Fonte: America latina en movimiento – Alainet

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26 luglio 2015

 

La grande guerra dei semi

di Darío Aranda

Traduzione di Michela Giovannini

 

In América Latina le chiamano leggi Monsanto. Servono a criminalizzare i semi dei contadini e a rimuovere gli ostacoli affinché poche imprese assumano il totale controllo della vita delle piante. La resistenza può fermarle e lo fa.

 

Per milioni e milioni di anni le piante hanno generato semi fecondi che davano vita a nuove piante e a nuovi semi. Poi, negli anni Sessanta del secolo scorso, con la cosiddetta Rivoluzione Verde, le imprese hanno cominciato a sostenere che alcune di queste essenziali fonti della vita avevano dei padroni e che non erano i contadini, quelli che i semi fino ad allora avevano sempre protetto e custodito. Una ricerca condotta in trenta paesi dei quattro continenti, promossa da Vía Campesina e Grain, mostra quanto quel processo di appropriazione e rapina sia avanzato in pochi decenni: solo tre colossi del business controllano più della metà del mercato mondiale dei semi. Sono Monsanto, DuPont Pioneer e Syngenta. La resistenza dei contadini, in modo particolare in America Latina, è forte e difende il libero scambio di semi tra comunità e popoli, vale a dire ciò che ha permesso alle coltivazioni di adattarsi a una varietà di condizioni, climi e territori per nutrire il mondo

 

Le grandi imprese agroalimentari spingono per l’approvazione di leggi che “privatizzano i semi” e “mettono sotto processo i produttori”. E’ una delle affermazioni che emergono dalla ricerca realizzata dalle organizzazioni internazionali Via Campesina (che riunisce movimenti contadini di tutto il mondo) e Grain, che hanno analizzato le legislazioni e le politiche pubbliche di più di trenta paesi in quattro continenti. “I semi contadini, uno dei pilastri nella produzione di alimenti, sono sotto attacco delle grandi imprese e dei governi”, avverte il rapporto di ricerca. Le principali imprese sul mercato sono Monsanto, DuPont Pioneer, Syngenta, Bayer e Dow.

”La criminalizzazione dei semi contadini. Resistenze e lotte”, è il titolo del rapporto di ricerca pubblicato dalla Vía Campesina (VC) e Grain.” Questo rapporto analizza la situazione di America, Asia, Africa ed Europa e sottolinea che il libero scambio di semi tra comunità e popoli è ciò che ha permesso alle coltivazioni di adattarsi ad una varietà di condizioni, di climi e territori. “E’ ciò che ha permesso all’agricoltura di estendersi, crescere e nutrire il mondo”, ribadisce. E precisa che a partire dalla cosiddetta “rivoluzione verde” (degli anni ’60) le imprese cominciarono ad avere una maggiore ingerenza e cominciò un processo di appropriazione dei semi, che costituiscono il primo anello nella catena dell’alimentazione.

Sono tre le imprese che controllano più della metà (53 per cento) del mercato mondiale dei semi: Monsanto (26), DuPont Pioneer (18,2) e Syngenta (9,2). Tra il quarto e il decimo posto compaiono la compagnia Vilmorin (del gruppo francese Limagrain), WinField, la tedesca KWS, Bayer Cropscience, Dow AgroSciences e le giapponesi Sakata e Takii. Queste dieci imprese dominano il 75 per cento del mercato mondiale dei semi.

Il rapporto segnala che in America Latina si sono sviluppate varie resistenze contro le cosiddette “leggi Monsanto”. Nel caso del Cile, quattro anni di mobilitazioni hanno prodotto nel 2014 il ritiro di un disegno di legge di privatizzazione dei semi. Rilevante è anche il caso della Colombia, dove nel 2013 le organizzazioni contadine proclamarono uno sciopero in tutto il paese, bloccando le strade e paralizzando la circolazione degli alimenti. Questo alla luce della decisione del governo di punire con multe o addirittura con la detenzione lo scambio di semi autoctoni. Il rapporto ricorda che “nel 2011 le autorità del governo colombiano attaccarono magazzini e camion degli agricoltori di riso (nella provincia di Huila) e distrussero 70 tonnellate di riso che non era stato lavorato secondo la legge”. Le organizzazioni sociali insistono per derogare a questa legge.

Per quanto riguarda il Brasile, che è il secondo produttore di organismi geneticamente modificati al mondo e dove il governo ha già approvato la creazione di nuovi semi, il rapporto descrive il progetto su larga scala per lo sviluppo di semi autoctoni, nel contesto della Politica Nazionale per l’Agroecologia e la Produzione Biologica adottata nel 2012. Risale al 2003 il Programma di Acquisizione di Alimenti, con cui lo stato si fa acquirente dei raccolti dei contadini. Nell’ottobre del 2013 cinquemila agricoltori brasiliani hanno occupato alcune installazioni di produzione di semi appartenenti a Monsanto nello stato di Pernambuco.

In Costa Rica, nel 1999, il governo cercò di modificare la legge in modo da adempiere alle normative dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc). La mobilitazione delle organizzazioni sociali non solo impedì la nuova legislazione, ma favorì la proibizione del transgenico. Attualmente l’80 per cento del territorio viene considerato libero da organismi transgenici.

In Salvador si è sviluppato un programma di agricoltura familiare che prevedeva anche la distribuzione di semi ai piccoli agricoltori. “L’iniziativa causò problemi con il governo statunitense, dato che infrangeva i trattati di libero commercio. Inoltre gli Stati Uniti esigettero la fine della distribuzione di semi e l’acquisto forzato da Monsanto”, spiega il rapporto.

Il lavoro della Via Campesina e Grain parla anche del Venezuela, dove si lavora ad un disegno di legge che limiti l’entrata di organismi transgenici e che difenda i semi contadini, come parte di un modello produttivo basato sull’agricoltura sostenibile e sulla sovranità alimentare. Questo disegno di legge, risultato di una serie di consultazioni nazionali in diversi punti del paese, definisce i semi come un bene pubblico, “eredità collettiva che non può essere privatizzata”.

In Messico si sta portando avanti da dieci anni una dura lotta in difesa del mais, la coltivazione più importante del paese. Tramite il Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord si sta cercando di introdurre in massa organismi transgenici. Nel 2005 è stata approvata una legge (chiamata legge Monsanto) che ha aperto la strada ai transgenici. “È seguita una Legge Federale di Produzione, che criminalizzava il libero scambio di semi autoctoni, poi un decreto presidenziale che ha dato nuovi permessi per i semi transgenici” affermano la Via Campesina e Grain.

Grazie a queste leggi le multinazionali Monsanto e Dow hanno ricevuto 156 permessi per la coltivazione sperimentale del mais.

Il rapporto ricorda che esistono prove certe che il mais transgenico degli Stati Uniti ha già contaminato il mais autoctono messicano. Un dato positivo è che gli agricoltori messicani continuano a scegliere i semi contadini: l’80 per cento del mais messicano continua ad essere autoctono.

 

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