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03 Settembre 2015

 

Dirottati verso i campi profughi i rifugiati siriani alla stazione di Budapest Keleti

di Giulia Pracucci

 

Budapest – Questa mattina, dopo un primo stop generale dei trasporti verso ovest, è partito un convoglio dalla stazione di Budapest Keleti diretto in Austria. Purtroppo le speranze dei profughi sono state infrante quasi subito: Il treno si è fermato a Bicske, una cittadina a 35 km dalla capitale ungherese.

Ad attenderli fuori dal treno, i migranti hanno trovato poliziotti antisommossa e dei bus, pronti a portarli nel centro di accoglienza nelle vicinanze. La motivazione fornita è la mancanza di documentazione valida per entrare in Europa. I profughi si sono rifiutati, urlando “No camp!” e ben presto è iniziata la protesta. Alcune persone hanno occupato i binari, altre i passaggi sotterranei della stazione. Un altro gruppo ha deciso di salire nuovamente sul treno, decisi a non abbandonarlo. Non sono mancati malori e disagi, dovuti soprattutto al caldo rovente delle due del pomeriggio e alle condizioni di viaggio precarie, senza né cibo né acqua. James Mates, un report britannico di ITV News, si trovava sul posto e ha riportato alcune testimonianze in prima persona, compreso l’allontanamento di reporter locali e stranieri da parte delle autorità ungheresi. I rifugiati stessi, spaventati, hanno urlato ai giornalisti di non abbandonarli. In uno dei suoi ultimi tweet, Mates scrive: “Cosa ne sarà di queste persone? Qualsiasi cosa accada, non ci saranno telecamere a riprendere.”

Intanto, in mattinata, il premier ungherese Viktor Orban in visita a Bruxelles ne ha approfittato per prenderserla con l’Europa e con la Germania: “La crisi dei migranti non è un problema europeo. È un problema tedesco”, ha affermato, facendo riferimento all’annuncio che Berlino avrebbe trattato le richieste d’asilo dei siriani. La reazione di Angela Merkel non si è fatta attendere: “facciamo tutto ciò che è moralmente necessario”. Orban si è trincerato dietro la necessità di rispettere le norme europee di Schengen, annunciando un approccio ancora più duro a partire dal 15 settembre e invitando i profughi a restare in Turchia, oltre a confermare la sua contrarietà a qualsiasi quota di redistribuzione. Le sue parole sull’Europa e la civiltà cristiana (“non è preoccupante che la Cristianità europea riesca a malapena a mantenere l’Europa cristiana?”), tuttavia, non sono piaciute ai colleghi democristiani europei. Per il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, “riferirsi al cristianesimo in un dibattito pubblico sulla migrazione significa in primo luogo essere pronti a dimostrare solidarietà e sacrificio. Per un cristiano non dovrebbe essere importante di quale razza, religione e nazionalità siano le persone in difficoltà.”

Intanto da Budapest arriva una piccola parvenza di luce: una donna siriana ha dato alla luce una bambina, in un passaggio sotterraneo della stazione di Keleti, aiutati da alcuni volontari. Mamma e figlia stanno bene e sono fuori pericolo di vita. L’emblematico nome della bambina è Shems, che vuol dire appunto speranza.

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