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22 giugno 2015

 

Benjamin in Palestina: sul Luogo e Non-Luogo del pensiero radicale

di Oliva Vecellio

 

Aperte fino al 31 luglio le candidature di studiosi, attivisti ed artisti al workshop sui testi fondamentali del filosofo della “tradizione degli oppressi”

 

Roma, 22 giugno 2015, Nena News –  

 

Il prossimo dicembre Ramallah sarà la cornice di una conferenza/workshop internazionale sul pensiero del filosofo Walter Benjamin intitolata “Benjamin in Palestine: On the Place and Non-Place of Radical Thought” . Si tratta di un’iniziativa sostenuta dal Goethe Institute di Ramallah e ideata da alcuni discepoli del filosofo tra cui Sami Khatib, allievo tedesco-palestinese di Benjamin ed ex docente alla Freie Universität di Berlino, Paula Schwebel, di origine ebraico-canadese, anche lei allieva del filosofo tedesco e docente alla Ryerson University di Toronto, e di Udi Aloni, regista, artista e scrittore basato a Berlino. A questi nomi si aggiungono quelli di autorevoli consiglieri internazionali quali Judith Butler e Slavoj Žižek e altri membri del comitato organizzatore: Kelly Gawel, Sarah Kamens, Lara Khaldi, Yazan Khalili.

Convinti che una celebrazione meramente accademica non rendesse giustizia alla “tradizione degli oppressi” invocata dal filosofo contro ogni forma di dominio o di “storia dei vincitori”, gli organizzatori han ritenuto centrale la questione del come e dove parlare di Benjamin ed han scelto di farlo a Ramallah, invitando non solo accademici ma anche attivisti ed artisti, in linea con l’interdisciplinarietà e l’antidogmatismo propri della riflessione benjaminiana. Parlare di Benjamin in Palestina quindi come “atto politico” sia in quanto tentativo di infrangere il boicottaggio accademico e culturale esistente de facto ai danni dei Palestinesi sia perché significa affrontare i temi del regime di occupazione, dell’organizzazione statuale, della teocrazia, del binazionalismo e della lotta di liberazione nazionale.

 

Pensatore, filosofo e critico, Benjamin nasce a Berlino nel 1892 da una famiglia benestante ebreo-tedesca ed è testimone di entrambe le Grandi Guerre. Per sfuggire alla violenza nazista si toglie la vita nel 1940 nel piccolo paesino di Port-Bou, dopo che gli viene negato il permesso di entrare come rifugiato in Spagna in base a nuove norme entrate in vigore il giorno stesso.

“La sua stessa morte – dichiarano gli organizzatori – è imputabile a una violenza di stato normalizzata e prova dunque l’arbitrarietà della giurisdizione statuale sulle vite semplici delle persone”. Si tratta di una denuncia, quella dell’inconciliabilità di giustizia e legge statuale, già espressa da Benjamin medesimo nella sua opera “Critica della violenza” del 1921. Con lucida chiaroveggenza Benjamin mette in guarda nei suoi scritti sui pericoli imminenti per l’umanità, in primis la complicità tra civilizzazione e barbarie, tra quello che alcuni considerano progresso e i cadaveri e le rovine che esso lascia sulla propria strada.

 

Il progetto Benjamin in Palestina si compone di tre momenti: una giornata di apertura dedicata al pensiero del filosofo (6 dicembre), un workshop sui testi chiave di Benjamin (7-9 dicembre) ed infine una conferenza internazionale (10/11 dicembre). Entro il 31 luglio potranno proporre la propria candidatura per partecipare studiosi locali ed internazionali, attivisti, scrittori e artisti impegnati sui fronti dell’estetica, dell’economia politica, della teologia politica, della decolonizzazione, degli studi sui rifugiati in Medio Oriente. Nena News

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