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8 Gennaio 2016

 

Yemen, una valle di lacrime

di Alessandro Carocci

 

Fertile terra situata nell’angolo sud-occidentale della Penisola araba, lo Yemen è tornato alla ribalta nei media internazionali di certo non per buone notizie. Infatti, il Paese sta vivendo una guerra civile sulla cui naturale risoluzione pesa come un macigno l’intervento della famiglia reale dei Saud.

 

Lo Yemen è un territorio, a dispetto delle aspettative che può avere il pensiero comune, fertile e ricco di corsi d’acqua, tant’è che i beduini affermano l’inutilità di portarsi dietro delle provviste quando lo si visita, poiché lì la natura da tutto ciò di cui si ha bisogno. Anche gli antichi romani lo conoscevano, e lo chiamavano col nome di “Arabia Felix”, in forza della sua posizione strategica per i commerci, così lanciato a Oriente e ben comodo sul mare da ricevere le merci dell’Asia attraverso rotte navali dirette in Egitto grazie allo stretto che collega il golfo di Aden al Mar Rosso. A dispetto di questa posizione felice e della ricchezza d’acqua, attualmente lo Yemen è uno dei Paesi più poveri al mondo, dipendente quasi per intero da aiuti esterni. Conquistato e perso da diversi imperi, signori e regni, la storia contemporanea di questo Stato, equiparabile per dimensioni all’Indonesia, è tutt’altro che tranquilla. Dal 1839 al 1967 fu sotto l’Impero Britannico, che fu cacciato da una rivolta fomentata dall’Egitto, il che portò all’instaurazione della Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, di ispirazione marxista, nota anche come Yemen del Sud. Quest’ultimo nel 1990 si unì al cosiddetto Yemen del Nord, governato dall’assolutista Alì Abd Allah Saleh, dal quale tentò di separarsi nel 1994 senza riuscirvi. Nonostante il tentativo di ribellione dei marxisti fu soffocato, a questi fu concessa l’amnistia e, in seguito, per evitare ulteriori attriti fu resa elettiva la carica del Presidente della Repubblica. Nel 2012, Saleh passò il testimone al suo vice, Abd Rabbih Mansur Hadi.

Il quadro poco sopra descritto ci fa capire le tumultuose vicende di questo Paese anche per introdurci agli ultimi fatti, cioè alla rivolta della maggioranza zaydita Huthi. Questi ultimi sono un gruppo armato sciita che si è sempre opposto al governo del sunnita Saleh e del suo successore Hadi, ed hanno ottenuto, il 22 Gennaio 2015, le dimissioni del Presidente e del Primo Ministro. La divisione dello scacchiere non è complessa: il governo yemenita, essendo sunnita, ha sempre trovato nell’Arabia Saudita un alleato, mentre gli sciiti Huthi no, trovandolo nell’Iran. Da qui scaturisce il conflitto che ora si sta vivendo in quelle terre. Il movimento Huthi è nato nel 1992 e si definisce col nome di “Ansar Allah” (Partigiani di Dio). Contrario all’intervento degli Stati Uniti in Iraq, il gruppo armato ha visto l’arresto di 800 suoi militanti nel 2004 a San’a, episodio sfociato in una rivolta e nella morte del capo Husayn al-Huthi. Comunque, nonostante la morte della loro guida, i ribelli hanno occupato la parte sud-occidentale del Paese, fino a toccare la capitale e, poco dopo, a prenderne il totale controllo. E’ proprio su San’a, fra le altre cose una città il cui nucleo più antico è Patrimonio Unesco, che si stanno concentrando i raid dell’Arabia Saudita, prontamente intervenuta al fianco del governo sunnita e accusata da Amnesty International di violazione di diritti umani a causa dell’uso di bombe a grappolo e del bombardamento di obbiettivi civili, fra cui scuole e due ospedali di Medici Senza Frontiere a Sa’da (governatorato sotto il controllo Huthi) e a Al Houban. Ma gli attori in gioco non sono pochi, e aiuti ai ribelli arrivano dall’Iran e dai suoi alleati, fra i quali si trova anche la Russia.

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