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27/09/2016

 

Migliaia di donne saudite firmano una petizione per chiedere la fine della tutela maschile

 

Almeno 14 mila le donne che hanno aderito alla campagna, utilizzando il loro nome. Molte altre hanno sottoscritto l’iniziativa in forma anonima. La promotrice si dichiara “molto orgogliosa” per il consenso. Ora aspetta risposte dalle autorità. Ma la campagna ha incontrato resistenze fra le stesse donne saudite; alcune sono favorevoli alla tutela.

 

Migliaia di donne in Arabia Saudita hanno firmato una petizione per chiedere la fine del sistema che prevede la tutela maschile per tutta una serie di attività delle rappresentanti del gentil sesso, dal matrimonio ai viaggi. Nel regno wahabbita, dove vige una rigida interpretazione dell’islam sunnita, alle donne non è permesso guidare e devono ricevere il consenso di un uomo - padre, marito, fratello o figlio se vedove - anche per lavorare o studiare.

Sono almeno 14mila le donne che hanno aderito e firmato il documento, che verrà consegnato a breve ai vertici di governo. Una iniziativa che ha avuto vasta eco sui social media e conquistato sempre maggiori consensi, sfruttando la crescita progressiva dell’hashtag associato alla campagna.

L’attivista saudita Aziza Al-Yousef ha dichiarato alla Bbc di sentirsi “molto orgogliosa”, ma che ora sono necessarie risposte da parte delle autorità.

A luglio un hashtag in arabo su twitter - traducibile con l’espressione “Le donne saudite vogliono abolire il sistema della tutela maschile" - è diventato virale, dopo un articolo pubblicato da una Ong pro diritti umani in materia. Le donne saudite - nazione in cui l’uso dei social e della rete è molto diffuso nell’universo rosa - hanno rilanciato commenti, video e articoli in cui si chiede un cambiamento. Sono apparsi anche braccialetti con la scritta “Io sono la guardiana di me stessa”.

Da sottolineare che le 14mila donne aderenti alla campagna hanno pubblicato i loro nomi per intero, mentre ve ne sono molte altre che hanno sottoscritto l’iniziativa in modo anonimo.

Solo nel fine settimana centinaia di donne - secondo alcuni fino a 2500 - hanno subissato l’ufficio del re saudita con telegrammi di sostegno all’iniziativa. Una risposta che, secondo gli attivisti, è “incredibile e senza precedenti”.

Tuttavia, la campagna non ha incontrato solo adesioni e favori fra le donne, ma pure resistenze e opposizioni. Un gruppo di saudite ha promosso un “contro-hashtag” che recita: “La tutela maschile è a favore della donna, non contro di lei”. Giornali, opinionisti e intellettuali del Golfo hanno pubblicato analisi, editoriali e approfondimenti sulla questione; non solo per la difesa a spada tratta della tutela, ma vi è anche chi ne chiede la riforma o una migliore applicazione.

Fra le richieste delle donne il fatto che, dopo i 21 anni, siano “trattate da adulte” e da “cittadine con tutti i diritti”.

Nel 2011 il defunto re Abdullah bin Abdul Aziz ha stabilito la possibilità per le donne di candidarsi ed eleggere proprie rappresentanti (nelle future elezioni municipali del 2015), dopo una protesta nata sui social media in cui la popolazione femminile chiedeva di poter esprimere il diritto di voto. Il re ha anche concesso alle donne di soggiornare negli hotel senza una lettera del coniuge, decisione che ha reso più facile spostarsi per affari. Egli ha nominato la prima donna vice ministro, ha aperto la prima università mista ed eliminato i commessi maschi dai negozi di intimo da donna e nelle profumerie. Il nuovo re Salman, succeduto nel gennaio 2015, ha mantenuto le concessioni del fratellastro.

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