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22 aprile 2015

 

Olivier Roy: "Ci siamo illusi di essere una fortezza, ora l'Europa agisca per aiutare chi fugge"

di Anais Ginori

 

Lo studioso dell'Islam, professore all'Istituto universitario europeo di Firenze: "L'Ue ha fallito due volte, ha creduto di poter chiudere le frontiere ai migranti e ha abbandonato una politica estera comune nel sud del Mediterraneo. L'unica soluzione è lanciare una cooperazione con i Paesi della regione"

 

"L'EUROPA ha fallito due volte: si è illusa di poter rendere ermetiche le proprie frontiere e ha abbandonato una politica estera comune nei confronti del sud del Mediterraneo". E' severo il giudizio dell'orientalista Olivier Roy. Lo studioso dell'Islam, professore all'Istituto universitario europeo di Firenze, non critica solo il naufragio morale ed etico di un'Unione che rinnega i suoi valori, ma denuncia anche la perdita di una visione di quella culla della civiltà che è il Mare nostrum, ora trasformato in un immenso cimitero. La crisi del controllo dei flussi migratori, spiega Roy, mostra tutti i limiti della governance dell'Europa. "La soluzione per evitare nuovi drammi è soprattutto politica. Bisogna agire per stabilizzare la Libia e costruire accordi bilaterali con tutti gli altri paesi della regione".

 

L'Europa avrà finalmente il coraggio di fare qualcosa?

"Di sicuro l'Italia non deve essere lasciata da sola anche perché solo con un coordinamento europeo potranno essere evitati nuovi drammi. Inoltre dobbiamo evitare inutili confusioni. Le immigrazioni massicce non vengono dai paesi della riva sud del Mediterraneo, dal Marocco all'Egitto. Pochi migranti provengono da questi paesi. C'è un flusso di rifugiati che transita da queste coste ma arriva da altri paesi in guerra, come la Siria, e che si candida all'asilo politico. E poi ci sono i migranti di altre nazioni africane, in fuga dalla povertà. Per loro, nel breve periodo c'è poco da fare".

 

Alla fine tutti però cercano di passare dalla Libia?

"L'anarchia politica a Tripoli favorisce l'immigrazione verso l'Europa. Piaccia o non piaccia è così. Guardiamo ai fatti. Se l'obiettivo è ripristinare la frontiera libica occorre ricreare un governo stabile a Tripoli. E quindi non è una faccenda che si risolve in poche settimane. Purtroppo ci potranno essere altre tragedie in mare nel breve periodo".

 

E' quello che propone il piano dell'Alto Rappresentante Federica Mogherini?

"Il piano di Mogherini per la Libia tenta di promuovere la riconciliazione nazionale. E' una strada percorribile solo se c'è accordo tra le parti. Al momento non c'è. Gli egiziani appoggiano il governo di Tobruk che non vuole fare accordi. Anche le frange dell'Is presenti in Libia non hanno nessuna intenzione di sedersi a un tavolo dei negoziati. Parlare di riconciliazione nazionale in Libia è solo una bella speranza. Al momento non ci sono neppure le premesse".

 

L'alternativa è l'intervento militare?

"L'Egitto e l'Arabia Saudita spingono sui nostri governi affinché ci sia un sostegno militare al governo di Tobruk contro Tripoli per riconquistare la Libia. Sarebbe un'operazione molto rischiosa e il pericolo di ritrovarsi impantanati in una guerra civile è alto. Nel contesto attuale è difficile scegliere un campo contro l'altro, anche perché ci sono varie sfumature all'interno dei vari gruppi e non si può fare una distinzione netta tra "buoni" e "cattivi"".

 

Il dramma di domenica scorsa sta provocando una presa di coscienza?

"La pressione dell'opinione pubblica sui governi costringere i leader ad agire. Ma non è certo un'agenzia come Frontex, con pochi mezzi, che può assicurare un controllo della riva sud del Mediterraneo. Nell'immediato l'unico sistema per fermare nuovi naufragi sarebbe creare un blocco marittimo intorno ad alcuni porti libici".

 

Come dovrebbe essere fatto questo blocco?

"Intanto, cercando accordi con gruppi locali. E poi creando una task-force europea in mare. Una flotta che possa impedire ai barconi di salpare in mare, pattugliando le acque territoriali libiche. Equivale ad avanzare la frontiera dell'Ue, con problemi tecnici e di diritto internazionale. E' un atto di guerra, ma meno rischioso per l'Europa dal punto di vista militare".

 

Per i migranti non sarebbe lo stesso pericoloso?

"E' solo un modo di allontanare il problema, senza risolverlo davvero. L'alternativa sarebbe aprire le frontiere, ma è una soluzione che nessun governo vorrà mai fare, a causa delle forze populiste e xenofobe presenti in molti paesi. La verità è che l'Europa non potrà mai diventare una fortezza. Può cercare di controllare, limitare l'arrivo di nuovi migranti. Ci può essere una migliore distribuzione tra i paesi dell'Ue. Ma non si possono erigere dei muri in mezzo al mare".

 

Perché questa incapacità di creare una politica europea per il Mediterraneo?

"Si era parlato qualche anno fa dell'Unione del Mediterraneo. Erano solo parole, non significava niente. L'unica cosa che vale è avere un approccio geopolitico rispetto a quello che sta accadendo nella regione, lanciando una cooperazione concreta con i vari paesi. I paesi arabi non possono essere trattati come un gruppo omogeneo. Bisogna trattare in modo bilaterale con ogni governo. Non ci sarà mai un unico interlocutore".