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Martedì 19 gennaio 2016

 

Belmokhtar, un ritratto politico

di Marco Cochi

 

Dato più volte per morto, il terrorista algerino fondatore del gruppo al-Mourabitoun, è una figura di riferimento per le sue doti militari e politiche. In competizione con lo Stato Islamico.

 

Un asse del terrore che si sposta repentinamente dal Mali al Burkina Faso, che in meno di due mesi ha prodotto due micidiali attacchi costati la vita a più di cinquanta persone, di varie nazionalità, nell’intento di colpire la Francia e l’Occidente.

La sigla che ha rivendicato gli attentati è sempre la stessa: al-Mourabitoun, una delle più pericolose organizzazioni islamiste attive nell’intera area sahelo-sahariana e legata ad al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi).

Una galassia di estremismi presenti nel conflitto in Mali, che ha generato gli autori degli assalti agli hotel di Bamako e Ouagadougou (Burkina Faso), perseguendo, da almeno tre anni, l’intento di impossessarsi della regione per imporre la shari’a in un’enclave islamica del tutto indipendente.

Su questo oscuro disegno spicca la figura del più spietato e imprendibile terrorista dell’Africa nord-occidentale: l’algerino Mokhtar Belmokhtar, nome di battaglia Khaled Aboul Abbas, veterano mujaheddin del jihad antisovietico in Afghanistan, dove perse l’occhio destro in combattimento.

Ricercato dalle polizie di tutto il mondo e dato ben otto volte per morto, il terrorista era ai vertici di Aqmi, ma abbandonò il gruppo per contrasti con la centrale pakistana sulla gestione dei traffici illeciti. Belmokhtar è anche considerato la mente dell’attacco all’impianto petrolifero di Tigantourine, nella città algerina di In Amenas, dove, nel gennaio 2013, rimasero uccisi 29 dei suoi uomini e 38 ostaggi al termine di quattro giorni d’assedio.

Il leader salafita, mentre era alla guida della Brigata al-Mulaththamin, prese la decisione di fondare al-Mourabitoun per unire in un solo gruppo le principali organizzazioni filo-qaidiste che avevano preso parte al conflitto in Mali.

La sua ultima apparizione nota risale al giugno 2015 ad Adjabiya, in Cirenaica (Libia), per stringere legami con Ansar al-Sharia. Proprio in questa zona sarebbe stato ucciso durante un raid aereo americano, ma la sua eliminazione è stata immediatamente smentita dai vertici di Aqmi.

Poi, lo scorso dicembre, il leader di Aqmi, l’emiro Abdelmalek Droukdel, ha annunciato un riavvicinamento con al-Mourabitoun. Una decisione forse dettata dallo stesso Belmokhtar che, dopo la taglia messa sulla sua testa dallo Stato Islamico, potrebbe aver scelto di tornare nell’orbita del suo vecchio gruppo.

Qualunque sia la sorte toccata al terrorista algerino, dopo gli attacchi di Ouagadougou (16 gennaio) è evidente che il suo gruppo è pronto a raccogliere la sua tragica eredità.

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