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01.09.2015

 

Cos'è Schengen e perché la sua abolizione sarebbe un suicidio economico e politico per l'Europa

di Marta Panicucci

 

In questi mesi estivi di sbarchi e morti nel Mediterraneo non si fa altro che parlare di immigrazione selvaggia, frontiere deboli, trattati europei da abolire e confini da presidiare. E l’enorme quantità di persone pronte a rischiare la vita per lasciare il proprio Paese spaventa l’Europa al punto da portare i suoi Paesi membri a mettere in discussione se stessa.

Negli ultimi giorni ha fatto scalpore la presa di posizione del Regno Unito contro l’immigrazione dei cittadini europei senza lavoro, accusati di bivaccare a Londra e dintorni godendo del sistema del welfare inglese. E così in un clima di crescente fobia da migranti e benzina gettata sul fuoco dell’ignoranza c’è chi invoca l’abolizione del trattato di Schengen come panacea di tutti i mali del Mediterraneo.

Il trattato di Schengen del 1985 ha creato uno spazio (di Schengen appunto) in cui è garantita la libera circolazione delle persone. Gli Stati europei aderenti hanno abolito le frontiere interne sostituendole con un'unica frontiera esterna sulla quale è stata rafforzata la cooperazione dei corpi di polizia e delle autorità giudiziarie. La cooperazione Schengen è stata inserita nel quadro legislativo dell'Unione europea attraverso il trattato di Amsterdam del 1997 che ha definito regole e procedure comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d'asilo e controlli alle frontiere.

 

In sostanza Schengen prevede:

 

- l'abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere interne;

un insieme di norme comuni da applicare alle persone che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri UE;

- l'armonizzazione delle condizioni di ingresso e delle concessioni dei visti per i soggiorni brevi;

- il rafforzamento della cooperazione tra la polizia (compresi i diritti di osservazione e di inseguimento transfrontaliero);

- il rafforzamento della cooperazione giudiziaria mediante un sistema di estradizione più rapido e una migliore trasmissione dell’esecuzione delle sentenze penali;

- la creazione e lo sviluppo del sistema d’informazione Schengen (SIS).

 

Lo spazio di Schengen creato inizialmente da cinque Paesi europei ha subìto numerose evoluzioni. Attulamente è composto da 26 paesi europei, di cui 22 membri dell’UE. Bulgaria, Cipro e Romania non sono ancora membri a pieno titolo dello spazio Schengen, mentre Gran Bretagna e Irlanda hanno aderito al Trattato soltanto in parte e non rientrano nell’area di libera circolazione di Schengen. Il Regno Unito per esempio, nel 1999, ha chiesto di partecipare ad alcuni aspetti del trattato europeo: la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, la lotta contro il narcotraffico e il SIS.

 

 

Nelle ultime settimane il Trattato di Schengen è stato preso di mira come se fosse il responsabile dei problemi europei legati all’immigrazione. “L’accordo di Schengen, che consente di muoversi liberamente nell’UE è responsabile della morte di centinaia di migranti che scappano dalla Siria per finire nelle grinfie dei trafficanti di esseri umani. Proprio per questo va fatto a pezzi”. A parlare così è il Ministro dell’Interno britannico, Theresa May, che in una lettera al Sunday Times annuncia una stretta sui migranti, compresi gli europei, accusati di arrivare nel Regno Unito senza lavoro pronti a scroccare assistenza al welfare britannico.

L’annuncio proveniente da Londra, ovviamente, ha acceso gli animi dei politici italiani e non solo che chiedono da tempo l’abolizione di Schengen per bloccare l’arrivo dei migranti e la difesa dei nostri confini. Ciò che sfugge a questi paladini sono principalmente due questioni: il fatto che Schengen c’entra poco o niente con gli immigrati del Mediterraneo e le conseguenze di ordine economico e politico di un’eventuale abolizione del trattato.

Nonostante sia cosa ovvia, di questi tempi è forse utile ribadire che la Libia così come tutti gli altri Paesi da cui provengono i migranti non fanno parte dell’area Schengen. E inoltre il Trattato, aprendo le frontiere interne degli Stati europei, aveva come obiettivo il rafforzamento di quelle esterne prevedendo una maggior cooperazione tra le forze di polizia europee. Mina Andreeva, portavoca della Commissione europea, dopo le dichiarazioni di Londra e l’evidente confusione creata intorno al Trattato ha dovuto precisare che i migranti "non sono cittadini Ue con il diritto alla libera circolazione. Sono persone che scappano dalla guerra, i cui diritti sono garantiti dal diritto internazionale, in cerca di prospettive economiche migliori per loro stesse e le loro famiglie". Il Trattato di Schengen quindi non c’entra niente. Più giustificate dal punto di vista prettamente italiano sono invece le critiche al regolamento di Dublino. Questo infatti ha stabilito che lo Stato membro competente all'esame della domanda d'asilo del migrante sia lo Stato in cui il richiedente asilo ha fatto il proprio ingresso nell’Unione Europea, lasciando così all’Italia il peso economico e gestionale dell’accoglienza delle domande d’asilo. Ma questo è un altro discorso.

Torniamo a Schengen. Appurato quindi che non è il responsabile dell’arrivo di migliaia di migranti dell’Africa cerchiamo di capire quali sarebbero le conseguenze di un’eventuale abolizione. Il diritto alla libera circolazione dei cittadini europei è parte integrante del mercato unico nato per stimolare la crescita economica dell’Europa dando alle persone la possibilità di viaggiare, acquistare e lavorare all’interno dei confini europei. La circolazione dei cittadini rappresenta per i Paesi europei una maggior ricchezza in termini puramente economici, ma anche intellettuali, di cervelli e talenti che possono studiare, viaggiare, conoscere e mettersi al servizio della crescita di uno o più Paesi.

Il Guardian ha rivelato che il Governo di Londra, nonostante la recente presa di posizione, considera una parte della crescita del PIL britannico legata ai migranti che lavorano e studiano nel Paese. Un giovane che entra in un Paese europeo grazie a Schengen produce valore aggiunto in termini di contributi e tasse. E certamente pesa sulle casse del sistema sanitario o assistenziale meno di un anziano locale. Ai lavoratori si aggiungono gli studenti universitari o post-laurea pronti con valigia in mano e portafogli pieno per pagare costosi master o corsi di specializzazione aiutando a tenere a galla i vari sistemi scolastici.

Infine, alla questione puramente economica si aggiunge quella politica. Il principio di libera circolazione di cittadini e del mercato unico europeo sono alla base dell’esistenza stessa dell’Europa. Questa, pensata come gli Stati Uniti d’Europa, come territorio in cui merci, persone e ricchezza si potessero muovere liberamente all’interno di una vera Unione, rischia di essere smantellata dalla paura e dall’ignoranza dei suoi stessi cittadini.

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