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10 ottobre 2016

 

Scontri interetnici e con la polizia: 150 morti. Desalegn proclama lo stato d’emergenza

di C. Alessandro Mauceri

 

La polizia etiope è intervenuta per sedare gli scontri scoppiati durante i festeggiamenti della comunità Oromo per la fine della stagione delle piogge, ma nei conflitti che sono seguiti almeno 150 persone hanno perso la vita. Per questo il governo etiope ha annunciato sei mesi di stato d’emergenza. A dare la notizia è stato il primo ministro Hailemariam Desalegn, per il quale “Le ragioni dello stato d’emergenza stanno nel fatto che le forze che agiscono contro la pace in collaborazione con i nemici all’esterno del Paese agiscono per destabilizzare l’Etiopia, danneggiando la pace e minacciando la sicurezza e l’esistenza stessa delle persone”. Si tratta di una misura senza precedenti negli ultimi 25 anni.

Diverse le reazioni a questa decisione specie nella capitale di Addis Abeba. Secondo alcuni lo stato d’emergenza non è una soluzione. Altri invece hanno accolto positivamente la notizia affermando che se il governo avesse preso prima questa decisione, non ci sarebbero stati tutti i danni e gli scontri che hanno reso invivibile la capitale. Negli ultimi giorni i manifestanti hanno distrutto per protesta fabbriche, edifici pubblici e quanto trovavano sul proprio cammino. La decisione di adottare lo stato di emergenza potrebbe esacerbare gli animi e aggravare ulteriormente la crisi. All’annuncio del primo ministro infatti le opposizioni hanno denunciato il serio rischio che l’instabilità nel Paese possa aggravarsi.

L’origine reale del malcontento deriva da cause diverse. A cominciare dalla politica di land grabbing in atto in Oromia, che è una delle aree più ricche nel nord-est africano sia per la produzione agricola che per le risorse naturali. Da anni gli Oromo denunciano la pratica degli espropri e per questo il governo aveva dovuto ritirare il piano, ma le proteste sono continuate e le autorità hanno usato la forza per reprimerle.

Il primo ottobre la polizia ha arrestato Seyoum Teshome, intellettuale e docente universitario, che aveva denunciato su numerose testate internazionali quanto sta avvenendo nel paese; secondo il Committee to Protect Journalists sarebbe questa la ragione del suo fermo. In Oromia e in buona parte del paese, tra cui Addis Abeba, internet e i social media sono stati oscurati sugli smartphone.

Alla base delle proteste vi è inoltre il malcontento dei gruppi etnici Oromo e Amhara, che insieme costituiscono il 60 per cento della popolazione ma che si trovano sotto un governo controllato dalla della minoranza tigrina.

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