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31/05/2015

 

Dalla Siria ad Atene: l’inferno senza uscita di Rami

di Anna Clementi

 

Non ci vogliono ma non ci lasciano andare. Per il governo greco siamo invisibili, ma non appena proviamo ad andarcene dalla Grecia, torniamo ad esistere e non ci permettono di lasciare il paese”.

 

Rami, nome di fantasia, da oltre due mesi, è sospeso in questo girone infernale senza uscita in cui tutto gli viene proibito. Ha provato a lasciare il paese via terra ed è stato prima picchiato e poi respinto dalla polizia macedone. Ha provato a nascondersi sotto un tir per arrivare via mare in Italia ma le autorità greche l’hanno scoperto ancora prima che salisse sulla nave. Ha anche tentato di farsi un passaporto falso e di prendere un aereo verso l’Europa ma anche in quel caso non ha avuto fortuna.

E così da oltre due mesi Omonia è diventata la sua casa. Una piazza popolare nel cuore di Atene, dove Rami assieme ad altri 8 siriani trascorre le sue giornate. “La sera è il momento più pericoloso. La zona è frequentata da spacciatori, da drogati, da ubriachi. Di notte non riusciamo a dormire. Abbiamo paura”. Qualche materasso buttato per terra, delle coperte sporche e bagnate, dei sacchetti di plastica e qualche pacchetto di cibo confezionato. Questa è la sua casa, questa è la sua vita.

“Chi avrebbe mai detto che in Europa mi aspettava tutto questo? A questo punto sarebbe stato meglio morire in Siria, almeno lì sarei stato nel mio paese, nella mia casa. Non chiedo niente alle autorità greche, solo di lasciarmi uscire da qui. Non mi vogliono, perché non mi permettono di andarmene?”.

Rami ha 24 anni ed è un curdo yazidi originario della città di Afrin, nel nord della Siria. Fino al 2012 era proprietario di un piccolo negozio di vestiti vicino ad Aleppo. Con l’aggravarsi della situazione in Siria e con l’avanzare dell’ISIS, Rami è stato costretto ad andarsene perchè minacciato dai combattenti dello Stato Islamico. Ha trovato rifugio ad Istanbul ma anche lì, dopo qualche mese di pace, sono ricominciati i problemi: alcuni esponenti dell’ISIS, infiltrati in Turchia, hanno dato fuoco alla sua casa. Rami è così scappato in Grecia via mare – il confine via terra è praticamente inaccessibile – e ha raggiunto l’isola di Chios dopo aver pagato un’ingente cifra ai trafficanti.

Lì sono stato identificato dalla polizia greca e tenuto per una settimana in un centro di identificazione, che è una vera e propria prigione. Eravamo ammassati l’uno sull’altro in una stanza enorme dove c’erano almeno 300 persone. Ci veniva dato poco cibo. Nessuno ci diceva nulla, eravamo lì in attesa. Poi mi hanno rilasciato e sono subito venuto qui ad Atene. Non mi è stato rilasciato nessun documento dalle autorità greche: avevo con me solo un foglio che attestava che ero entrato illegalmente in Grecia. Ed ero senza soldi, avevo speso tutto per il viaggio”.

Rami ora sopravvive anche se la cosa più difficile che riesce a fare è continuare ad avere speranza. Il suo sogno era quello di comprarsi una casa, di sposarsi, di fare dei figli, ma con la guerra in Siria tutto è cambiato. Per mesi non è più riuscito a mettersi in contatto con i suoi genitori, ha vissuto da solo, senza punti di riferimento, senza parenti né amici. E ora in Grecia si trova intrappolato in una situazione surreale che lui stesso non riesce a comprendere del tutto.

Non mi sarei mai aspettato che la situazione in Grecia fosse così grave. Siamo in Europa, o mi sbaglio? Siamo o no in quell’Europa che parla di democrazia, di diritti umani e di rispetto delle vite umane? Ma le vite di chi? E’ la stessa Europa che poi chiude i confini e che uccide la gente in mare? Che futuro possiamo avere noi, che futuro abbiamo il diritto di avere? Mio fratello è riuscito ad arrivare in Germania e ha da poco avuto un figlio. Quando guardo le foto di questo piccolo angioletto che dorme tranquillo penso a tutti quei bambini siriani che non possono avere un futuro. A tutti quei bambini siriani intrappolati sotto le bombe e a quelli che, sparpagliati per i paesi arabi, sono costretti a mendicare per le strade ”.

 

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