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24 aprile 2015

 

A cosa servono i morti

di Stefania Ragusa

 

Novecento morti ad alcune cose possono bastare: a suscitare ondate di emotività e qualche senso di colpa; a suggerire un po’ di attenzione ai media e ai potenti la necessità di non mostrarsi indifferenti. Novecento morti non sono bastati, però, a lacerare il velo di ipocrisia che avvolge e ammorba l’Europa, questo continente rapidissmo ad accorrere in sostegno delle banche ma capace, di fronte alle vittime del Mediterraneo, solo di scaricare ogni responsabilità sugli scafisti e di vagheggiare a proposito di improbabili bombardamenti intelligenti. Sarebbe più onesto e serio, a questo punto, dopo anni di tentennamenti e finti passi avanti (come il processo di Khartoum), piantarla qui e ammettere che il diritto d’asilo l’Europa non lo riconosce più e che, in fondo, tanta importanza non gliel’ha mai data. Sarebbe stato più serio togliersi del tutto la maschera.

 

Apriamo questo numero del Corriere delle Migrazioni con una riflessione di Stefano Galieni, in cui si parla di tutto questo dettagliatamente.

Paolo Cuttitta, dalla Vrije Universiteit di Amsterdam, ci anticipa alcune informazioni su una ricerca che sarà pubblicata fra qualche giorno, che conferma su basi scentifiche l’inadeguatezza europea rispetto alla gestione dei flussi migratori.

Si resta nel Mediterraneo nell’articolo che ci propone Francesca Materozzi dove si parla delle proposte dell’associazione Pontes, composta da tunisini della diaspora.