Fonte: CounterPunch

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Ott 23, 2016

 

Il rebus di Aleppo/Mosul

di Pepe Escobar

Traduzione di L.Lago

 

Sabotaggio del Pentagono sulla tregua di USA e Russia, la furia di Samantha Power (detta la pazza) e calunnie sulla Russia, i crimini di guerra. E altri scenari.

 

Non c’è dubbio che Baghdad debba riprendere il controllo di Mosul sottraendola all’ISIS/ISIL/Daesh. Non lo poteva fare prima. In teoria, questo è il momento.

La vera domanda è “chi sta facendo cosa” nel conflitto: la nona divisione dell’esercito iracheno, i Peshmerga curdi, sotto il controllo dell’astuto e corrotto opportunista Barzani, i lord tribali sunniti, decine di migliaia di guerriglieri sciiti dell’Iraq del sud, il “supporto” delle Forze Speciali USA, i bombardamenti “mirati” dell’Air Force statunitense e, dietro la scena nelle retrovie, le Forze Speciali e l’aviazione turche.

 

Esiste un chiave di lettura in questa confusione

Come Aleppo, Mosul è – letteralmente – legata ad una leggenda. Nata dalle ceneri di Ninive, costruita 8.000 anni fa, ex capitale dell’impero assiro sotto Sennacherib nel 7° secolo a.c., conquistata dai Babilonesi nel 6° secolo a.c., un migliaio di anni dopo fu annessa all’impero musulmano e governata dagli Umayyad e dagli Abbasidi, rimase importante come centro dall’ 11° al 12° secolo, nello stato medievale degli Atabeg, uno dei fulcri dell’Impero Ottomano nel 16° secolo in seguito alla decadenza delle vie della seta, connettendo l’Oceano Indiano al Golfo Persico, alla valle del Tigri, ad Aleppo e a Tripoli sul Mediterraneo.

Dopo la prima guerra mondiale tutti volevano il controllo di Mosul,- dalla Turchia alla Francia. Furono tuttavia i Britannici a beffare i Francesi, annettendo Mosul alla nuova colonia dell’impero: l’Iraq. Poi ci fu il periodo della dominazione del partito nazionalista iracheno Ba’ath. Successivamente ci fu l’inferno dell’operazione” shock and awe”, l’invasione USA e l’occupazione, il tumultuoso governo a maggioranza sciita di Nouri al-Maliki a Baghdad ed infine la presa da parte di Daesh nell’estate del 2014.

I paralleli storici di Mosul hanno un sapore speciale. Lo stato medievale del’11°-12° secolo aveva gli stessi confini del finto “califfato” di Daesh – includendo sia Aleppo sia Mosul. Nel 2004 Mosul era di fatto governata dalla fallita “figura presidenziale”, il Generale Davis Petraeus. Dieci anni dopo, dopo la falsa “furia” di Petraeus, Mosul era governata da un finto califfato, nato all’interno di una prigione statunitense vicino al confine col Kuwait.

Da allora, centinaia di migliaia di abitanti sono fuggiti da Mosul. La popolazione si è più o meno dimezzata rispetto agli originali due milioni. È bel po’ di gente che deve essere “liberata” a dovere.

 

La presa di Aleppo

La propaganda egemonica USA circa l’attuale Battaglia di Aleppo (Orientale) è quella per cui esiste un “asse del male” (definizione coniata da Hillary Clinton) formato da Russia, Iran e dal “regime siriano” che sta incessantemente bombardando civili innocenti e “ribelli moderati”, causando una orribile crisi umanitaria.

Infatti, la maggioranza di queste molte centinaia di “ribelli moderati” è affiliata a Jabhat Fatah al-Sham (Fronte per la Conquista della Siria), che altro non è che Jabhat al-Nusra, ovvero l’al-Qaeda siriana, oltre ad altri gruppi jihadisti come Ahrar al-Sham (gli obiettivi di al-Nusra – e di chi li supporta – sono spiegati qui).

Nel frattempo alcuni civili sono intrappolati nella zona orientale di Aleppo – circa 30-40.000 persone, a fronte di una popolazione iniziale di 300.000.

Tutto ci porta al fulcro del problema, che spiega il sabotaggio da parte del Pentagono del cessate il fuoco accordato da USA e Russia, la furia di Samantha (la Pazza) Power e le continue affermazioni che la Russia sta commettendo “crimini di guerra”.

Se Damasco controlla, oltre alla capitale, Aleppo, Homs, Hama e Latachia, controlla la Siria che conta: il 70% della popolazione e tutti i centri industriali ed economici. È praticamente un “game over”. Tutto il resto sono zone rurali e semideserte.

Per le galline senza cervello che si occupano della politica estera dell’amministrazione del brutto anatroccolo Obama, il cessate il fuoco era una scusa per guadagnare tempo e riarmare quelli che Washington chiama “ribelli moderati”. Già quello era troppo per il Pentagono, che si trova di fronte un’alleanza determinata tra Siria, Iran e Russia, la quale combatte senza tirarsi indietro qualsiasi forma di jihadisti salafiti, senza curarsi di come si autodefiniscano, con l’obiettivo di mantenere unita la Siria.

Riconquistare tutta Aleppo deve essere una priorità assoluta per Damasco, Teheran e Mosca. L’Esercito Arabo Siriano (SAA) non avrà mai abbastanza forza militare per controllare tutte le zone desertiche sunnite. Damasco potrebbe anche non riconquistare mai il nordest curdo, lo stato embrionale del Rojava, dopotutto l’YPG è sostenuto direttamente dal Pentagono. Se il Rojava vedrà mai la luce del giorno è una questione che solo il futuro potrà risolvere.

L’Esercito siriano (SAA), ancora una volta, è eccessivamente dispiegato, per cui, l’unico modo per conquistare Aleppo è con il sangue. C’è una crisi umanitaria in atto. Ci sono i danni collaterali. È solo l’inizio. Presto o tardi l’SAA, supportato da Hezbollah e dalle milizie sciite irachene, dovrà riprendere Aleppo con i suoi uomini sul terreno – con il supporto dall’aviazione russa.

Il nocciolo del problema è che l’ex “Esercito di Liberazione Siriano”, assorbito da al-Qaeda in Siria e da altri jihadisti, sta per perdere Aleppo. Il cambio di regime a Damasco, meglio conosciuto come “Assad deve andarsene” – con mezzi militari – ora come ora è impossibile. Da qui la disperazione dimostrata da Ash “Impero dei Piagnoni” Carter, dai neocon impiantati nel team Obama e dalle schiere di pupazzi dei media.

Ecco il piano B: la Battaglia di Mosul.

 

Remix di Falluja?

Il piano del Pentagono è semplicissimo: cancellare ogni segno di Damasco e dell’Esercito siriano ad est di Palmira. Ecco dove la battaglia di Mosul collima con il recente attacco del Pentagono a Deir Ezzor. Anche se nei prossimi mesi ci carà un’offensiva contro Raqqa – da parte dell’YPG o addirittura dalle forze turche – avremo comunque un “principato salafita” dalla Siria orientale all’Iraq occidentale, proprio come la DIA pianificava (o sognava?) nel 2012.

Lo storico siriano Nizar Nayouf, di stanza a Londra, così come alcune fonti diplomatiche anonime, ha confermato che Washington e Riyadh hanno sottoscritto un accordo per far fuggire migliaia di guerriglieri del finto Califfato da Mosul, con via libera per passare in Siria. Se guardiamo la mappa della zona dove si svolge la battaglia, possiamo facilmente verificare che Mosul è accerchiata da tutte le direzioni, tranne che a occidente.

Qual è la parte del Sultano Erdogan in tutto ciò? Sta sostenendo che le Forze Speciali turche faranno ingresso a Mosul proprio come avevano fatto con Jarablus sul confine turco-siriano: senza sparare un colpo, quando la città era già libera dai jihadisti.

Nel frattempo Ankara sta preparando un ingresso spettacolare sul campo di battaglia, con Erdogan a sparare ovunque in pompa magna. Per lui, “Baghdad”non è più di “l’amministratore di un esercito di sciiti” e i Curdi dell’YPG “saranno cacciati dalla città siriana di Manbij” dopo l’operazione su Mosul. Per non dire che Ankara e Washington stanno attivamente discutendo l’offensiva contro Raqqa, dato che Erdogan non ha abbandonato il suo sogno di una “zona sicura” di 5.000km nel nord della Siria.

In breve per Erdogan Mosul è secondaria. Le sue priorità restano una Siria a pezzi, compresa la “zona sicura”, e fare a pezzi i Curdi dell’YPG (lavorando fianco a fianco con i Peshmerga in Iraq).

Per quanto riguarda il piano B degli USA, lo sceicco Nasrallah di Hezbollah ha capito tutto lo schema: “gli Statunitensi vogliono ripetere lo schema di Falluja, quando avevano aperto un corridoio per far fuggire l’ISIL verso la Siria orientale, prima che gli aerei iracheni attaccassero i convogli dei terroristi”.

Ha aggiunto che “l’esercito iracheno e le forze popolari” devono sconfiggere Daesh a Mosul, altrimenti dovranno stanarli per tutta la Siria orientale.

Non c’è da stupirsi che il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov abbia capito il quadro generale: “per quanto ne so, la città non è stata completamente accerchiata. Spero che ciò sia successo per mancanza di possibilità, non per mancanza di volontà. Questo corridoio potrebbe permettere ai guerriglieri dello Stato Islamico di fuggire da Mosul verso la Siria”.

È chiaro che Mosca non se ne starà seduta immobile in quel caso “spero che la coalizione guidata dagli USA, attivamente coinvolta nelle operazioni per riprendere Mosul, ne terrà conto”.

Ovviamente Mosul – ancor più di Aleppo – pone una grave questione umanitaria.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha stimato che quasi un milione di persone potrebbero essere coinvolte. Lavrov va dritto al punto quando afferma “né l’Iraq né i paesi limitrofi hanno la capacità per accogliere un tale numero di rifugiati e questo va tenuto in considerazione nel pianificare le operazioni su Mosul”.

Ma forsequesto non è stato davvero tenuto in considerazione . Dopotutto, per la coalizione “guidata dagli USA” (dalle retrovie?), la priorità numero uno è assicurare la sopravvivenza del finto Califfato, da qualche parte nella Siria orientale. Più di 15 anni dopo l’11 settembre, la canzone è sempre la stessa, la “guerra al terrore” è sempre il contenuto del perenne regalo che stanno portando.

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