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07.08.2016

 

Terrorismo e filosofia: nuove mappe mentali

di Costantino Ceoldo

 

Quando non si tratta di stragi sanguinarie come in Francia (dove hanno mostrato una pianificazione particolarmente accurata ed articolata), quelli condotti da un singolo individuo che si scopre in seguito essere una persona "problematica" (come in Germania in occasione della strage al McDonald's il cui attentatore pare fosse un giovane vittima del bullismo) presentano ugualmente dei punti oscuri che rendono difficile credere alla pura e semplice versione ufficiale. Versione che viene comunque accettata dalla gente comune per un insieme variegato di motivi: fiducia nel governo, patriottismo ma anche semplice apatia.

 

Tutti gli attentatori muoiono, uccisi dalla polizia che interviene sul posto come un moderno Orlando furioso (e vendicativo) ma privandoci purtroppo della possibilità di interrogare l'artefice diretto del crimine. In altre parole: in ogni caso muore chi avrebbe le cose più interessanti da dire. 

 

Per qualcuno viviamo in tempi così insicuri da richiedere leggi speciali e liberticide: un inevitabile scotto da pagare per limitare i danni e restare vivi. Meno liberi ma più vivi è quindi una formula accettabile per chi è disposto a sacrificare la libertà costata decenni di lotte sociali. Ma siamo veramente decisi a privarci delle nostre libertà per qualche scampolo di sicurezza? Il giudizio di Benjamin Franklin al riguardo è lapidario e senza appello.

 

Abbiamo posto alcune domande al filosofo Diego Fusaro, così da capire meglio questa situazione.

—  Tutti i recenti attentati sono stati rivolti contro persone comuni e indifese: chiaramente questo rende massimo il risultato cercato. Secondo lei ci sono anche altre ragioni nella scelta dei bersagli?

— Se in tutti gli attentati puntualmente si va a colpire la gente comune, lavoratori, studenti, operai, precari ed ultimamente anche preti di campagna, ovviamente desta sospetto il fatto che mai una volta vengano colpiti i centri della finanza, del potere, i centri della delocalizzazione, della politica. Se non fosse che ci ripetono tutti i giorni che è l'Islam, sembrerebbe invece quasi che sia una lotta di classe che i dominanti stanno conducendo contro i dominati per destabilizzarli, terrorizzarli, indurli alla paura ed evitare conflitti di classe.

— I ricchi sono sempre una minoranza e vivono in enclave isolate e protette, più facili da difendere…

— Ovviamente i ricchi sono protetti, si proteggono. Sono attenti, più difficilmente attaccabili e quindi non sono mai loro a subire questi attacchi. Ma, a mio giudizio, si può anche dire che questi attacchi non devono colpire i ricchi: devono colpire i poveri proprio perché siano terrorizzati sempre ed accettino la loro situazione disperata senza fare rivendicazioni.

—  Insomma, perché uccidere chi ti paga? I terroristi non hanno mai attaccato i centri di potere sauditi, qatarioti, israeliani, statunitensi. Non hanno mai attaccato Wall Street o la City di Londra. Si tratta di elementare riconoscenza?

— Più che di riconoscenza si tratta del fatto che questo terrorismo giova alla lotta di classe perché serve esattamente al potere (non voglio dire che sia lui ad organizzarlo) che sicuramente ne trae beneficio perché terrorizza i servi, perché sposta l'attenzione dalla lotta di classe al nemico Islam, dalla lotta di classe di Marx allo scontro di civiltà di Huntington e quindi in qualche modo frammenta il conflitto. Questo terrorismo pone in conflitti gli islamici con i cristiani ed il conflitto non va mai dal basso verso l'alto, verso la finanza ed il capitale.

— Benjamin Franklin disse che chi rinuncia alla libertà in cambio della sicurezza non merita né l'una né l'altra. Secondo lei questa frase è ancora attuale?

— Franklin aveva assolutamente ragione, oggi più che mai valido. Oggi si usa la sicurezza per togliere la libertà: è il paradigma securitario, come voglio chiamarlo con Michel Foucault. In forza del quale ci stanno togliendo una dopo l'altra le libertà giustificando questa scelta non neutra con il terrore, in nome della sicurezza.

—  Come uscire da questa situazione?

— Per uscire da questa situazione occorre ricategorizzare la realtà, respingere al mittente le mappe che esso vorrebbe che noi utilizzassimo, coniare nuove cartografie del reale, nuove letture e quindi anche nuove letture del terrorismo che si sottraggano alla versione ufficiale e che quindi verranno bollate come complottiste, o dietrologiche, come accade per tutto ciò che mette in discussione la visione ufficiale o dominante.

—  Gli assassini materiali sono sempre i terroristi jihadisti ma tra quelli morali non c'è forse anche il soddisfacimento carnivoro di un continuo carpe diem, che priva di nerbo e vigore l'homo videns occidentale?

— Si continua a dire che il colpevole è l'Islam ma dal punto di vista islamico questo è puro nichilismo vuoto e senza valori quindi non c'entra nulla secondo me con la religione islamica e cristiana. E' solo un modo per squalificare le religioni: si parla spesso di guerra di religione invece è una guerra alla religione che è sotto attacco da parte del capitale economico e dominante che non vuole religioni della trascendenza e vuole solo il monoteismo del mercato.

— L'assassinio del prete francese, sgozzato in chiesa durante la messa, potrebbe costituire scuotere l'Occidente dal suo torpore?

— Non so se scuoterà l'occidente dal torpore: sicuramente è un fatto che desta preoccupazione, paura, un fatto che deve essere condannato. E' una cosa molto grave. Voglio dire: è un prete sì, rappresenta la religione cristiana, ma è un uomo comune anche, uno del popolo, un prete di provincia. Non è un alto prelato che sta ai vertici: non dimentichiamo sempre il conflitto di classe, ecco, la base contro il vertice.

 

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