Originale: The Independent

http://znetitaly.altervista.org/

13 settembre 2016

 

Un combattente dell’Isis rivela il piano del gruppo di espandersi anche dopo la sconfitta in Iraq e in Siria

di Patrick Cockburn

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

L’Isis fiorirà e sopravvivrà anche se sarà  sconfitta nell’attuale battaglia per la Siria e l’Iraq, ha detto un militante dell’Isis al quotidiano The Independent.  In un’intervista esclusiva, Faraj, un reduce di 30 anni, originario della Siria di nord est, dice che “quando diciamo che lo Stato Islamico [Isis] è  immortale  e in espansione, non diciamo soltanto una frase poetica o di propaganda.” Dice che il gruppo intende  ricostruire  i suoi ranghi in Arabia Saudita, Egitto, Libia e Tunisia,  e aggiunge che “l’Isis ha spie  in tutto il  mondo in attesa di  essere  impiegate e il loro numero sta crescendo.”

Nel resoconto della sua vita nell’Isis, Faraj chiarisce che soltanto un anno dopo che il Califfato venne dichiarato, subito dopo la cattura di Mosul nel 2014, i suoi capi furono in grado di prevedere che poteva essere battuto militarmente. Rivela dettagli finora sconosciuti dell’apparente stretta collaborazione tra l’Isis e la Turchia e il grado in cui i combattenti stranieri che si sono riversati in Siria per combattere l’Isis, si sono alienati le simpatie della popolazione locale verso il movimento, dando ordini e interferendo nella loro vita.

Parlando tramite WhatsApp fuori dalla Siria e chiedendo che il suo vero nome venisse tenuto nascosto, Faraj dice che quando all’inizio ha saputo “dai miei emiri [i comandanti] che l’Isis avrebbe vinto anche se fosse stata sconfitta militarmente in Iraq e in Siria, ho pensato che ci stessero soltanto stimolando e incoraggiando oppure che stessero soltanto nascondendo le loro sconfitte.” Presto però, scoprì che i capi dell’Isis stavano prendendo misure pratiche all’inizio per mettere delle basi in qualche altro posto nel mondo. Oltre un anno fa un comandante libico gli disse che stava tornando in Libia “per una certa missione e che sarebbe tornato dopo due mesi.”

E’ significativo che già nell’agosto 2015, quando l’Isis era nel momento della sua massima espansione, dopo aver preso Ramadi in Iraq e Palmira in Siria, in maggio, si stesse già preparando per la sconfitta. Faraj dice che le potenze mondiali sottovalutano la resistenza dell’Isis perché non ne comprendono l’attrattiva e l’ideologia che ha per coloro che trovano inaccettabile lo status quo. Dice: “Io, come i miei comandanti e i miei compagni, combatto in reazione alla tirannia e all’ingiustizia,  che ho sperimentato prima.”

Faraj è originario di un villaggio arabo sunnita posto tra le città di Hasaka e di Qomishli nell’angolo nord-orientale della Siria, con popolazione in prevalenza curda. E’ più istruito rispetto alla maggior parte dei membri dell’Isis, perché si è laureato alla Facoltà di Educazione nell’Università di Hasakah, in Siria. E entrato in Jabhat al-Nusra insieme ai suoi parenti, nel 2012. Noto come il ramo siriano di al-Qaida, Jabhat al-Nusra di recente ha affermato di aver tagliato qualsiasi legame con al-Qaida e che aveva preso la denominazione di Jabhat Fatah al-Sham. Tuttavia, quando i combattenti dell’Isis entrarono nel villaggio di Faraj e offrirono ai giovani uomini la scelta di lasciare o di unirsi a loro, Faraj scelse di entrare nell’Isis.

Il suo resoconto di testimone oculare degli sviluppi all’interno dell’Isis, e, in particolare il suo rapporto con la Turchia, sono rivelatori perché non provengono da un ex membro dell’Isis amareggiato, che cerca di prendere le distanze dal suo passato. Dice che non è più un combattente, dopo delle divergenze con l’Isis che non spiega, ma “sono ancora un sostenitore dell’Isis perché credo fortemente nella saggezza o nello scopo che è dietro la sua esistenza.” Stranamente, trova attraente l’Isis non tanto per la sua ideologia religiosa estrema, ma perché è un veicolo efficiente e ben organizzato per protestare. Dice: “L’Isis è la soluzione migliore per correggere le malefatte dei regimi autoritari nella regione.”

Parlando dell’intervento militare turco in Siria, iniziato il 24 agosto, Faraj mi aiuta a spiegare un evento misterioso che accadde in quel periodo. Mentre i carri armati turchi e le unità siriane ribelli contrarie all’Isis entravano nella città di confine di Jarabulus sul fiume Eufrate, sembrò che l’Isis sapesse che stavano arrivando e non fece alcun tentativo di opporsi. Questo era in netto contrasto con la feroce resistenza posta in atto dai combattenti dell’Isis per difendere la città di Manbij, caduta nelle loro mani, situata più a sud,  dall’attacco delle Forze Democratiche Siriane (SDF) la cui forza combattente viene dalle Unità di protezione popolari curde (YPG). L’Isis ha forse perduto 1000 uomini morti nei combattimenti sul terreno e a causa dei bombardamenti aerei americani.

All’epoca fu riferito che i combattenti dell’Isis si erano ritirati avevano ripiegato da Jarabulus verso l’altro loro caposaldo della zona a al-Bab, ma Faraj ha un’altra spiegazione. Dice: “Quando tutto l’esercito turco entrò a Jarabulus, parlai con i miei amici che erano lì. In realtà l’Isis non se ne andò da Jarabulus, si tagliarono soltanto la barba.”

Fa delle affermazioni convincenti circa il grado di complicità tra l’Isis e la Turchia un anno prima relative a alla difesa di Tal Abyad, un altro valico di frontiera in mano dell’Isis tra Turchia e Siria che era una  strada per i rifornimenti particolarmente importante per l’Isis perché è a circa 97 km. dalla capitale siriana dell’Isis, Raqqa.

Nell’estate del 2015, le forze dell’YPG avanzando da est e da ovest con un forte appoggio aereo statunitense presero Tal Abyad con una manovra a tenaglia che rese difficile all’Isis la difesa della città. Faraj faceva parte di una forza di 150 persone che si opponevano all’attacco dell’YPG. “La Turchia appoggiò molto l’Isis,” ricorda Faraj. “Quando ero a Tal Abyad nel maggio 2015, ricevemmo un sacco di armi e di munizioni senza nessun ostacolo creato dalle guardie di confine.” Questa è stata per lungo tempo un’accusa da parte dei curdi, ma questa è forse la prima volta che accuse di complicità turca con l’Isis durante una battaglia, è stata confermata da un combattente dell’Isis che vi aveva preso parte.

I funzionari del governo turco hanno ripetutamente negato qualsiasi accusa di complicità nelle azioni dell’Isis, o che le armi arrivano nelle mani del gruppo attraverso la Turchia.

Faraj, in quanto arabo siriano sunnita critica sia i turchi che i curdi siriani. Esprime antipatia per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ma aggiunge: “E’ molto migliore dei dittatori arabi”. Allo stesso tempo, ritiene Erdogan “responsabile della distruzione della Siria” avendo perseguito un conflitto con i curdi in Turchia che si è diffuso oltre il confine arrivando in Siria e “appoggiando l’Isis e spingendola in Siria.”

I difensori delle azioni turche sostengono che qualsiasi tolleranza ci possa essere stata  in precedenza per l’Isis da parte della Turchia, entrambi sono state in guerra nello scorso anno. Ci sono stati ripetuti attacchi dell’Isis in Turchia, compreso uno all’Aeroporto Internazionale di Istanbul che ha ucciso 42 persone ed è culminato nell’attentato suicida a un matrimonio curdo a Gaziantep, il 20 agosto che ha ucciso 54 persone dei quali 21 erano bambini. Però, malgrado, la retorica anti-Isis di Erdogan, la reazione  contenuta  dell’Isis all’invasione turca, di cui è l’obiettivo apparente, indica che l’intesa tra l’Isis e la Turchia, così lampante in passato, possa non essere  del tutto finita.

Paradossalmente, anche se Faraj dimostra entusiasmo per la diffusione dell’Isis, e delle sue   i paesi stranieri, è molto critico nei confronti dei volontari stranieri che sono arrivati in Siria a combattere per il Califfato auto-proclamatosi tale. Ha trovato questi stranieri, compresi i volontari britannici, francesi e turchi, sorprendentemente ignoranti riguardo all’Islam e alle abitudini locali, spesso spinti da vite familiari infelici o dalla noia e soltanto utili per la propaganda e gli attacchi suicidi. Peggio ancora, i loro errori hanno alienato i siriani che in precedenza appoggiavano l’Isis.

Faraj dice: “Quando arrivò ‘Isis, i locali erano contenti e la accolsero bene. La gente credeva che l’Isis sarebbe stata la loro salvezza, ma, sia psicologicamente che socialmente, non potevano accettare che i comandanti stranieri fossero responsabili della loro vita quotidiana. Per esempio, la gente di Raqqa protestava quando un emiro

Saudita usava la forza fisica per costringere una donna a indossare il niqab (l’indumento che copre la testa e tutto la figura lasciando scoperti solo gli occhi). Qualsiasi persona dl luogo si arrabbia quando uno straniero interferisce nella sua vita, non come ospite, ma come governante che dice alle persone di ubbidire ai suoi ordini.  Mi arrabbiai quando un tunisino mi ordinò di andare alla moschea e mi colpì sulla   schiena con un bastone.

Faraj trova un certo conforto nel pensiero che il comportamento dei comandanti turchi, abili ma duri della guerriglia curda, fatti entrare  dall’YPG per dare consigli militari ai curdi siriani nel 2012-13 aveva provocato un’analoga offesa tra i curdi siriani locali. Gli ufficiali curdi turchi responsabili dell’addestramento, avevano vissuto tutta la vita in campi militari ed “erano rigidi e non avevano mai sperimentato la vita da civili.” Sospetta che i siriani che appoggiano il governo a Damasco, reagiscano con analoga ostilità se verranno loro dati ordini dai loro alleati russi e iraniani.

La guerra nella Siria settentrionale è molto diversa da quella che si svolge nel resto del paese. I suoi principali protagonisti sono i curdi, gli arabi, l’Isis, l’YPG e la Turchia, con soltanto coinvolgimento limitato da parte del governo di Damasco. Faraj dice che molti arabi della zona si sono uniti all’Isis semplicemente perché erano stati perseguitati dall’YPG. Cita come esempio due suoi cugini della città di Tal Hamis sul fiume Khabur  a ovest di Hasakah che sono stati uccisi combattendo contro l’YPG. Le loro abitazioni a Tal Hamis furono poi confiscate dall’YPG e le vedove dei combattenti morti furono lasciate senza niente e “quindi i loro figli si uniscono all’Isis per vendicare i loro genitori.”

Questo è il “modello” in tutta la Siria e l’Iraq. I protagonisti forse non amano la parte che hanno scelto, ma almeno li mette in grado di combattere un nemico che temono e odiano. Cita l’esempio di uno dei suoi primi comandanti, un emiro curdo, Abu Abbas al-Kurdistani successivamente ucciso in battaglia, che era stato messo in prigione senza processo e torturato nel Kurdistan iracheno per quattro anni. Al-Kurdistani diceva che l’Isis era l’ideale per lui perché era “l’opzione migliore per le persone oppresse” e gli dava l’opportunità di vendicarsi.” In nessun punto dell’intervista Faraj riconosce il ruolo che le atrocità dell’Isis hanno svolto, non soltanto in Siria e in Iraq, ma in tutto il mondo, nel creare una legione di nemici per il movimento che ora lo circondano e minacciano di sopraffarlo.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/isis-fighter-reveals-groups-plan-to-spread-even-after-defeat-in-iraq-and-syria

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