Il Manifesto

http://nena-news.it

19 gen 2016

 

Unione Europea, accordi con Israele inapplicabili nei Territori Occupati

di Michele Giorgio

 

Il Consiglio per gli Affari Esteri dell’Ue traccia una distinzione netta tra Israele e gli insediamenti colonici costruiti in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nel Golan siriano e riafferma il sostegno alla soluzione dei due Stati. Netanyahu aveva cercato di bloccare la risoluzione con l’aiuto di cinque Paesi europei.

 

Aggiornamento ore 11:20

Rapporto Human Rights Watch: “Le aziende la smettano di avere rapporti con le colonie israeliane”. Ministero esteri israeliano: “Documento unilaterale e politicizzato”

In un rapporto di 162 pagine intitolato “Occupazione S.p.a: come le aziende delle colonie contribuiscono alla violazione dei diritti dei palestinesi da parte di Israele”, l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (Hrw) ha detto che le aziende e le compagnie non dovrebbero avere rapporti commerciali con le colonie israeliane nei Territori Occupati palestinesi. Secondo la Ong statunitense, infatti, così facendo esse contribuiscono alla confisca di terre palestinesi da parte delle autorità israeliane e alle politiche discriminatorie che forniscono privilegi ai coloni a spese dei palestinesi, come l’accesso alla terra e all’acqua, i sussidi governativi e i permessi per sviluppare il territorio”.

Immediata la risposta d’Israele. Secondo il ministero degli esteri israeliano, il rapporto è “unilaterale e politicizzato e mette in pericolo i mezzi di sussistenza di migliaia di palestinesi scoraggiando i rari esempi di coesistenza, di coordinamento e di cooperazione tra israeliani e palestinesi”.

 

Gerusalemme, 19 gennaio 2016, Nena News –

 

Si fa più profondo il conflitto tra Unione europea e il governo Netanyahu su occupazione e colonizzazione dei Territori. Ieri il Consiglio per gli Affari Esteri dell’Unione Europea ha approvato una risoluzione che traccia una distinzione tra Israele e gli insediamenti colonici costruiti in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nel Golan siriano. La risoluzione chiede che gli accordi tra lo Stato di Israele e l’Ue stabiliscano in modo inequivocabile ed esplicito la loro inapplicabilità nei Territori occupati nel 1967. A Israele si chiede di «mettere fine alle attività di insediamento e di smantellare gli avamposti (colonici) eretti dal marzo 2001», perché gli insediamenti «mettono seriamente a rischio la possibilità per Gerusalemme di diventare la futura capitale dei due Stati (Israele e Palestina)».

I ministri degli esteri dell’Ue ricordano nella risoluzione che gli insediamenti «sono illegali in base alla legge internazionale, costituiscono un ostacolo alla pace e minacciano di rendere impossibile la soluzione dei due Stati». L’Ue inoltre riafferma la sua forte opposizione al Muro costruito da Israele in Cisgiordania e intorno a Gerusalemme, alle demolizioni e confische, anche di progetti finanziati dall’Europa, ai trasferimenti forzati di popolazione e alle restrizioni ai movimenti. Sono punti centrali in linea con la decisione presa a novembre dalla Commissione europea di richiedere una etichettatura diversa, quindi non con il “Made in Israel”, per le merci prodotte nelle colonie ed esportate verso l’Ue.

Israele per giorni ha provato a bloccare la nuova risoluzione europea. Domenica scorsa il premier Netanyahu aveva chiesto con forza ai rappresentanti di alcuni Paesi europei vicini a Israele - Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria e Grecia – di non votare la risoluzione. Il suo obiettivo ieri era quello di spingere per un rinvio del voto fino al prossimo meeting, tra un mese, per consentire a Israele e ai suoi alleati nell’Ue di ammorbidire il testo della risoluzione. Netanyahu, giovedì scorso, incontrando la stampa estera a Gerusalemme, aveva affermato che il “problema” non sono i singoli Paesi europei, con i quali il suo governo manterrebbe buoni rapporti, bensì la Commissione europea ossessionata da Israele. Il premier e i partiti che compongono la sua coalizione sono furibondi con l’Ue che insiste per la creazione di uno Stato palestinese e non intende riconoscere l’annessione a Israele, di fatto già avvenuta, di ampie porzioni di Cisgiordania.

Il conflitto con l’Ue è aperto, almeno su occupazione e colonie, ma il primo ministro israeliano non può permettersi di aggravarlo. Peraltro le relazioni con un Paese importante come il Brasile restano tese per la decisione di Netanyahu di confermare la nomina ad ambasciatore a Brasilia dell’ex leader dei coloni israeliani, Dani Dayan, nonostante il rifiuto del gradimento giunto dalla presidente Dilma Rousseff. Senza dimenticare che Netanyahu ha dovuto digerire la fine del regime di sanzioni internazionali contro la sua ossessione, l’Iran.

Nei Territori occupati la tensione continua a salire. Reparti israeliani si stanno dispiegando in aree della Cisgiordania lasciate negli ultimi 2-3 anni e spuntano ovunque posti di blocco. Ma è nella zona di Hebron che la pressione dell’esercito si è fatta più intensa. I soldati cercano il palestinese che domenica ha accoltellato e ucciso davanti ai figli una israeliana, Dafne Meir, nella colonia ebraica di Otniel. L’uomo è poi riuscito a far perdere le tracce. Centinaia di israeliani ieri hanno partecipato ai funerali della donna mentre giungeva la notizia del ferimento da parte di un palestinese di un’altra israeliana, vicino alla colonia di Tekoa. Sull’altro versante, solo la scorsa settimana, sono stati uccisi nove civili palestinesi (alcuni accusati da Israele di aver tentato attacchi), due dei quali adolescenti, oltre a un militante di Hamas. Sempre la scorsa settimana, secondo un bilancio del “Centro palestinese per i diritti umani”, unità israeliane hanno effettuato 72 raid – tutti in Cisgiordania, tranne uno a Gaza – e arrestato oltre 60 persone.

Nel frattempo resta in ospedale, nel reparto di terapia intensiva, il giornalista palestinese Mohammed al Qiq, di Majd TV, arrestato lo scorso novembre dall’esercito israeliano e posto in “detenzione amministrativa” per sei mesi, senza processo. Al Qiq digiuna in segno di protesta da oltre 50 giorni ed è in condizioni gravi. L’istanza di scarcerazione presentata dal suo avvocato è stata respinta sabato scorso dalla corte militare di Ofer. Nena News

 


PIC

http://www.infopal.it/

20/1/2016

 

La UE spinge per la fine dell’assedio alla Striscia di Gaza e delle attività coloniali in Cisgiordania e Gerusalemme

 

Lunedì, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno chiesto di effettuare dei passi che portino a un fondamentale cambiamento nella situazione politica, economica e della sicurezza nella Striscia di Gaza, tra cui la fine del blocco e la piena riapertura dei valichi.

Secondo le dichiarazioni dei ministri degli Esteri della UE, tutte le parti devono impegnarsi alla pace, alla non-violenza nella Striscia.

La UE ha sollecitato i Palestinesi a fare della ricostruzione della Striscia di Gaza una priorità nazionale, soprattutto per ciò che riguarda la salute, l’energia e l’accesso all’acqua.

Secondo la UE, l’Autorità Palestinese deve riprendere pienamente le proprie funzioni governative a Gaza, in quanto parte integrante di un futuro Stato palestinese.

E’ necessario dunque sollevare le restrizioni ai movimenti delle persone, dei servizi e delle merci, in modo da permettere la ricostruzione e i servizi basilari.

La UE ha sottolineato che gli insediamenti sono considerati illegali dalle leggi internazionali, costituiscono un ostacolo alla pace e rendono impossibile la soluzione dei “due Stati” e ha sollecitato l’occupazione israeliana a porre fine alle attività coloniali e a smantellare gli avamposti costruiti da marzo 2001. E ha aggiunto che le attività coloniali a Gerusalemme Est vanificano qualsiasi serio tentativo di fare della città la futura capitale di entrambi gli Stati.

 

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