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14 marzo 2016

 

Costa d’Avorio, un attentato maledettamente prevedibile

di Umberto Mazzantini

 

Al Qaeda all’attacco del turismo, simbolo della convivenza tra africani e occidentali

 

E’ la prima volta che la Costa d’Avorio viene presa di mira da attentati jihadisti, ma purtroppo non potrebbe essere l’ultima. Ieri nel centro balneare di Grand-Bassam, a una quarantina di Km da Abidjan, un commando islamista pesantemente armato ha aperto il d fuoco sui turisti che facevano il agno o prendevano il sole su una spiaggia di fronte a tre alberghi, uccidendo 16 persone, tra le  quali 2  uomini delle forze dell’ordine intervenute per fermare gli attentatori.

Dopo gli attacchi di Al-Qaïda au Maghreb islamique e dei suoi alleati del giugno 2015 nel sud del Mal, vicino alla frontiera ivoriana, la Costa d’Avorio sapeva di essere ormai nel mirino deli jihadisti, ma l’attentato ha comunque scioccato e sorpreso gli ivoriani.

L’attacco di ieri è stata una vera e propria azione di guerra che somiglia a quelle già viste in Mali e in Burkina Faso: un commando composto da 5 a 10 miliziani attacca obiettivi molto facili da colpire: caffè, alberghi, spiagge e ristoranti, in luoghi turistici, nel centro delle città o in piccole città poco controllate. La maggioranza delle vittime viene uccisa durante i primi minuti dell’attacco e gli assalitori – imbottiti di esplosivo e amati pesantemente – sono pronti a morire nello scontro successivo con le forze di sicurezza.

I terroristi godono di complicità nella fase di ricognizione dei luoghi degli attentati, per realizzare reti logistiche, nascondere le armi e i materiali necessari agli attacchi che, secondo i militari, non sono prevedibili. Le vittime musulmane interessano poco ai jihadisti, che quando va bene le vedono come danni collaterali, ma più spesso le ritengono complici e servi degli occidentali e degli ancora più odiati governi africani.

Jeune Afrique spiega che «Il piano antiterrorista – sull’esempio di Vigipirate in Francia – concordato dal  Conseil national de sécurité (CNS) era attivo dal gennaio scorso. Delle pattuglie della Brigade antiterroriste circolano già da diverse settimane nelle strade del Plateau e di Marcory ad Abidjan». Una fonte vicina ai servizi segreti ivoriani ha detto a Jeune Afrique: «Sapevamo di essere nel mirino. I nostri amici ci hanno allertato grazie a delle intercettazioni di comunicazioni satellitari tra i jihadisti che hanno come obiettivo il Paese. Eravamo già preparati».

Grazie a questi allarmi la risposta data dalle forze dell’ordine a Grand Bassam è stata efficace,  riuscendo probabilmente ad evitare che il commando islamista facesse molte più vittime e il governo dice di aver già sventato diversi attentati dall’inizio dell’anno, nei quali si volevano utilizzare autobomba o attacchi a luoghi pubblici. Ma alla fine gli uomini di Al qaeda sono riusciti a colpire dove fa molto male all’economia ivoriana: il turismo.

Negli ultimi mesi il  governo ivoriano aveva già aumentato la collaborazione con statunitensi e francesi e, secondo la fonte di Jeune Afrique, «L’esercito francese aveva informato gli ivoriani di uno schema di attacco scoperto durante un’operazione di attacco contro i jihadisti a Tessalit, nel Mali». Francia e Costa d’Avorio collaborano strettamente nella lotta contro il terrorismo e due specialisti francesi sono già a Grand Bassam e stanno lavorando con il Centre de coordination des décisions opérationnelles (CDDO). Anche l’Uninone africana ha rafforzato la sua presenza in Costa d’Avorio, inviando un consigliere militare e per la sicurezza: Malamine Konaré, figlio dell’ex presidente del Mali.

Oggi il presidente della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara, un alleato di ferro di Parigi che lo ha portato al potere anche con un intervento armato contro i suoi avversari, ha riunito il consiglio di ministri straordinario che si è complimentato con le forze speciali per aver eliminato il commando jihadista. Ma il governo si chiede anche come questo gruppo di Al-Qaïda au Maghreb islamique sia riuscito ad aprirsi la strada fino alla costa africana del Golfi di Guinea e agli alberghi frequentati dalla buona borghesia ivoriana e dagli stranieri, simbolo di una convivenza che i jihadisti vogliono distruggere ad ogni costo.

E’ evidente che le bande islamiste godono di complicità e che anche l’industria petrolifera e mineraria dei Paesi vicini potrebbe presto subire attacchi islamisti. Per questo la Costa D’avorio potrebbe avviare una cooperazione con il G5-Sahel (Mauritanie, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad) che da tempo rappresenta la prima linea Africana contro Al Quaeda e le altre organizzazioni jihadiste.   Ma per contenere questa minaccia la Costa d’Avorio, uscita da una guerra civile politica e dove gli aspetti religiosi c’entravano poco, conta soprattutto sulla cooperazione con i Paesi occidentali, cosa che però potrebbe farne proprio uno dei bersagli preferiti del terrorismo settario. Intanto, domani arriveranno in Costa d’Avorio il ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault e il suo collega agli interni Bernard Cazeneuve, per rassicurare il fedelissimo Alassane Ouattara che Parigi non molla la Costa d’Avorio, il suo cacao e le sue risorse.

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