Guarda il video: https://youtu.be/8jvpAnkPQ1o


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25 marzo 2016

 

Per me è giunta la fine. Il leader del Boko Haram ordina al resa

di Enrico Oliari

 

Incalzato dall’esercito nigeriano, supportato da militari del Benin, Ciad, Niger e Camerun, il Boko Haram ha ricevuto l’ordine di arrendersi.

In un video il leader del gruppo jihadsta-secssionista Abubakar Shekau ha ordinato ai suoi di fermare le ostilità, dopo una guerriglia di 7 anni fatta di oltre 20mila vittime e indicibili stragi, dai villaggi dati alle fiamme mentre la popolazione dormiva, agli attentati portati a termine con bambine-kamikaze, alle mattanze nelle chiese e nelle moschee.

Il Boko Haram, nome che tradotto significa “l’educazione occidentale è peccato”, ha portato avanti un’aspra lotta per la secessione degli stati nordoccidentali nigeriani di Adamawa, Borno e Yobe, arrivando a sconfinare nei paesi vicini ed anche lì ad attaccare le popolazioni inermi.

Nel videomessaggio Shekau, apparso debilitato e con vicino un kalashnikov e una bandiera dell’Isis, ha chiesto a Dio di perdonare i peccati commessi durante gli ultimi anni in cui sono morte oltre 20mila persone.

Il gruppo terrorista era fino allo scorso anno alleato degli al-Shabaab somali, legati ad al-Qaeda, da cui riceveva finanziamenti, ma poi ha dichiarato la propria adesione all’Isis di Abu Bakr al-Baghdadi con l’intento di costituire la frazione nigeriana del Califfato. Percepiva inoltre fondi dal Gspc (Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento), ma l’intento di Abubakar Shekau era quello di mettere le mani sulle ricche risorse minerarie del nord-est della Nigeria.

In occasione dell’assemblea dell’Unione Africana di Addis Abeba del 2015 il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon, era intervenuto sostenendo la proposta di invio di una missione internazionale dell’Ua di 7.500 uomini per combattere il Boko Haram, ed aveva affermato che “Appoggio la decisione dell’Unione Africana e dei paesi della regione di costituire una Task force multinazionale congiunta”, alla quale avevano aderito le nazioni interessate dall’emergenza.

Nelle ultime settimane l’offensiva dei militari è stata particolarmente intensa ed ha portato all’uccisione di molti jihadisti e alla liberazione di diversi ostaggi.

Tra le stragi più eclatanti vi è quella del 7 maggio 2014 di Gamboru Ngala, dove sono stati sterminate 300 persone del villaggio, compresi i bambini; la mattanza di Baga, durata dal 3 al 7 gennaio 2015, in cui sono stati distrutti 16 villaggi e la città di Baga: secondo le autorità le vittime sarebbero state 150, ma le numerose testimonianze dei locali ed Amnesty International, che è ricorsa alle immagini satellitari, hanno riportato un bilancio di 2mila morti e di 3.700 abitazioni danneggiate o bruciate; gli ultimi gravi fatti in ordine di tempo sono l’attacco a Dalori del 30 gennaio, 86 morti tra cui molti bambini, e il 16 marzo l’ennesima strage compiuta da donne-kamikaze ad una moschea di Maiduguri, 22 morti.

Ha fatto scalpore il rapimento delle 276 studentesse della scuola femminile di Chibok il 14 aprile 2014 per farne mogli e schiave, ma non si è trattato dell’unico atto del genere, tanto che spesso i rapimenti dei minori sono serviti per trasformare i ragazzi e i bambini in soldati.

Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, succeduto nell’aprile 2015 a Goodluck Jonathan, aveva garantito in campagna elettorale la sconfitta del Boko Haram: musulmano, ex militare di ferro e uomo dalla vita austera, aveva ottenuto i voti anche della popolazione cristiana, proprio perché visto come l’uomo in grado di porre fine alla guerriglia.

E’ ancora preso per valutare la fine delle ostilità da parte dei terroristi, ed i militari hanno fatto sapere che le operazioni di smantellamento dei gruppi jihadisti continueranno, anche perché è pochi giorni fa il rapimento nello stato di Adamawa di 16 donne.

Certo è che fa ben sperare quel “Per me è giunta la fine” pronunciato da uno sconfitto Abubakar Shekau.

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