Originale: Counterpunch

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25 agosto 2015

 

Il facinoroso di Israele all’ONU

di Jonathan Cook

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

La nomina fatta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di uno dei suoi più aggressivi ed espliciti rivali, a nuovo ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite, ha prodotto una vasta costernazione.

Come ha notato un analista la settimana scorsa, la nomina di Danny Danon equivale a uno “scherzo crudele” alla comunità internazionale. Il nuovo inviato “manca anche del minimo livello di finezza e di sottigliezza che si richiedono a un diplomatico esperto”.

L’anno scorso Netanyahu aveva dato il benservito a Danon come vice ministro della difesa, definendolo troppo “irresponsabile” anche in base agli standard della politica di Israele, di solito anarchica. Danon aveva stigmatizzato il primo ministro per “debolezza di sinistra”  nella gestione dell’attacco di Israele a Gaza nell’estate scorsa.

Danon è uno dei peggiori incubi per un funzionario dell’ONU. E’ un oppositore dichiarato della soluzione dei due stati e ha ripetutamente richiesto l’annessione della Cisgiordania.

Già nel 2011 pochi giorni prima che l’Assemblea Generale dell’ONU  che doveva    votare sul costituire  la Palestina come stato, Danon aveva preso in considerazione il dibattito in quanto irrilevante: “Anche se ci sarà un voto [a favore], sarà uno stato da Facebook.”

In apparenza, il tempismo di Netanyahu non poteva essere peggiore. Danon deve rappresentare Israele dato che ci si aspetta che i palestinesi incrementino i tentativi all’ONU per rafforzare il riconoscimento del loro essere stato.  Danon sarà anche un importante portavoce mentre Israele tenta di evitare le indagini sui crimini di guerra alla Corte Penale Internazionale dell’Aia.

La spiegazione generalmente accettata è che la mossa di Netanyahu è spinta da calcoli di politica interna, non diplomatici. Danon è il simbolo della destra israeliana, una persona che fa sembrare troppo cauto e conciliante il primo ministro.

I due si sono scontrati lo scorso novembre per la direzione del partito Likud. Danon ha perduto, ma Netanyahu indubbiamente teme, dato che il suo partito e il pubblico israeliano si spostano a destra, che stia per arrivare il momento del suo rivale.

L’assegnazione della carica rimuove Danon da capo del potente comitato centrale del Likud, lo “spedisce” in una terra lontana e dovrebbe fornirgli occasioni abbondanti per farsi male da solo.

Ma questa non è tutta la storia. La nomina di Danon rivela qualcosa di più significativo sulle relazioni di Israele che vanno deteriorandosi, anche con i suoi sostenitori internazionali.

E’ difficile oggigiorno ricordare che una volta Israele prendeva davvero molto sul serio l’ONU.

Nel decennio dopo il 1948, Abba Eban, il principale diplomatico del paese, cercò di costruire un riconoscimento e una rispettabilità internazionale per Israele all’ONU.

Eban spesso usava l’inganno e la finta – si dice che abbia ammesso che “i diplomatici vanno all’estero per mentire in nome del loro paese”. Non dimenticò mai, però, l’importanza di creare una facciata di giustificazione morale per le azioni di Israele, anche se dichiarò guerre di aggressione nel 1956 a Suez e di nuovo contro l’Egitto nel 1967.

La realtà ha catturato Israele quando l’ONU adottò una risoluzione nel 1975 che equiparava l’ideologia ufficiale di Israele, il Sionismo, al razzismo. La risoluzione fu revocata soltanto 16 anni più tardi, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e dopo che gli Stati Uniti emersero come l’unica superpotenza del mondo.

Washington fece pressione sull’Assemblea Nazionale promettendo che Israele si sarebbe impegnato in un processo di pace con i palestinesi, che culminò poco tempo dopo negli Accordi di Oslo.

Ma mentre Oslo si svelava, e i capi di Israele, non ultimo lo stesso Netanyahu – venivano scoperti come i veri  “rifiutatori”, Israele fu costretta di nuovo a mettersi sulla difensiva.

Oggi il consenso in Israele non c’è soltanto sul fatto che l’ONU è un bastione di pregiudizi anti-israeliani, ma che è un incubatore di anti-semitismo globale, gran parte del quale presumibilmente generato dagli stati arabi. Israele è incensurabile, almeno così si dice, ma il mondo è preda dell’incantesimo delle persone che odiano.

La stoccata finale del predecessore di Danon, Ron Prosor, la settimana scorsa, è stata di accusare ancora una volta un’ importante funzionaria dell’Onu, Rima Khalaf, della Giordania, di antisemitismo per aver fatto notare l’infelicità  indicibile   causata dal blocco israeliano quasi decennale di Gaza.

In un momento precedente di quest’anno, dopo essersi dimesso da ambasciatore negli Stati Uniti, Michael Oren è andato oltre, sostenendo che la piaga dell’anti-semitismo aveva infettato anche i principali giornalisti ebrei dell’America. La loro copertura critica degli eventi di Israele era la prova dell’odio per sè stesso.

La necessità di questa diplomazia disperata è cresciuta quando l’immagine morale di Israele si è macchiata, anche secondo i suoi alleati. Ma la prepotenza e l’intimidazione da parte di diplomatici esperti come Prosor e Oren ha prodotto la  diminuzione della “resa”.

L’assegnazione  di Danon fa parte di un modello distinguibile di recenti nomine decise da Netanyahu che riflettono un crescente rifiuto di impegnarsi in qualsiasi tipo di diplomazia riconoscibile. Si preferisce lo scontro.

La tendenza iniziò con la decisione di Netanyahu del 2009 di far guidare al criminale Avigdor Lieberman il ministero degli esteri e il corpo diplomatico di Israele.

In particolare, Netanyahu ha scelto Ron Dermer, un sostenitore di alto profilo del partito Repubblicano degli Stati Uniti, per sostituire Oren nel 2013. Si dà grande credito a Dermer per aver pianificato il discorso provocatorio di Netanyahu tenuto all’inizio di quest’anno davanti al Congresso statunitense, nel tentativo palese di minare i colloqui del Presidente Barack Obama con l’Iran.

La nomina di Danon, come quella di Dermer, indica la misura in cui la destra israeliana abbia abbandonato qualsiasi speranza di persuadere la comunità internazionale della giustezza della sua causa o anche del fatto di operare nell’ambito delle regole della politica.

Proprio come Dermer ha trasformato la Casa Bianca di Obama in un campo di battaglia diplomatico, ci si può aspettare che Danon  critichi, maltratti e si alieni gli amici ambasciatori dell’ONU a New York.

Un Israele che non abbia posto per i negoziati o il compromesso vuole soltanto dire al mondo che ha torto e che agli israeliani non importa che cosa pensano gli altri. Danon è l’uomo giusto per quel compito.

 

Jonathan Cook ha vinto il Premio Speciale  Martha Gellhorn per il Giornalismo.  I suoi libri più recenti sono: “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East” [Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente] (Pluto Press) e Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” [La Palestina che scompare: gli esperimenti di Israele di disperazione umana] (Zed Books).  Il suo sito web è: www.jonathan-cook.net.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: http://zcomm.org/znet/article/israel-s-thug-at-the-un