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Lunedì 01 Febbraio 2016

 

Il denaro di Boko Haram

di Marco Cochi

 

Rapimenti, estorsioni, rapine. Ma anche donazioni da parte di politici nigeriani, sostegno finanziario targato al-Qaida nel Maghreb islamico e finte attività umanitarie gestite da fondazioni islamiche. Così il gruppo terroristico si procura le risorse per tenere in scacco il nord-est della Nigeria.

 

L’ennesima carneficina perpetrata dai fondamentalisti di Boko Haram nella notte di sabato 30 gennaio nel villaggio di Daroli, nel nord-est della Nigeria, smentisce le recenti rassicurazioni del governo di Abuja, secondo le quali il gruppo non era ormai più in grado di organizzare attacchi convenzionali contro i civili nella zona settentrionale del paese.

L’organizzazione affiliata allo Stato islamico (Is), seppur indebolita dalla massiccia azione militare della Mnjtf, ha mantenuto inalterato il suo potenziale offensivo e viene lecito interrogarsi su come si finanzi una struttura che da sette anni mantiene costante la minaccia di attentati sul nord-est della Nigeria e sui paesi confinanti.

Uno dei comandanti militari di Boko Haram, ha dichiarato che all’inizio l’organizzazione avrebbe percepito cospicue donazioni dal governatore di Kano, Ibrahim Shekaraue, e dal governatore di Bauchi, Alhaji Isa Yuguda, entrambi accomunati dall’aperto dissenso verso le politiche del governo centrale.

Importanti somme di denaro sono arrivate in passato anche da al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), attraverso diverse waqf (fondazioni islamiche), oltre che dalle organizzazioni caritatevoli, che svolgono ufficialmente attività umanitaria, come l’al-Muntada al-Ilsami Trust, con sede a Londra, e la Saudi Arabia’s Islamic World Society.

Il gruppo per finanziarsi è ricorso anche ad altri metodi come le razzie nei villaggi, gli assalti alle banche, estorsioni e rapimenti di ostaggi. Quest’ultima attività ha costituito una fonte primaria di finanziamento per il gruppo islamista e risulta essere di gran lunga superiore anche alle cospicue donazioni di Aqmi.

È anche noto, che Boko Haram distribuisce le sue fonti di finanziamento attraverso un sistema di trasferimento di denaro chiamato hawala, basato su un’estesa e decentralizzata rete di mediatori e regolato da informali registrazioni, quindi molto complicato da tracciare.

Nel corso del tempo, tutti questi sistemi di finanziamento si sono rivelati assai efficienti, tanto che in passato alcuni funzionari nigeriani sono stati oggetto di inchieste per non aver saputo ricomporre la rete degli aiuti economici esteri ricevuti da Boko Haram.

Da tali premesse, non è peregrina l’ipotesi per cui gli estremisti nigeriani, stretti dall’offensiva della Mnjtf, abbiano giurato fedeltà allo Stato islamico principalmente per ricevere nuovi finanziamenti, considerando che l’Is è oggi il gruppo terroristico dotato di maggior potenza economica e che elargisce importanti somme di denaro alle formazioni jihadiste che manifestino volontà di affiliazione.

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Venerdì 29 gennaio 2016

 

Proselitismo Boko Haram

di Marco Cochi

 

L’organizzazione terroristica nigeriana continua a trovare nel nord del Camerun un rifugio e un terreno dove far attecchire il jihadismo. Complici un islam tradizionalmente rigido, le rivendicazioni dell’etnia kanuri e la mancanza di opportunità per i giovani.

 

L’ultimo attacco sferrato ieri da due kamikaze presso una scuola di Kerawa, nel nord del Camerun, ha provocato sei morti e numerosi feriti, compresi i due attentatori suicidi. Un bilancio meno tragico rispetto a quello dell’attentato che lunedì scorso a Bodo, sempre nel nord del Camerun, aveva devastato un mercato uccidendo 32 persone e ferendone 66.

Pur non essendo giunte rivendicazioni ufficiali, appare evidente che dietro le due azioni terroristiche ci siano i miliziani di Boko Haram, che da oltre quattro anni stanno lanciando attacchi nella regione, dove hanno ucciso centinaia di civili e numerosi soldati.

 

L’intensificarsi delle operazioni militari della MNJTF (Multinational, Joint Task Force) ha costretto molti membri dell’organizzazione a cercare rifugio fuori dalla Nigeria e grazie alla porosità dei propri confini, il Camerun è diventata la meta privilegiata di numerosi affiliati a Boko Haram in fuga.

 

L’infiltrazione degli islamisti nigeriani nel territorio camerunese è un’ulteriore conferma di come Boko Haram rappresenti ormai una minaccia regionale estesa anche al Ciad, Niger e Benin. Tra questi paesi, però, il Camerun in questo momento è quello maggiormente esposto alla sfida lanciata dagli estremisti nigeriani. Una pressione alimentata dallo sfavorevole contesto socio-economico, che ha fornito terreno fertile nel quale far crescere la minaccia jihadista.

 

Ci sono, inoltre, da rilevare le marcate differenze che influenzano il paese a livello religioso, le quali trovano origine nell’accordo anglo-tedesco, siglato nel novembre 1893, che ha suddiviso tra Nigeria e Camerun l’antico emirato di Adamawa, dove vigeva un islam rigido e conforme alla Sunna. L’attivismo religioso che animava questo territorio non si è mai attenuato e i musulmani della zona sono stati sempre ostili alla divisione e ai regimi laici introdotti in Camerun. Una premessa storica e religiosa essenziale per comprendere la diffusione del salafismo in questo paese.

 

Secondo le autorità di Yaoundé, il gruppo nigeriano già dal 2014 starebbe reclutando nuovi seguaci in Camerun, facendo leva sull’ideologia jihadista e il desiderio di riscatto sociale dell’etnia kanuri, presente nell’area altamente instabile del lago Ciad, a cavallo del triangolo di confine tra Ciad, Camerun e Niger.

La comune connotazione etnica ha dunque facilitato i legami tra i membri dell’organizzazione fondamentalista, ma il fattore più rilevante è riconducibile ai vantaggi economici offerti da Boko Haram. Quest’ultimo elemento, attrae soprattutto i giovani camerunensi in cerca di un lavoro e dell’acquisizione di uno status sociale, in un paese in cui la disoccupazione e la sottoccupazione raggiungono insieme il 69% innescando una situazione sociale esplosiva.

Un proselitismo praticamente identico a quello messo in atto dagli islamisti in Nigeria, che scaturisce da una fusione tra insorgenza etnica e radicalismo islamico, favorita dal sottosviluppo economico e dalla debolezza statale: un fenomeno pervasivo che non ha precedenti in tutta l’Africa.

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