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Giovedì 24 novembre 2016

 

Sulla pelle degli yemeniti

di Mostafa El Ayoubi

 

Sfiancato dall’occupazione britannica durata 128 anni, lo Yemen nel secolo scorso fu lacerato da conflitti interni tra sud e nord, apparentemente risolti con la riunificazione nel 1990, e da ciclici problemi con l’Arabia Saudita. Quest’ultima, contraria a uno Yemen unito – sostenuto dall’Iraq – espulse nello stesso anno 800mila lavoratori yemeniti dal suo territorio. La guerra dell’Iraq contro l’Iran sostenuta dall’Occidente e quelle dell’Occidente contro Saddam Hussein hanno consentito al governo di Riyad di estendere la sua influenza sullo Yemen, con la complicità del regime di Sana’a capeggiato per oltre 30 anni da Ali Abd Allah Saleh.

La gestione dispotica dello Yemen ha generato il malcontento in seno alle tribù, specie quelle del sud, e anche nella minoranza sciita esclusa dalla partecipazione alla vita politica. E i nodi vennero al pettine nel 2011 con l’esplodere della cosiddetta primavera araba. La caduta del regime di Saleh ha generato caos e consentito agli Houti di impadronirsi della capitale Sana’a. Gli Houti sono sciiti, vicini quindi al governo di Teheran, e ciò ha messo in allarme Riyad e Washington. Tolto di mezzo Saleh, gli Usa avevano puntato sui Fratelli Musulmani (Fm) per governare il paese (come avevano provato a fare in Egitto, Tunisia, Libia e Siria). Il premio Nobel per la pace alla giovane yemenita Tawakkol Karman, militante islamista, rientrava in questa ottica. Karman, adeguatamente mediatizzata, aveva attaccato il regime siriano e quello algerino, che sono tutt’oggi fuori dalla sfera d'influenza statunitense.

Ma il piano non ebbe successo. Nel 2013 i Fm sono caduti in disgrazia, a partire da quelli egiziani, a causa delle manovre dei sauditi che hanno sempre temuto che l’ideologia dei Fm potesse soppiantare il wahabismo e mettere in pericolo il regno saudita. Nel frattempo gli Houti avevano occupato gran parte del paese giungendo fino alle porte di Aden. E il piano alternativo per evitare che lo Yemen diventasse filo-iraniano è stato l’intervento militare.

Gli americani affidarono questo compito ai sauditi e alla loro coalizione (Emirati Arabi Uniti, Marocco, Egitto, Sudan, Pakistan e altri ancora). I bombardamenti massicci sulle città iniziarono la notte del 25 aprile 2015. Sono passati 18 mesi e lo Yemen oggi assomiglia alla Libia. Il sud, compreso il porto di Aden, è occupato militarmente dagli Emirati Arabi Uniti supportati da mercenari stranieri. Inoltre, ovunque intervengano i sauditi si diffonde al-Qaida, guarda caso! Oggi i qaidisti sono pienamente coinvolti nella guerra nello Yemen e hanno gli stessi obiettivi dei sauditi: cacciare gli Houti da Sana’a.

Il bilancio Onu di questa guerra per procura contro il popolo yemenita è drammatico: 10mila morti. Fame e malattie sono i risultati dei bombardamenti e degli embarghi imposti dai sauditi. Di fronte a questo dramma umanitario, i grandi media occidentali hanno sistematicamente mantenuto un profilo basso, sottacendo i crimini contro il popolo yemenita. E ciò perché gli aggressori di punta sono i loro principali sponsor.

Ma non sempre si può nascondere la polvere sotto il tappeto. L’8 ottobre scorso, un attacco aereo saudita con piloti pakistani e bombe “made in Usa” ha colpito un funerale a Sana’a, uccidendo 140 persone e ferendone oltre 500. Il massacro ha riportato i riflettori sulla scena yemenita e ha suscitato lo sdegno dell’opinione pubblica internazionale, mettendo in imbarazzo (più che in difficoltà) Washington, la quale è stata immediatamente soccorsa da giornali come il Telegraph e il Washington Post e televisioni come la Cnn, che in coro hanno addossato all’Iran la colpa della guerra nello Yemen.

Il 12 ottobre gli americani hanno bombardato tre stazioni radar nelle coste occidentali sotto controllo degli Houti e dei loro alleati. La ratio dell’attacco è che, secondo il Pentagono, gli Houti avevano lanciato dei missili RPG36 contro navi da guerra Usa ormeggiate nelle acque internazionali del Mar Rosso. Sana’a ha smentito di essere dietro l’attacco (che non aveva raggiunto il bersaglio). Ma non potrebbe essere opera di al-Qaida, venuta in soccorso agli Usa come era già avvenuto in altre parti del mondo arabo?

Sta di fatto che con questo intervento militare gli Usa hanno “trovato” il casus belli per entrare direttamente in guerra contro l’indifeso popolo yemenita!

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