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03 mag 2016

 

Leader houthi: “Israele sta partecipando alla guerra in Yemen”

di Roberto Prinzi

 

Secondo Abd al-Malik al-Houthi, Tel Aviv starebbe agendo sia direttamente che indirettamente formando le forze armate saudite

 

Roma, 3 maggio 2016, Nena News –

 

Al conflitto yemenita starebbero partecipando anche gli israeliani. A riferirlo è stato ieri il leader del movimento degli houthi, abd al-Malik al-Houthi. In un discorso televisivo, in occasione del 12esimo anniversario dall’assassinio del fondatore del movimento ribelle sciita Hussein Badreddin al-Houthi, abd al-Malik ha attaccato duramente Israele: “tutto quello che accade nella nostra regione serve gli interessi di una sola parte : gli Usa e i sionisti [israeliani, ndr]”. “La lobby sionista – ha aggiunto – sta agendo in modo malvagio complottando contro la nostra nazione [nel significato di Umma islamica, ndr], alimentando guerre civili e provocando delle crisi”. “Possiamo affermare che quello che sta accadendo qui in Yemen serva gli interessi palestinesi?” si è chiesto ironicamente.

Secondo il leader houthi, Tel Aviv starebbe partecipando direttamente alla sanguinosa guerra yemenita che vede contrapposti i ribelli sciiti (sostenuti dall’Iran e dagli uomini dell’ex presidente Saleh) e il governo del presidente Hadi (appoggiato da una coalizione sunnita a guida saudita, dagli indipendentisti del sud e da varie tribù). Tuttavia, “l’intromissione” israeliana non finirebbe qui: il capo ribelle ha anche detto che Tel Aviv sta addestrando le forze armate saudite mandate al confine a combattere i riottosi sciiti.

Il ragionamento di abd al-Maik è di più ampio respiro. Secondo lui, il “pericolo” d’Israele trascende i confini yemeniti e abbraccia tutta la regione mediorientale. Per sconfiggere le mire espansionistiche israeliane bisogna avere innanzitutto l’arma della “consapevolezza”: “l’attività sionista – ha infatti argomentato – si concentra sui media e su tutti i mezzi che formano l’opinione pubblica”. Per abd al-Malik, dunque, è necessario sconfiggere l’hasbara (propaganda) israeliana in modo da indebolire la sua immagine a livello internazionale.

La denuncia della presenza israeliana in Yemen (tutta ancora da appurare) non è nuova da parte degli houthi, in particolar modo del suo leader. Lo scorso novembre sempre Abd al-Malik dichiarò che Israele e gli Usa erano i manovratori della guerra civile in corso nel Paese. Un mese dopo ribadì l’accusa rincarando la dose: l’obiettivo dello stato ebraico è quello di “rendere schiavi i musulmani “. Se non è ancora possibile dimostrare la veridicità delle dichiarazioni del leader houthi per ciò che concerne la guerra in Yemen iniziata nel marzo 2015, è però ormai noto che le relazioni tra sauditi e israeliani siano buone, nonostante tra di loro non vi siano ufficialmente relazioni diplomatiche.

Non è più un segreto, infatti, che i rappresentanti dei due governi si incontrano da tempo in summit internazionali dove, tra una stretta di mano di fronte alle telecamere e qualche sorriso, parlano apertamente di progetti comuni. Soprattutto quando questi piani riguardano il “nemico” comune: l’Iran sciita avvertito da ambedue i Paesi come “minaccia”, sebbene per motivi diversi. Al di là degli stereotipi assai triti e ritriti nel suo discorso (un Israele che controlla e dirige il mondo), le parole di abd al-Malik non risultano così irragionevoli se si pensa che in Yemen la partita giocata dalla coalizione sunnita è proprio volta a limitare l’influenza iraniana nella regione. Quale miglior alleato per Riyad di quello israeliano per combattere gli houthi, “la longa manus” di Teheran nel “cortile di casa” saudita?

Il discorso di Abd al-Malik giunge il giorno stesso in cui la diplomazia internazionale ha registrato un nuovo fallimento: ieri il governo yemenita ha infatti annunciato di sospendere la sua partecipazione ai negoziati con gli houthi iniziati lo scorso 21 aprile in Kuwait. Tuttavia, ha anche precisato, che continuerà a partecipare ad incontri “indiretti” con l’inviato speciale dell’Onu nello Yemen, Ismail Ould Shaikh Ahmed. La tempistica con cui arriva questo nuovo attacco ad Israele da parte del leader youth è pura casualità frutto di un’analisi geopolitica o nasce per fini meramente propagandistici nel tentativo di conquistare qualche simpatia nel mondo arabo islamico?

Quale che sia la risposta a questa domanda, la cosa certa è che i negoziati si sono di nuovo impantanati. Ufficialmente per l’assalto ribelle di sabato sera alla base di al-Amaliqa nella provincia settentrionale di Amran. Un attacco che ha fatto infuriare il ministro degli esteri yemenita nonché leader della delegazione dei lealisti in Kuwait, Abdul Malek al-Mikhalifi. Di fronte a questo “crimine”, ha detto al-Mikhalifi, il governo reagirà prendendo una “posizione appropriata”. Chissà in Yemen quanti, nel sentire il ministro pronunciare l’aggettivo “appropriata”, avranno incominciato a tremare. Nena News

 

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