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26 lug 2016

 

Bahrein, dove anche i poeti vengono arrestati

di Roberto Prinzi

 

Khalil al-Ismail è stato arrestato sabato per aver partecipato ad una “manifestazione illegale” e per aver letto in quella occasione una “poesia politica”. Il suo avvocato lancia l’allarme: “rischia diversi anni di detenzione”. Continua il calvario della corrispondente di France24 Nazeeha Saeed

 

Roma, 26 luglio, 2016, Nena News –  

 

Il duro giro di vite deciso dalle autorità bahrenite colpisce ancora. Sabato è stato arrestato nel villaggio di Duraz il giovane poeta Khalil al-Ismail “reo”, secondo Manama, di aver partecipato ad una “manifestazione illegale” e di aver letto, in quella occasione, un “poesia politica”. Il 27enne al-Ismael, molto noto nel piccolo arcipelago per i suoi versi sarcastici nei confronti del governo, è al momento detenuto nella famigerata prigione di Jau dove, stando ai resoconti di diverse organizzazioni per i diritti umani, verrebbero compiuti gravi abusi nei confronti dei prigionieri.

Se dovesse essere condannato – ha lanciato l’allarme il suo avvocato Mohammed at-Tajer – potrebbe ricevere “diversi anni” di carcere. “Il mio assistito è un poeta molto famoso ed è conosciuto per aver criticato il governo per le sue violazioni dei diritti umani – ha dichiarato at-Tajer al portale Middle East Eye. “Al-Ismael – ha aggiunto – parla di martiri, di dignità, del mancato rispetto dei diritti umani da parte dello stato. Questi sono argomenti che nel Bahrein attuale non sono ben accetti. Sapeva che prima o poi, in un modo o nell’altro, sarebbe stato arrestato”. L’allarmismo di at-Tajer non appare fuoriluogo: strenuo difensore dei diritti umani, egli stesso è vittima del duro giro di vita governativo al punto che non può lasciare il Paese.

A fare da sfondo a questo nuovo attacco contro le voci ostili a re Hamad è ancora una volta il villaggio di Duraz, fulcro nevralgico delle proteste anti-governative da quando, lo scorso 20 giugno, Manama ha revocato la nazionalità all’importante e apprezzato religioso sciita Shaykh Issa Qassim.

La detenzione del giovane poeta segue di qualche giorno la decisione delle autorità locali di accusare la corrispondente bahrenita di France24, Nazeeha Saeed, per “aver violato le leggi locali per l’ottenimento della licenza dei giornalisti”. Saeed inoltre, come il già citato at-Tajer, non può lasciare il Paese (sono in totale 23 i bahreniti colpiti da questa stessa misura punitiva). Le sue nuove grane giudiziarie non sono passate inosservate a Human Rights Watch che ha definito il provvedimento di Manama una “violazione della libertà di espressione”. “Il Bahrain rende criminali tutti coloro che criticano le politiche repressive governative” ha denunciato Joe Stork, il vicedirettore per il Medio Oriente dell’ong statunitense. “Ogni governo che dice di sostenere la libertà di stampa deve schierarsi nettamente con Nazeeha Saeed” ha aggiunto Stork.

Le accuse contro la giornalista dell’emittente francese derivano dal rifiuto dell’Autorità sui media di rinnovarle la licenza dei giornalisti per “l’insoddisfacente valutazione del suo operato” fatto da un team di “specialisti” nominato dal governo. Per comprendere l’ostilità del governo nei confronti della reporter bisogna tornare indietro di qualche anno. Alla Commissione d’Inchiesta che indagava sulle proteste del 2011, infatti, Saeed disse di aver visto alcuni uomini delle forze dell’ordine sparare a distanza ravvicinata a un manifestante (uccidendolo).

Le sue dichiarazioni hanno segnato l’inizio del suo calvario: arrestata perché accusata di essere membro di una “cellula terroristica”, la giornalista ha denunciato di essere stata sottoposta a gravi abusi fisici. A poco o nulla è servito l’aver sporto denuncia contro le forze di sicurezza: nel novembre del 2015 il ministro della giustizia ha giudicato le sue prove “insufficienti” per perseguire penalmente gli accusati.

Il poeta al-Ismael e la reporter Saeed sono solo le due ultime vittime della repressione del governo locale contro chi osa criticare l’operato della monarchia degli al-Khalifa. Negli ultimi due mesi, infatti, Manama ha deciso di revocare la nazionalità al religioso Qassim, ha dissolto il principale partito di opposizione (al-Wefaaq), ha raddoppiato la pena detentiva al suo leader, ha nuovamente arrestato il noto attivista Nabeel Rajab e ha costretto all’esilio la militante per i diritti umani Zainab al-Khawajah.

Di fronte all’escalation repressiva decisa da re Hamad, L’Europa e gli Usa continuano a tacere affidando al massimo le proprie critiche a qualche scarno comunicato. Resta da chiedersi che fine abbiano fatto i tanti “Je Suis Charlie” che scendevano per strada a Parigi nel gennaio 2015 in difesa della libertà di stampa e di espressione. Nena News

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