voce Ebrea per la Pace; tali gruppi possono essere pro- ebrei, ma dichiaratamente non pro-Israele).Questa sottigliezza, tuttavia, non importa ai loro critici, che abitualmente li etichettano come anti-Israele, antisemiti, auto razzisti o qualunque altra cosa. Certo non è importato alla “Conferenza dei Presidenti”, gli auto-proclamati, auto-selezionati e auto- referenziali quadri dirigenziali degli ebrei di destra che definiscono i parametri della Comunità Ebraica Istituzionali, e che hanno escluso J Street quest'anno.

Così, se l'amore di Jeremy Ben Ami per Israele non conta, allora non conta nemmeno quello di Howard Kohr. o di Alan Dershowitz o di Lynn Schusterman. Tutte queste persone sono sincere, eppure solo i critici di Ben Ami lo chiamano anti-Israele.

Finiamola. Finiamola con questo rispetto ipocrita e unilaterale. O i punti di vista pro- Israele di tutti vengono rispettati come tali, oppure nessuno dovrebbe esserlo. È tempo per la sinistra di livellare il campo di gioco e difendere il nostro punto di vista pro-Israele nel modo in cui la destra difende il suo.

Perché essere a favore della destra non è essere pro-Israele. È essere a favore di un’illusione.

Finalmente, dopo anni di dico-e-non-dico, il primo ministro Netanyahu ha ammesso che non accetterà uno stato palestinese in Cisgiordania. Qual è l'alternativa? L'occupazione continuata, la possibile annessione della Giudea e della Samaria (presumibilmente, con qualche forma di esclusione dei palestinesi tipo apartheid) e, secondo la teoria di Ariel Sharon, il graduale logoramento della popolazione palestinese, fino a che essa non accetterà un accordo alle condizioni di Israele.

Formalmente, questa posizione ha una logica, ma essa è ugualmente piuttosto folle. Lo Stato di Israele è stata una creazione delle Nazioni Unite, e anche lo stato di Palestina lo sarà se questa politica viene perseguita. Il mondo occidentale non rimarrà seduto pigramente per decenni permettendo che 5 milioni di persone rimangano apolidi. Certo, ci sono ingiustizie più gravi altrove. Ma Israele non è la Cina; è un piccolo stato satellite dell'Occidente che ancora dipende dall'aiuto americano per sopravvivere.

Naturalmente, il piano "aspetta e occupa" è anche fallito moralmente, ma lasciamo da parte questo aspetto, per ora.

Puramente in termini di realpolitik, è estremamente ingenuo credere che l'occupazione israeliana possa davvero andare avanti per un secolo. Come ho già scritto su questo sito in passato, sembra plausibile nella bolla della grande Gerusalemme, dove i fatti sul terreno sono presenti e la disapprovazione del mondo non lo è. Ma tale bolla è solo un mucchio di sabbia in cui gli israeliani conservatori hanno nascosto le loro teste. Qui nelmondo reale, la spavalderia di destra sembra folle, come le spacconate del partito nazionale del Sudafrica nel 1983.

La destra israeliana, in altre parole, si sta comportando ingenuamente. E questa ingenuità, anche se nata da intenzioni sincere, è una politica accecata dal nazionalismo. La destra ama Israele fino alla morte, il suo sciovinismo e patriottismo stanno eclissando il pensiero razionale. Ed essi sono profondamente distruttivi per la sostenibilità di Israele.

Questo non è solo il parere di un editorialista. Molte volte le migliori menti strategiche di Israele hanno criticato il nazionalismo arrogante della destra. (Il mio collega J.J. Goldberg è stato il migliore nel riferire questo flusso costante di critica). Queste includono Yuval Diskin, direttore di Shin Bet dal 2005 al 2011. Da Meir Dagan, ex capo del Mossad a, naturalmente, i sei ex capi del Shin Bet (Diskin incluso) che sono apparsi nel film mozzafiato The Gatekeepers.

Certo, gli scrittori di destra con nessuna esperienza di sicurezza, ma un sacco di amore nazionalistico, hanno criticato questi eroi israeliani fino al punto di chiamarli traditori. Ma la veemenza non è intelligenza. Infatti, spesso è il contrario.

Né ci dovrebbe essere alcuna illusione riguardo a dove l’AIPAC, apparentemente il più grande amico di Israele, si colloca in questo campo. La massiccia esposizione di 12.000 parole di Connie Bruck sull'organizzazione, pubblicata il mese scorso dal The New Yorker, dovrebbe essere uno spartiacque per la Comunità ebrea americana. Pur riguardando in gran parte il declino graduale dell’AIPAC, l’articolo di Bruck è anche un'indagine approfondita sulla storia dell'organizzazione, riempita di interviste, note dietro le quinte e documenti che mostrano come l'AIPAC si sia opposta alla soluzione dei due stati fin dalla sua nascita.

"Remeremo contro fino a quando non succederà," è la posizione del gruppo secondo Tom Dine, ex direttore esecutivo di AIPAC. Le azioni di AIPAC, più che le vuote parole di sostegno al processo di pace, dimostrano la veridicità della valutazione di Dine.

Ho diversi amici (che si definiscono) moderati in posizioni di leadership nella Comunità ebrea. Essi sostengono l'AIPAC e supportano la soluzione con due Stati. A loro, io dico: l’articolo di Bruck è una lettura obbligata. Cambia tutto.

Ovviamente, gli americani di destra non danno fondi solo all’AIPAC. Finanziano massicciamente anche gruppi come Elad, che come segnalato da Haaretz ha un budget superiore alla somma dell’associazione per i diritti civili in Israele, Ir Amim,

B'Tselem, Breaking the Silence, Yesh Din e Physicians for Human Rights tutti insieme. Almeno 6 milioni di dollari all'anno vengono incanalati verso Elad dall'organizzazione americana degli amici di Ir David.

Se davvero una soluzione con due stati è una necessità per Israele, l’attività di gruppi come Elad è più pericolosa per lo stato di Israele rispetto a quella della Voce Ebrea per la Pace. Le organizzazioni come Elad minacciano la legittimità della democrazia israeliana davanti all'opinione pubblica mondiale. Esse mettono in pericolo l'unica realistica speranza di co-esistenza. Rafforzano gli estremisti. Per questo, pur essendo pro-coloni, pro-sioniste, e pro-Gerusalemme ebraica, le attività di Elad sono anti-Israele.

Lo slogan a Capitol Hill è "amico di Israele". Anche se il peso di AIPAC è diminuito, tutti vogliono ancora essere amici di Israele, e come tali lodati.

Ma gli amici non lasciano che i propri amici facciano quello che vogliono. Gli amici mantengono i propri amici onesti e coerenti ai loro ideali. Quando qualcuno diventa autodistruttivo — con sostanze che danno dipendenza come l’alcool o lo zelo nazionalistico — un buon amico glielo dirà in faccia.

Questi gruppi di destra non sono amici di Israele. Sono come spacciatori.

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