Il Manifesto

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15 agosto 2015

 

Mohammed Allan resta in coma, Israele propone la deportazione

di Michele Giorgio

 

I massimi giudici israeliani devono decidere se accogliere la richiesta di scarcerazione per motivi di salute presentata dai legali dell’avvocato palestinese  in “detenzione amministrativa” da novembre e che per protesta digiuna da 61 giorni. Manifestazioni di solidarietà ovunque in Cisgiordania.

 

AGGIORNAMENTO 18 agosto 2015 – ore 8.30

Ieri le autorità israeliane hanno offerto all’avvocato palestinese Mohammed Allan, in sciopero della fame da 62 giorni e in gravissime condizioni di salute, di rilasciarlo a patto di venir deportato fuori dal paese per 4 anni. Una richiesta che l’avvocato di Allan ha subito rigettato: “Rifiutiamo categoricamente questa proposta”, ha detto il legale Jamil al-Khatib. Contrario anche il Ministero palestinese per gli Affari dei Prigionieri: il ministro Issa Qaraqe ha ricordato che il suo dicastero rifiuta la deportazione “in tutte le sue forme”, in quanto violazione del diritto internazionale.

Si resta in attesa della decisione della Corte Suprema israeliana su un eventuale rilascio senza condizioni. La Corte dovrebbe pronunciarsi domani, dopo – dicono – aver valutato la scheda medica di Allan che sta scioperando da due mesi contro l’ordine di detenzione amministrativa che lo costringe in prigione senza accuse né processo. A causa dello sciopero Allan la scorsa settimana è entrato in coma: secondo le autorità palestinesi, i medici israeliani stanno prolungando artificialmente la vita dell’avvocato con “metodi non etici”.

 

AGGIORNAMENTO 17 agosto 2015 – ore 10.30

I giudici della Corte Suprema israeliana esaminano oggi una richiesta di  scarcerazione per motivi di salute presentata dai legali dell’avvocato palestinese  in “detenzione amministrativa” dallo scorso novembre e che attua uno sciopero  della fame in segno di protesta da 61 giorni. Venerdì scorso è entrato in coma ed è in pericolo di vita. Manifestazioni di solidarietà si ripetono da giorni ovunque in Cisgiordania. Ieri ad Ashkelon, nei pressi dell’ospedale Barzilai dove Allan è ricoverato, scontri tra estremisti di destra israeliani e dimostranti palestinesi. Violenze della polizia che ha arrestato almeno 13 persone.

 

Gerusalemme, 15 agosto 2015, Nena News –

 

Le con­di­zioni dell’avvocato pale­sti­nese Moham­med Allan, incar­ce­rato lo scorso novem­bre da Israele e in scio­pero della fame da due mesi, erano peg­gio­rate qual­che giorno fa. Ieri mat­tina ha per­duto coscienza, facendo temere il peg­gio. Nel pome­rig­gio i medici dell’ospedale Bar­zi­lai di Ash­ke­lon, dove Allan è rico­ve­rato da alcuni giorni, sono riu­sciti a sta­bi­liz­zare le sue con­di­zioni. Ma in serata era cosciente solo in parte.

La noti­zia ha subito fatto il giro dei Ter­ri­tori occu­pati pale­sti­nesi susci­tando rea­zioni forti. A comin­ciare dal Jihad Islami, orga­niz­za­zione di cui Allan sarebbe un sim­pa­tiz­zante o, come sostiene Israele, un mili­tante a tutti gli effetti. Sino ad oggi però i ser­vizi segreti israe­liani non hanno pro­dotto alcuna prova con­creta a soste­gno di que­sta tesi. «Dovesse morire Allan, il Jihad rea­girà con forza e non si sen­tirà più vin­co­lato ad alcun accordo per il man­te­ni­mento della calma», ha fatto sapere l’organizzazione isla­mi­sta, rivol­gen­dosi non solo al governo Neta­nyahu ma anche ad Hamas che, stando alle voci che girano, avrebbe rag­giunto die­tro le quinte un’intesa con Israele per evi­tare nuove esca­la­tion bel­li­che. Un accordo che il movi­mento isla­mico ha impo­sto alle altre for­ma­zioni pale­sti­nesi pre­senti a Gaza.

Il caso di Moham­med Allan è seguito da tutta la popo­la­zione pale­sti­nese. Mani­fe­sta­zioni e raduni si sono svolti ovun­que. Venerdì mat­tina a Geru­sa­lemme, durante le pre­ghiere isla­mi­che, decine di pale­sti­nesi hanno scan­dito slo­gan sulla Spia­nata delle moschee per chie­dere la sua libe­ra­zione imme­diata. Altri si sono radu­nati davanti all’Ospedale Bar­zi­lai. Per con­tra­stare le pro­te­ste pale­sti­nesi è scesa in campo la destra israe­liana più radi­cale. Mer­co­ledì scorso un lea­der dei coloni, Baruch Mar­zel, ha gui­dato una con­tro­ma­ni­fe­sta­zione per bloc­care 200 avvo­cati pale­sti­nesi che in strada, poco lon­tano, espri­me­vano soli­da­rietà al loro collega.

Ori­gi­na­rio di Eina­bus (Nablus), Allan attua uno scio­pero della fame totale da 60 giorni, per pro­te­stare con­tro la “deten­zione ammi­ni­stra­tiva”, senza pro­cesso e capi di accusa pre­cisi, che lo tiene in car­cere in Israele dallo scorso novem­bre. Ha rifiu­tato qual­siasi trat­ta­mento medico, vita­mine o mine­rali, spie­gando che l’unica cosa di cui ha biso­gno è la libertà. Una nuova legge appro­vata dalla Knes­set per­met­te­rebbe al governo di chie­dere al per­so­nale medico del Bar­zi­lai di ali­men­tarlo con forza. Ma il comi­tato etico dei medici israe­liani si oppone ad una misura che i cen­tri per i diritti umani descri­vono come una forma di tor­tura. Per que­sto al Bar­zi­lai non sono andati oltre la som­mi­ni­stra­zione endo­ve­nosa di far­maci salva-vita e solu­zioni saline che non lo hanno ali­men­tato, rispet­tando il volere che il dete­nuto aveva espresso nei giorni scorsi. Le con­di­zioni di Moham­med Allan restano cri­ti­che, la madre lo con­si­dera già uno sha­hid, un “mar­tire”. Ha per­duto in parte la vista a causa del lungo digiuno. Dovesse morire in car­cere, i Ter­ri­tori pale­sti­nesi occu­pati si tra­sfor­me­ranno in campi di battaglia.

 

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