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04/01/2013

 

Permacultura: che cos'è? Quattro passi nell'agricoltura “del non fare”

 

La permacultura raccontata da chi la conosce bene e la vive tutti i giorni. Barbara Nappini, “braccia rubate alla grafica pubblicitaria”, dopo anni di lavoro nella moda (forse per contrapposizione) ha sviluppato un amore viscerale per la Terra. Entusiasta autodidatta e apprendista contadina, qualche anno fa lascia Firenze per trasferirsi in Valdambra: qui inizia a gestire con la famiglia una piccola fattoria. E solo con agricoltura biologica e permacultura, coltivano ortaggi, grani antichi per fare “il pane buono”, organizzano laboratori e soggiorni per ragazzi, collaborano con Slowfood, promuovono l'educazione ambientale e la sostenibilità. Ecco la prima puntata del suo appassionato e appassionante viaggio nella permacultura.

Venite con me? Vi porto a fare quattro passi nella permacultura: è un sentiero delizioso e sorprendente quello in cui vi chiedo di seguirmi: sebbene anch’io mi ci sia addentrata da non molto, so per certo che il percorso è lungo e ancora in parte inesplorato!

I padri di questa “visione” delle cose hanno sperimentato metodi partendo da una poetica (e scientifica) fiducia nella natura e nei processi naturali: Masanobu Fukuoka, Emilia Hazelip, Bill Mollison, David Holmgren, sono i principali nomi di riferimento. Partendo dall’osservazione di ciò che avviene spontaneamente in natura essi hanno avuto un’idea rivoluzionaria: un’agricoltura in armonia con la natura stessa, che non utilizza tecnologie e non produce inquinamento, un’agricoltura che è stata definita: l’agricoltura del Non Fare.

Partendo dalla parola, si può trovare scritto:

                        permacoltura: agricoltura permanente

                        permacultura (nell’accezione più ampia): cultura agricola permanente

Scendendo nel merito del significato, si tratta di un sistema di progettazione teso alla sostenibilità e all’autosufficienza.

A un primo livello la permacultura riguarda piante, orti, terreni, infrastrutture da fattoria; tuttavia, attraverso un approccio sistemico alla realtà, studia le relazioni tra i vari elementi che la compongono: valorizzandone le peculiarità e mirando a creare dei sistemi di massima efficienza e minimo impatto ambientale; si può dire che a un secondo livello essa riguarda “tutto”.

“Take your own responsability”: la permacultura chiama ognuno di noi a prendersi le proprie responsabilità verso quello che ci circonda, verso quello che ci necessita, verso i nostri scarti. Così, partendo dal presupposto che il cibo è un bisogno primario, tutti noi siamo chiamati a produrre del cibo in nome di questa responsabilità!

La permacultura lavora CON piuttosto che CONTRO la Natura in un’ottica antitetica all'antropocentrismo tipico dell’agricoltura convenzionale: l’intervento umano è ridotto al minimo necessario, di conseguenza anche l’utilizzo di mezzi meccanici e la fatica!

Essa coniuga le moderne conoscenze scientifiche (biologia, selvicoltura, architettura, zootecnia, ecc) con i metodi di coltivazione tradizionali: ci indica un cammino nuovo, affascinante, sostenibile e… un po’ magico!

La permacultura è un sentiero che tutti noi – senza essere scienziati ma piuttosto creativi! – possiamo percorrere sperimentando, sbagliando e ritentando per creare – per quanto ci è possibile – un sistema a ciclo chiuso autosufficiente e sostenibile.

 

La passeggiata che propongo mira ad incuriosirvi e ad approfondire, nei prossimi post, questi argomenti:

 

1.   I modelli naturali e gli irrinunciabili alleati: patterns, pacciamatura e compost               

2.   Progettazione di orti domestici in piena terra e orti urbani su balconi: si disegna un orto?

3.   Lasagna gardening: si ma come si fa?

 

Allora, venite?

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