Veglia di incontro nonviolento

Sabato 16 aprile 2016, ore 14.00 – 15.30,
Centro Comunitario Valdese,
via Manzoni 19 – Firenze

 

Funerale religioso aperto

Sabato 16 aprile 2016, ore 16.30,
Chiesa di San Francesco,
Piazza Savonarola – Firenze


Stazione di riferimento Firenze Campo di Marte


https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Pinna

Pietro Pinna

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo

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15 aprile 2016

 

E' morto Pietro Pinna, primo obiettore italiano al servizio militare

 

Dopo gli anni di carcere militare a cui fu sottoposto per il suo rifiuto del servizio militare obbligatorio, si impegno' attivamente per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza

 

- IL PRIMO OBIETTORE

E' deceduto Piero Pinna, primo obiettore di coscienza al servizio militare e fondatore con Aldo Capitini del Movimento Nonviolento.

Una delle figure piu' vive dell'Italia civile del Novecento e uno degli animatori piu' illustri dell'impegno piu' necessario per il futuro dell'umanita': l'opposizione alla guerra e a tutte le uccisioni, e quindi a tutti gli eserciti e a tutte le armi.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita.

Salvare le vite e' il primo dovere.

La testimonianza di Piero Pinna che l'intera sua vita ha dedicato all'azione nonviolenta per la pace illumini l'umanita' intera.

 

- COMPRESENZA. SAM BIESEMANS RICORDA PIERO PINNA

 

Saluti a tutti gli amici nonviolenti italiani da parte del Bureau Europeen de l'Objection de Conscience (www.ebco-beoc.org) in lutto per la morte del nostro vecchio amico pacifista Pietro Pinna.

Grazie al suo coraggio, il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare e' stato vincente in Italia.

Saluti da Bruxelles.

Sam Biesemans, vicepresidente del Bureau Europeen de l'Objection de Conscience

  

- COMPRESENZA. DANIELE LUGLI RICORDA PIERO PINNA

 

Propongo un piccolo ricordo di Pietro Pinna, per me un fratello maggiore, scomodo e amato. E' morto un obiettore vero, mentre di obiezione si parla non sempre a proposito.

I funerali sono sabato a Firenze dove abitava da molti anni. E' sempre rimasto legato a Ferrara, la nostra, e sua, citta', dove ha sorella e nipoti. Pietro Pinna, per tutti noi Piero, obiettore di coscienza al servizio militare fin dal 1948, fondatore del Movimento Nonviolento con Aldo Capitini, animatore e protagonista delle iniziative che lo caratterizzano, ancora direttore responsabile di "Azione nonviolenta".

Il suo processo sollevo' nel dopoguerra il tema del riconoscimento dell'obiezione, con proposte di legge che non ebbero buon esito. Per sua principale iniziativa ed azione il piccolo Movimento Nonviolento appena nato avvio', nel 1963, una campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Un piccolo numero di persone, inizialmente solo otto in tutta Italia, con l'impegnativo nome di Gruppo di azione nonviolenta, da Pinna coordinato, promosse iniziative e manifestazioni, spesso vietate dalla polizia, affrontando processi tutti vittoriosi. La piccola, ma costante azione del Gruppo porto' attenzione al tema e a un piu' ampio sostegno fino alla legge di riconoscimento del 1972. Non manco' l'apporto di giovani della nostra citta' nel sostegno e nella pratica dell'obiezione.

In questo impegno per la nonviolenza, fatto di disobbedienza civile, marce antimilitariste, azioni dirette, studio e pratiche rivolte al disarmo unilaterale, Piero ha speso tutta la sua esistenza, coerente e rigoroso soprattutto con se stesso, sempre aperto all'incontro con l'altro, nella tensione e familiarita', nella ricerca della verita'. Sempre costruttivo, e non solo disobbediente, nel processo davanti ai giudici militari chiese di essere addestrato a operazioni di ritrovamento e disattivazione di mine e bombe inesplose.

La vita lo ha sottoposto a prove terribili, il suo corpo e' stato colpito duramente, ma il suo animo non si e' mai  piegato. Oggi, i giovani, che tanto a cuore stavano a Piero, e si affacciano all'esperienza del servizio civile, anche nella nostra citta', e' bene sappiano che la loro esperienza, importante se ben affrontata, e' possibile in gran parte grazie all'impegno della vita difficile e generosa di Pietro Pinna.

 

- COMPRESENZA. VITTORIO PALLOTTI RICORDA PIERO PINNA

 

Ho conosciuto Pietro nei primissimi anni '80, nel corso delle lotte contro l'installazione dei missili a Comiso. Da allora e fino agli anni '90 l'ho incontrato piu' volte nel corso delle iniziative della Campagna per l'obiezione di coscienza alle spese militari e delle marce antimilitariste, a cominciare dalla Perugia-Assisi del 1979.

Rimangono ancora vivi nella mia memoria i discorsi e le discussioni che ci coinvolgevano nelle assemblee e negli incontri a tu per tu sui treni e nelle marce. Per me sono stati momenti importanti nella mia formazione alla nonviolenza.

Ringrazio Pietro per questo dono che mi ha dato e che conservero' per sempre nel cuore e nella mente.

 

- COMPRESENZA. TONIO DELL'OLIO RICORDA PIERO PINNA

Come un sasso nello stagno. Questo e' stato Pietro Pinna, classe 1927, che si e' spento ieri nella sua casa di Firenze.

Nel 1948 si rifiuto' di servire la patria con le armi e fu condannato a dieci mesi di carcere dal tribunale militare di Torino. Si trattava del primo caso di obiezione di coscienza al servizio militare di cui la stampa dava notizia. Fu grazie al gesto coraggioso e nonviolento di quel ventenne di origini sarde che nel nostro Paese si diede inizio a un dibattito sull'obiezione di coscienza. Anzi, proprio nel novembre 1949 Umberto Calosso, deputato socialista che aveva seguito tutta la vicenda giudiziaria di Pinna, e Igino Giordani, democristiano, presentarono la prima proposta di legge per il riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare. Si deve arrivare al 1972 per vedere sancito quel diritto in una legge dello Stato!

Ma il merito di Pinna sta soprattutto nell'aver contribuito all'elaborazione di una teoria della lotta nonviolenta insieme ad Aldo Capitini che peraltro era stato citato come testimone in quel primo processo. Ragioni profonde che insegnano a vivere, a superare i conflitti, a rispettare l'avversario e a servire la verita'. Una teoria e una pratica che proprio la scomparsa di Pietro Pinna rende oggi piu' attuali di ieri.

Per lui il sentimento del riconoscimento e della gratitudine che si deve ai testimoni scomodi che hanno contribuito a far crescere l'umanita' e a farci crescere in umanita'.

 

- COMPRESENZA. GUIDO GHIANI RICORDA PIERO PINNA

Ho appreso con profonda commozione della dipartita di Pietro (o meglio Piero) Pinna.

Oltre a cio' che hanno scritto Mao e altri esponenti del nostro Movimento che condivido, da parte mia come sardo ricordo la sua sardita' (cui teneva molto essendo la sua famiglia residente nell'oristanese). Lo ricordo bene la prima volta che lo incontrai nell'agosto del 1976, in occasione della Marcia internazionale degli antimilitaristi nonviolenti che era partita da Cagliari facendo poi tappa a Decimomannu (aereoporto interforze Nato) poi a Orgosolo (a 15 Km da Nuoro) per ricordare la storica lotta nonviolenta del 1968 contro i poligoni militari (lotta che risulto' vincente grazie alla mobilitazione di tutta la popolazione orgolese), poi a Olbia, Arzachena e a La Maddalena (la base americana per sommergibili nucleari) dove la marcia fini' a mare per le benefiche "carezze" della polizia sui marciatori... In tutte quelle tappe della marcia Piero Pinna era sempre li' a dare consigli, calmare gli animi dei marciatori con parole sempre appropriate, il tono di voce un po' sommesso ma autorevole.

A me aveva chiesto di inviargli ancora qualche articolo per "Azione nonviolenta", dopo il primo che inviai (e pubblico') nel numero di settembre-ottobre 1975. Per me era un onore collaborare alla prestigiosa rivista fondata da Capitini e vedere rinnovata la fiducia di Piero era stata un'emozione, sempre rinnovata negli anni successivi. Avere a che fare con un uomo che era stato il piu' stretto collaboratore di Capitini in Perugia era davvero bello e stimolante per la mia crescita di militante nonviolento.

Con gli anni lo rividi diverse volte alle riunioni del Movimento Nonviolento e a quelle della nascente "Lega per il Disarmo Unilaterale" a Firenze con lo scrittore Carlo Cassola presidente e Davide Melodia segretario. Ecco, ripensando a Davide Melodia (segretario per due anni, 1980-1981, anche del Movimento Nonviolento) penso proprio a loro due: Piero e Davide come colonne ben salde e fattive per la nonviolenza in Italia. Ora sono entrambi nel giardino dei giusti e ci seguono nella compresenza quotidiana con la loro anima benevola e sapiente.

 

- COMPRESENZA. GIUSEPPE MOSCATI RICORDA PIERO PINNA

Ciao Pietro,

ho ancora nelle orecchie il suono a vuoto del tuo telefono quando, qualche giorno fa, avevo provato a chiamarti. Non a vuoto andranno i suoni e i segni che ci hai lasciato, tu compresente il nostro Aldo Capitini, per una nonviolenza autentica, integrale, senza sconti e senza compromessi.

Un abbraccio di quella nonviolenza,

Giuseppe Moscati con la Fondazione Centro studi Aldo Capitini e con l'Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini

 

- COMPRESENZA. ENRICO PEYRETTI: I NOSTRI MORTI

Con la morte di Pietro Pinna, salgono a tre, in due mesi e mezzo, con Nanni Salio e Fulvio Cesare Manara, i nostri compagni e guide sulla via della nonviolenza, della cultura attiva gandhiana e capitiniana, che ci lasciano soli.

Ma ci lasciano soli?

Essi si aggiungono a tanti promotori ed esploratori del nostro cammino, che li hanno preceduti.

Nanni amava che in gennaio, nell'anniversario di Domenico Sereno Regis, li ricordassimo tutti, consapevoli della loro compresenza nel nostro lavoro, nello spirito che anima la nostra speranza attiva, nella nostra amicizia impegnata.

Continuiamo a ricordarli, perche' sono doni vivi dati a noi, ed e' nostro debito trasmetterne lo spirito e il lavoro.

Davanti alla morte ognuno di noi ha i suoi interrogativi e le sue piccole o grandi luci.

Tutti insieme abbiamo la decisione di non rassegnarci alla morte data dalla violenza delle armi, delle ingiustizie, delle culture inumane.

Se l'umanita' arrivera' a non aggiungere morte alla morte, arriveremo forse a imparare che la morte naturale non ci fa perdere nessuna vita che sia viva, che viva per gli altri, per cio' che e' giusto.

Ci abbracciamo tra noi con forza, con i nostri amici "andati avanti".

 

L'ASSOCIAZIONE "RESPIRARE" RICORDA PIERO PINNA

 

L'associazione "Respirare" ricorda Piero Pinna, luminosa figura della nonviolenza in cammino.

Pietro Pinna e' deceduto il 13 aprile a Firenze, dove quest'oggi si svolgono i funerali.

Obiettore di coscienza al servizio militare e per questo a lungo detenuto, collaboratore di Danilo Dolci e di Aldo Capitini, con Capitini organizzo' la prima marcia per la pace Perugia-Assisi, fondo' il Movimento Nonviolento e la rivista "Azione nonviolenta" di cui e' stato direttore responsabile fino ad ora. Con Carlo Cassola e Davide Melodia fu animatore della "Lega per il disarmo unilaterale". Sono innumerevoli le iniziative di pace che promosse e cui partecipo'.

Pensatore ed organizzatore della nonviolenza, ha condotto indimenticabili azioni contro la guerra e tutte le uccisioni, per l'abolizione degli eserciti e delle armi. Lascia una testimonianza sublime di come l'umanita' potrebbe e dovrebbe essere: generosa, pacifica, solidale, accudente.

Lo ringraziamo e lo salutiamo.

Anche grazie a lui, al suo pensiero e alla sua azione, la nonviolenza e' in cammino.

Che possa lo nonviolenza riuscire a fermare la "terza guerra mondiale a pezzi".

Che possa la nonviolenza riuscire a salvare l'umanita' e la biosfera dalla catastrofe.

 

COMPRESENZA. LE ACLI RICORDANO PIERO PINNA

 

E' morto il 13 aprile Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza "politico" italiano. Il suo rifiuto all'uso delle armi gli costo' anni di carcere. Con Capitini, filosofo antifascista considerato il "Gandhi italiano", Pinna organizzera' la prima Marcia della Pace Perugia-Assisi nel 1961 e successivamente fondera' nel 1962 il Movimento Nonviolento.

"E' una grave perdita per tutto il Movimento Nonviolento e per quanti hanno lottato nel nostro Paese perche' un'altra difesa della Patria fosse possibile, attraverso l'istituzione del Servizio civile. Il suo no alle armi e agli eserciti fu un no alla guerra pagato in prima persona". Questo il primo commento, appena appresa la notizia, da parte di Alfredo Cucciniello, della presidenza nazionale delle Acli, responsabile del dipartimento "Pace e cittadinanza attiva" e del Servizio civile.

 

COMPRESENZA. LUCA CHIAREI RICORDA PIERO PINNA

 

Ho conosciuto Pinna negli anni '80, quando a 21 anni facevo il servizio civile. Prima era un esempio letto sui libri, poi ricordo quando l'ho conosciuto di averne sentito il carisma e dai libri e' diventato un esempio reale che orientava anche la mia vita di quegli anni. Negli anni del mio impegno attivo nei movimenti nonviolenti e' stato nel bene e nel male un punto di riferimento. I suoi modi diretti, a volte ironici al limite del sarcasmo, con i quali a volte ho polemizzato, anche per diversi orientamenti politici, sono comunque ricordi belli che hanno ancora un senso per il mio presente. Nonostante questo riconosco che Pietro e' stato una delle persone che hanno inciso nella mia formazione: da lui ho appreso come tenere insieme, da una parte la coerenza personale quasi assoluta dell'uomo solo contro tutto e tutti quale era l'obiezione di coscienza alla guerra, agli armamenti, al non uccidere, dall'altra il senso della concretezza, del limite, di come e cosa effettivamente i movimenti nonviolenti di quegli anni (erano gli anni della guerra fredda, dei missili a Comiso, degli SS20...) potevano effettivamente mettere in campo in Italia. La concretezza che la passione a volte fa passare in secondo piano ma di cui la realta' viene poi a chiederti conto. Ricordo tanti suoi interventi in questo senso in assemblee e congressi, che solo in seguito ho compreso pienamente.

Anche se sono passati tanti altri anni senza piu' incrociarci, per quello che puo' servire mi fa piacere, per queste ragioni, dirgli ora grazie.

 

COMPRESENZA. MAURIZIO CRIPPA RICORDA PIERO PINNA

 

Il nome di Pietro Pinna non dira' molto alla maggior parte dei lettori e degli attuali cronisti in servizio attivo. Al massimo, come per il sottoscritto, e' una nota incontrata in una pagina, qualche volta e molto tempo fa.

Pietro Pinna e' morto il 13 aprile a Firenze, aveva 89 anni ed e' stato il primo obiettore di coscienza al servizio militare per motivi politici in Italia.

Doveva partire per la naja nel 1948, ma si rifiuto'. Fini' sotto processo nel 1949 e il Tribunale militare di Torino lo condanno' per il reato di disobbedienza: "Volonta' cosciente del fatto negativo, in contrasto con l'ordine ricevuto e nella conoscenza del contenuto dell'ordine stesso". Nel frattempo, in Parlamento comparivano le prime proposte affinche' per gli obiettori fosse riconosciuta la possibilita' di essere destinati a "servizi dove non si uccide, ma si puo' essere uccisi".

Piu' tardi, con Aldo Capitini, fu tra i fondatori del Movimento Nonviolento e organizzo' la prima Marcia per la pace Perugia-Assisi, 1961.

E' una storia antica, anzi preistorica, per l'Italia in cui il servizio militare obbligatorio non esiste piu', esiste un servizio civile nazionale volontario che a Matteo Renzi piace molto - fa bene alla formazione dei giovani - ma funziona poco. E soprattutto per un'Italia, e un mondo, sull'orlo della terza guerra mondiale a pezzi e in cui il no a imbracciare un fucile resta una domanda importante, ma pare posta al vuoto. Pero' cosi', per ricordarselo.

 

COMPRESENZA. VALERIA FEDELI RICORDA PIERO PINNA

 

E' con grande dispiacere che ho appreso la notizia della scomparsa di Pietro Pinna.

Protagonista del Movimento Nonviolento, con il suo esempio e' stato un punto di riferimento per la coscienza civile di molte generazioni di italiani. Alla sua famiglia e a tutti i suoi cari voglio esprimere le mie condoglianze.

Pietro Pinna fu identificato nel secondo dopoguerra come il primo obiettore di coscienza italiano, e dopo aver organizzato, con Aldo Capitini, nel 1961, la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi, il suo impegno antimilitarista non ha mai smesso di ispirare le giovani generazioni con i valori della pace e dell'amicizia tra i popoli, un messaggio che adesso sta a tutte e tutti noi far continuare a vivere.

 

COMPRESENZA. MASSIMO MANCA RICORDA PIERO PINNA

 

Ci ha lasciati un combattente pacifico: e' morto Pietro Pinna. Lo so... pressoche' nulla troverete oggi sui giornali. A Pinna - Piero per tutti - dobbiamo pero' qualcosa. Primo obiettore di coscienza "politico" italiano, si e' sempre distinto per affermare principi e tecniche della nonviolenza in Italia, avendo sempre ben chiaro che non si puo' battere la guerra senza eliminare gli eserciti, gli strumenti che la rendono possibile.

Di origini sarde, nel 1948 fu chiamato a prestare servizio militare di leva, ma decise di rispondere con un plateale no. Probabilmente l'abbiamo dimenticato, ma fino al 1972 l'obiezione di coscienza al servizio militare era considerata, nella migliore delle ipotesi, renitenza alla leva, oppure diserzione, mentre solo dal 2005 e' stata eliminata l'opzione del Servizio Civile obbligatorio. Venne processato per disobbedienza (fu difeso da Bruno Segre) e condannato al carcere per 18 mesi. Non fu l'unica volta. Nel 1973, a seguito di una affissione contro la celebrazione delle Forze armate, Piero fu arrestato e condannato per vilipendio; nel 1979 si becco' un'altra condanna per blocco stradale.

Fu il piu' stretto collaboratore di Aldo Capitini e insieme, nel 1961, organizzarono la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Sempre con Capitini fondo' nel 1962 il Movimento Nonviolento e nel 1964 la rivista "Azione nonviolenta", di cui era direttore fino a ieri. Nel 1976, coi radicali, fu tra gli organizzatori e animatori della prima Marcia antimilitarista internazionale. Partendo dal sacrario militare di Redipuglia e raggiungendo anche Verdun in Francia, la marcia si concluse in Sardegna, alla Maddalena (il prossimo 19 agosto ricorre il quarantennale) con la costruzione di un muro simbolico per bloccare l'accesso militare americano (Paolo Buzzanca, allora segretario del Partito Radicale della Sardegna, fu buttato in mare dai carabinieri, ignari di battezzare in quel modo un futuro consigliere regionale). Su questa, Jean Fabre scrivera': "Gia' semirovinata dalla petrolchimica, luogo di sperimentazioni fatte sulla pelle della gente, sede di carceri speciali, l'isola e' una roccaforte della Nato, o meglio delle forze statunitensi (base di sommergibili nucleari alla Maddalena, poligoni di tiro, terra di esercitazioni militari di terra, mare, aria). E' chiaro il motivo che ci ha indotto a concludere la prima marcia internazionale in Sardegna". Se le cose stavano cosi', non mi sembra che la situazione sia migliorata di molto, ma questa e' un'altra storia.

Artefice nel 1982 della Marcia Catania-Comiso contro l'installazione della base missilistica statunitense, Piero fu anche insignito della laurea honoris causa in Scienze per la Pace dalla facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Pisa. Partendo da motivazioni non solo religiose, ma politiche e filosofiche, assunse il ruolo di alfiere dell'obiezione di coscienza. Il suo caso spinse il mondo giuridico a rivedere il concetto di Difesa: dobbiamo a lui la lunga marcia che porto' gli obiettori italiani ad essere riconosciuti dallo Stato. Un riconoscimento istituzionale arrivato troppo tardi, quando il 3 marzo scorso, in occasione dell'incontro con una delegazione di rappresentanti e volontari del Servizio Civile Nazionale, il presidente della Repubblica Mattarella ha detto: "Sono stati gli obiettori di coscienza al servizio militare obbligatorio ad aprire la strada, talvolta con contrasti e incomprensioni, ad ampliare il significato e le modalita' di servizio alla Patria". Ecco, ricordiamolo ancora: se in Italia, oggi, sono sempre piu' diffuse pratiche di vita nonviolente lo dobbiamo a persone come Piero Pinna, al loro sacrificio e alle solitarie battaglie, al prezzo che hanno pagato per affermare i principi e valori della pace.

 

COMPRESENZA. IL TAVOLO ECCLESIALE SUL SERVIZIO CIVILE RICORDA PIERO PINNA

 

E' morto ieri sera a Firenze, a 89 anni, Pietro Pinna, obiettore di coscienza nel 1948 e fondatore con Aldo Capitini del Movimento Nonviolento. Dalla sua scelta, che gli costo' vari mesi di carcere militare, nacque un'ampia campagna pubblica per il riconoscimento del diritto di obiezione al servizio militare e di un servizio civile alternativo. Su "Azione Nonviolenta", la rivista da lui fondata e di cui e' stato fino a ieri direttore responsabile, il ricordo del Movimento Nonviolento, a cui si stanno aggiungendo in questo momento quelli di tanti che lo hanno conosciuto in questi anni.

"La sua idea lo lascera' vivo nei ricordi e nella storia del nostro paese", scrive Enrico Maria Borrelli, Presidente del Forum nazionale del servizio civile, mentre don Giovanni D'Andrea, presidente di Salesiani per il Sociale - Federazione Scs, ricorda di avere avuto "l'onore di conoscere Pietro in occasione del convegno di Firenze del dicembre 2012 che celebrava i 40 anni della Legge 772 (legge che istituiva l'obiezione di coscienza). Sentire la sua testimonianza mi e' stata molto utile per comprendere meglio il percorso che ha condotto all'attuale servizio civile. Grazie, Pietro, per avere contribuito a scrivere queste pagine di storia della crescita civile di tanti italiani".

 

COMPRESENZA. CLAUDIO TURRINI RICORDA PIERO PINNA

 

Sono passati 51 anni da quel comunicato dei cappellani militari della Toscana in congedo in cui bollavano la "cosiddetta obiezione di coscienza" come "un insulto alla Patria e ai suoi caduti", oltre che "estranea al comandamento cristiano dell'amore ed espressione di vilta'". Oggi li farebbero visitare da uno psichiatra. Ma in quegli anni trascinarono davanti ad un tribunale don Lorenzo Milani, nel silenzio complice di gran parte del mondo cattolico.

Pochi anni prima, nel 1961, il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, era stato incriminato per aver fatto proiettare il film "Non uccidere" del regista francese Claude Autant-Lara. Erano gli anni in cui un giovane lombardo dell'Ac, Giuseppe Gozzini - primo obiettore di coscienza cattolico -, era stato condannato a sei mesi di carcere per aver rifiutato di indossare la divisa al Car di Pistoia. E lo scolopio padre Ernesto Balducci, che lo aveva difeso pubblicamente in un'intervista al "Giornale del Mattino", veniva denunciato per apologia di reato. Assolto dal Tribunale di Firenze, fu poi condannato dalla Corte d'appello con una sentenza piena di riferimenti teologici preconciliari.

Se oggi ci sembrano fatti paradossali, confinati nel passato, e' grazie a persone che hanno testimoniato la verita' a qualunque costo.

Come Pietro Pinna, morto ieri a Firenze, dove viveva da tempo, all'eta' di 89 anni. Lui che a 21 anni, nel 1948, influenzato dalle idee di Aldo Capitini, con il quale avrebbe poi fondato il Movimento Nonviolento e dato vita nel 1961 alla marcia della pace Perugia-Assisi, fu il primo italiano a rifiutare di indossare la divisa, non in nome di una fede (come facevano i testimoni di Geova), ma per le sue convinzioni etiche, maturate nel corso della guerra. Quella scelta gli costo' 18 mesi di carcere. E nel 1973 era stato di nuovo condannato per direttissima per vilipendio delle Forze Armate per aver affisso un manifesto di lutto il 4 novembre.

Pietro Pinna ha sempre tenacemente testimoniato la sua ferma convinzione che "non si puo' sconfiggere la guerra senza eliminarne lo strumento che la rende possibile, gli eserciti".

Come ci ricorda in una nota il Movimento Nonviolento "oggi, i giovani, che tanto a cuore stavano a Piero, che si affacciano all'esperienza del servizio civile, sanno - o dovrebbero sapere - che la loro esperienza di difesa civile non armata e nonviolenta e' possibile soprattutto grazie all'impegno di una vita di Pietro Pinna".

 

COMPRESENZA. VALTER VECELLIO RICORDA PIERO PINNA

 

In molti, e anche chi scrive, dobbiamo qualcosa a Pietro Pinna, il primo obiettore politico italiano.

Da lui ho sentito citare per la prima volta Aldo Capitini, il suo maestro, di cui e' stato per anni preziosissimo collaboratore; e davvero formativa la lettura di "Azione nonviolenta", il mensile che dirigeva e curava, e pubblicava tante notizie, tanti articoli che altrimenti non avrebbero avuto diffusione.

E' stato Pietro a suggerire di vedere un film del regista francese Claude Autant-Lara; ancora non era passato, con un salto davvero sorprendente, nelle fila del Front National di Jean-Marie Le Pen. Autant-Lara dirige un film destinato a fare epoca: "Non uccidere", storia di  un ragazzo che rifiuta di prestare il servizio militare e per questo viene processato e condannato. In quel film l'obiettore a un certo punto dice: "che anch'io abbia un dovere da assolvere, lo sento... A vent'anni ognuno fa il servizio militare. Io no. Sono pronto a servire il mio paese, magari volendo per un periodo piu' lungo, e in condizioni piu' disagiate di quelle del servizio militare; ma non con le armi, ecco tutto".

Film che non ha vita facile. Autant-Lara impiega dodici anni prima di trovare un produttore, in Italia e' vietato perche', si dice, istiga a delinquere, essendo il servizio militare obbligatorio. L'obiezione di coscienza non e' neppure concepibile, nonostante Teodoro Moneta, l'unico premio Nobel per la pace italiano, la predichi fin dal primo Novecento; difendere la Patria anche con le armi e' considerato sacro dovere costituzionale. Per chi si rifiuta c'e' il carcere, ed e' il caso dei primi due obiettori per motivi religiosi: Rodrigo Castiello, pentecostale, ed Enrico Cerroni, testimone di Geova. Poi, arriva Pietro; che fa del "Non uccidere" e del non imparare a farlo un categorico imperativo. Viene ripetutamente processato e condannato, la prima volta nel 1949. In quell'anno Umberto Calosso, una delle voci di "Radio Londra" durante la guerra, presenta il primo progetto di legge sull'obiezione di coscienza per motivi morali o religiosi. Viene affossato, non basta l'impegno di personalita' cattoliche e laiche come il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, lo scrittore Ignazio Silone, padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani, che vengono processati e condannati per apologia di reato. Chi dice no al servizio militare  continua a finire in carcere: sono anarchici, cattolici, radicali. Arriviamo ai primi anni Settanta: il segretario radicale Roberto Cicciomessere, obiettore anche lui, si fa arrestare; Marco Pannella e un altro obiettore, Alberto Gardin, iniziano un lungo sciopero della fame; e finalmente nel 1972 il Parlamento approva una legge sull'obiezione di coscienza, grazie all'impegno del presidente della Camera di allora, Sandro Pertini, che calendarizza il testo di legge, poi approvato.

Ho cercato di condensare la storia dell'obiezione di coscienza, una conquista che assieme a tante altre segna gli anni Settanta; e di cui poco si sa. Di quella battaglia, di quella vittoria uno dei protagonisti e' Pietro; e tanti di noi gli dobbiamo tanto.

Che la terra ti sia lieve, Pietro.

 

COMPRESENZA. PIERO ARCANGELI RICORDA PIERO PINNA

 

Onore alla vita integra e alla memoria di Pietro Pinna, che frequentava la mia casa a Perugia nei primi anni '70, anni intensi, di dignitosa poverta' e di grande responsabilita' soprattutto per lui, subito dopo la morte di Aldo Capitini...

Un grande abbraccio fraterno,

Piero Arcangeli

 

COMPRESENZA. L'ASSOCIAZIONE "IO, NOI" RICORDA PIERO PINNA

 

Abbiamo appreso con profonda commozione della scomparsa di Pietro Pinna, ricordato come il primo obiettore di coscienza politico italiano e per aver speso la sua vita per la costruzione della Nonviolenza organizzata nel nostro Paese. Quello di Pinna e' un esempio di vita a cui i volontari e i professionisti che fanno parte delle diverse realta' che compongono il gruppo "Io, Noi" fanno riferimento.

La diffusione e l'ulteriore sviluppo della filosofia della Nonviolenza e' un nostro impegno quotidiano ed e' affidata, in primo luogo, alla nostra Biblioteca per la Nonviolenza, che vuole essere una testimonianza concreta e un punto di riferimento culturale soprattutto per i giovani del territorio e della Nonviolenza come mezzo per la trasformazione sociale.

Oggi, i giovani, che tanto a cuore stavano a Pietro sanno, o dovrebbero sapere, che l'esperienza di una societa' non armata e nonviolenta e' possibile soprattutto grazie all'esempio di una vita come quella di Pietro Pinna.

Ecco perche' una rappresentanza dell'Associazione "Io, Noi" sara' oggi a Firenze, per salutare e ringraziare un uomo che ha fatto della sua vita un esempio per le nuove generazioni.

 

COMPRESENZA. VANNI CAPOCCIA RICORDA PIERO PINNA

 

Non so quante persone sappiano o ricordino chi sia Pietro Pinna. E' stato per tutta la vita un nonviolento. Nel 1948 quando lo chiamarono per la leva si rifiuto' di fare il militare diventando il primo obiettore di coscienza italiano, per la prima ma non ultima volta pago' con il carcere la sua fede nonviolenta. Tutti i giovani che poi ebbero la possibilita' di scegliere senza problemi il servizio civile al posto del militare lo debbono prima di tutto a quella sua solitaria, faticosa, dolorosa scelta ed al suo successivo impegno in tal senso.

Stretto collaboratore di Aldo Capitini con il quale ha organizzato diverse Marce della Pace ha vissuto per tanti anni a Perugia. Per tutto quello che in vita aveva fatto da uomo amante della nonviolenza, per la sua vicinanza a Capitini, per il ricordo che aveva lasciato a Perugia la Societa' Generale di Mutuo Soccorso di Perugia il 20 giugno del 2015 lo fece suo Socio onorario.

E' una delle persone piu' buone che finora mi sia stato dato d'incontrare. Con Pietro la terra sara' leggerissima.

 

COMPRESENZA. FRANCESCO ZAFFUTO RICORDA PIERO PINNA

 

La Storia e' piena di tragedie e di uomini prepotenti che vengono spesso ricordati ed ancora osannati. Ma c'e' una storia parallela di uomini spesso dimenticati, ma che hanno espresso una grande forza per cambiare in meglio l'umanita'. Uno di questi uomini e' Pietro Pinna, morto mercoledi' 13 aprile a Firenze, a 89 anni; fu il primo obiettore di coscienza in Italia al servizio militare per motivi politici e fondatore, con Aldo Capitini, del Movimento Nonviolento.

Nato nel 1927 a Finale Ligure (Savona), rifiuto' la chiamata alle armi nel 1948. Quella scelta era configurata  fino al 1972 come reato di renitenza alla leva obbligatoria (reato abolito completamente nel 2005). Pinna fu processato e condannato complessivamente a 18 mesi di carcere.

Quella scelta nonviolenta segno' in qualche modo la sua vita e divenne un militante della lotta pacifista: collaboro' con Capitini e organizzo', nel 1961, la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi e le tre successive. Protagonista del Movimento Nonviolento, ne divenne segretario nazionale dal 1968 al 1976. Per il suo impegno di lotta subi' altre condanne: nel 1975 fu condannato per vilipendio (reato di affissione di manifesti contro la celebrazione delle Forze armate). In sua difesa ci furono volantinaggi, raccolte di firme, lettere e telegrammi alle autorita' interessate, finche' fu accolta dal Presidente della Repubblica la sua istanza di grazia. Nel 1979 fu condannato per aver messo in atto un blocco stradale.

Nel 1976 fu tra gli organizzatori della prima Marcia antimilitarista internazionale, partita dal sacrario militare di Redipuglia per concludersi in Sardegna, alla Maddalena, dove fu costruito un muro come simbolica barriera per bloccare l'accesso militare americano.

Nel 2008 e' stato insignito del Premio Nazionale Nonviolenza e nel 2012 la facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Pisa gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze per la Pace.

L'esperienza della leva per alcuni giovani era vissuta come esaltante, per altri inutile e noiosa, e per altri ancora era vissuta come pratica violenta da accettare o rifiutare al costo della galera. Grazie a Pinna, e al suo esempio seguito da tanti giovani (alcuni erano aderenti alla chiesa dei Testimoni di Geova ed altri s'ispiravano alle idee del movimento laico pacifista), vennero introdotte in Italia modifiche all'istituto della leva obbligatoria e la possibilita' di sostituirla con il servizio civile.

Oggi siamo a dieci anni dalla cancellazione della leva obbligatoria, i giovani non trovano piu' al raggiungimento della maggiore eta' lo scoglio del servizio militare. Ma non sono finiti gli eserciti e non sono finite le guerre. Il servizio militare e' cambiato in Italia ed e' cambiato in tanti paesi occidentali, gli eserciti sono formati da militari stipendiati di carriera e da volontari che scelgono la ferma per alcuni anni. Preparati, addestrati, armati fino ai denti, in qualche modo somigliano alle truppe mercenarie che la Storia ci ha consegnato con pessimi esempi.

La scelta dell'esercito professionale non e' stata certo fatta per motivi di pace, ma per rendere ancora piu' facili le scelte di guerra. La potenza dell'esercito moderno sta soprattutto nella potenza distruttiva degli armamenti e nelle capacita' di truppe addestrate e motivate al mestiere bellico.

L'eliminazione della leva obbligatoria ha diminuito le  contraddizioni che si venivano a verificare con le cosiddette guerre esportate. Non si vedono piu' soldati di leva partire per il Vietnam, con madri piangenti; sono invece partiti per l'Irak truppe di volontari con un buon stipendio, come se la scelta di uccidere o andare a morire venisse ben compensata dalla paga, e il denaro e' il detersivo migliore per lavare paure e coscienza.

Un tempo, quando c'era la leva obbligatoria poteva nascere un movimento come quello dei Proletari in divisa, che voleva contrastare all'interno dello stesso esercito le scelte piu' militariste; se un tempo ci poteva essere dentro l'esercito qualcuno che poteva contrastare qualche ordine inumano, oggi e' piu' difficile che possa accadere con truppe stipendiate.

Il movimento della pace ha dinanzi a se' una strada lunga e difficile, forse ancora piu' difficile. La strada della lotta per la pace ci puo' portare verso un'umanita' nuova e migliore, ma e' pur sempre una lotta contro la violenza e non un'attesa messianica che la violenza possa svanire da se'.

Un saluto a Pietro Pinna e alla sua grande speranza di Pace che l'ha animato durante tutta la sua vita.

 

COMPRESENZE. MARIO ALBI, MICHELE GUAITINI E ANDREA MAORI RICORDANO PIERO PINNA

 

Con Pietro Pinna scompare una figura altamente significativa per quanti si riconoscono nella nonviolenza come metodo d'azione politica. Umile, pacato, ma nello stesso tempo tenace e risoluto, e' stato un sicuro punto di riferimento di lotta per il cambiamento sociale nella prospettiva indicata da Capitini.

E proprio di Capitini fu stretto collaboratore e degno continuatore. L'abitazione perugina di Via Villaggio Santa Livia, la stessa dove risiedette Capitini, divenne importante luogo d'incontro per obiettori, antimilitaristi, nonviolenti nonche' efficace, fattivo centro di propulsione e iniziativa. Ha lasciato un segno nella nostra citta' dove ancora, a distanza di anni dal suo trasferimento a Firenze, viene unanimemente ricordato con affetto e grande stima. Per questo, nel 2015 avevamo proposto, senza esito, la sua iscrizione nell'albo d'oro del Comune di Perugia. Con Pinna siamo stati dentro la complessa organizzazione delle varie marce per la pace Perugia-Assisi, alle campagne per l'obiezione di coscienza, alle manifestazioni di piazza, ai seminari di studio, ai campi di lavoro: in una parola, Pinna non ha minimamente esitato a suggerire iniziative, sempre sostenendole in prima persona, sottolineandone anche le rispondenze internazionali d'ampio respiro, radicalmente fedele al principio che all'enunciazione delle idee deve seguire immediatamente l'applicazione concreta, per cui il nonviolento si connota per un atteggiamento di vita trasparente, per la generosita' e la disponibilita' ai rapporti con gli altri, per la semplificazione e la riduzione delle proprie necessita', a cominciare dagli interessi personali.

Siamo stati vicini a Pinna quando il 17 gennaio 1975 da segretario del Movimento Nonviolento, fu arrestato a Perugia per un manifesto antimilitarista con l'accusa di vilipendio alle Forze armate. Dopo quattro settimane nel carcere di Piazza Partigiani, Pinna fu liberato dopo che fu accolta dal Presidente della Repubblica la sua istanza di grazia. Sul suo caso si creo' un movimento di opinione pubblica con volantinaggi, raccolta di firme, lettere e telegrammi alle autorita' interessate e distribuzione del testo del manifesto che era stato all'origine della condanna.

Con Pietro Pinna se ne va un politico di altri tempi, speriamo futuri.

 

COMPRESENZA. MASSIMILIANO PILATI RICORDA PIERO PINNA

 

Scrivo queste righe in ricordo dell'amico Pietro Pinna sul treno che mi riporta a casa dopo questa lunga giornata fiorentina.

In me ancora l'immenso dolore di vedere un amico dentro una bara, ma per fortuna con me c'erano i visi e il calore di molte amiche e amici che da tutta Italia sono venuti a portare il loro ultimo saluto ad una grande persona.

Ma chi era Pietro Pinna?

Pietro, Piero per gli amici, e' stato uno dei primi obiettori di coscienza al servizio militare per motivi politici in Italia. Non certo il primo, ma forse il primo a fare della sua scelta un'azione politica per suscitare il cambiamento in Italia. Nel 1948 il giovane Pietro, dopo pochi mesi di servizio militare, matura la convinzione che servire militarmente lo stato sia una questione completamente contraria al suo modo di sentirsi e di vedere il mondo. Purtroppo, nonostante proprio in quell'anno l'Italia ottenesse la sua Costituzione democratica con il ripudio della guerra tra i suoi articoli fondamentali, la scelta di non servire militarmente il proprio stato non solo non era prevista ma appariva del tutto impensabile. Il giovane Pinna viene quindi spedito in un duro carcere militare, in cella con lui anche gli stessi personaggi rei di orrendi crimini durante la seconda guerra mondiale che portarono in lui la convinzione di dover opporsi con tenacia alla preparazione della guerra.

Attorno alla scelta di Piero si crea un gruppo di supporto formato da intellettuali e attivisti politici come Aldo Capitini e ben presto l'iter processuale di Piero diventa una splendida vetrina per Piero e amici per promuovere la necessita' di un servizio civile sostitutivo a quello militare e per suscitare il dibattito attorno alla violenza insensata della guerra e della sua preparazione. Di contro una vasta ala della politica e della societa' italiana del tempo (indistintamente da destra a sinistra) si opponeva tenacemente dando a Piero e amici dei "pavidi" che non volevano servire il proprio stato. Il tutto era ben riassunto nella requisitoria della pubblica accusa: "Tutto cio' che turba l'esercito va guardato con occhio sospettoso e severo. Necessita una condanna severa, non tanto per il Pinna, quanto per i principi che voi giudici rappresentate. Per questo chiedo che il soldato Pinna sia condannato".

L'idea di Piero e' quella di servire l'Italia, ma non da militare, tanto da arrivare a chiedere al giudice di essere formato, da civile, per andare a sminare i terreni ancora zeppi di mine della seconda guerra mondiale. In quei tempi non si scherzava certo, in carcere venivano negati i diritti piu' elementari cercando di piegare le idee "balzane" di Piero. Dopo oltre 10 mesi di carcere Piero esce ma poco dopo gli arriva una seconda chiamata alle armi alla quale nuovamente si rifiuta e segue un altro processo e altri 8 mesi di carcere che terminano solo grazie ad un'amnistia natalizia che Pinna cerca invano di rifiutare. Nuovamente arriva un'altra cartolina e Piero si prepara ad un terzo periodo di carcere (e cosi' sarebbe stato all'infinito), ma la risonanza del processo a Piero diventa forse troppo grossa, anche perche' lui tenacemente non molla, e quindi di colpo compare un foglio di congedo dovuto ad una malattia di cui Piero non soffriva. Una semplice soluzione all'italiana per togliere l'apparato militare dalle grane che il soldato Pinna gli stava creando, una sconfitta sia per Piero che aveva cercato invano un modo alternativo per servire lo Stato che per il Ministero della Difesa, che non era riuscito a reintegrare (e piegare) il "disertore".

Negli anni successivi Piero fu una figura determinante nel Movimento Nonviolento, di cui fu segretario dal '68 al '76, e della rivista "Azione Nonviolenta". Fini' in carcere anche negli anni '70 per episodi giudicati come vilipendio alle forze armate, per poi essere graziato dal Presidente della Repubblica. Piero in quegli anni si rese protagonista di numerose lotte politiche, di marce antimilitariste, della pace (come la Perugia-Assisi) e di azioni nonviolente, tutte volte all'ottenimento dell'obiezione di coscienza, al servizio civile o contro le guerre del tempo e per proporre l'alternativa nonviolenta all'uso della violenza militare.

Fin qui la biografia di Pietro Pinna.

Piero e' stato un incontro fondamentale per la mia vita. Giovane antimilitarista ebbi modo di leggere il suo libro "La mia obbiezione di coscienza" che per me fu una rivelazione, un'apertura. Grazie a Piero la mia rabbia contro il sistema militare riusci' a saldarsi alla necessita' della costruzione di un'alternativa possibile grazie alla nonviolenza. Le sue parole, semplici, spigolose ma determinanti e tenaci, furono per me profetiche e cominciai ad interessarmi di nonviolenza e dell'agire del Movimento Nonviolento. L'impressione fu tanta che gli scrissi una lettera alla quale lui rispose poco dopo e io, giovane studente universitario a Bologna, andai a trovarlo a casa sua a Firenze con la mia compagna Francesca.

Entrai in casa sua con un certo timore: avevo di fronte una persona che per le sue "ragioni di coscienza" e per la sua profonda etica decise di opporsi pagando questa scelta con il carcere e l'"onta" di traditore della patria. Piero invece fu splendido, di una umilta' commovente e ci fece sentire a nostro agio. Ci trattenemmo tutto il giorno pranzando con lui e la moglie Birgitta. Di quel primo incontro (e dei successivi) mi rimangono sempre impressi i suoi occhi, vispissimi e pieni di vitalita', la sua semplicita' volontaria e il suo modo di fare da antieroe (anche se per me era il mio grande eroe). Successivamente, nel 2000, da obiettore di coscienza al servizio militare proposi e ottenni dalla Caritas di Bologna dove svolgevo il mio servizio civile di confezionare con una videomaker un videodocumentario di un incontro tra i giovani in servizio civile e Piero. A 16 anni di distanza dalle riprese casalinghe di quel documentario provo un certo orgoglio nel sapere che tuttora viene usato in varie parti di Italia per la formazione degli attuali volontari in servizio civile.

Ma l'onore piu' grande e' stato quello di conoscere una persona come Piero, tenace, caparbia, al limite della cocciutaggine quando si trattava di etica e di diritti da ottenere ma di una dolcezza disarmante e di una pazienza unica nell'accogliere a casa sua me e molte altre persone che andavano spesso a trovarlo per consigli e per discutere con lui della violenza del nostro mondo. Le sue parole sulla necessita' di opporsi, di disobbedire e di non prestare alcuna collaborazione a questo sistema violento sono scolpite profondamente in me.

Probabilmente Piero non finira' nei libri di storia e chi l'ha conosciuto occasionalmente lo ricordera' per la sua tenacia e cocciutaggine, ma nel mio cuore c'e' il suo sorriso, lo stesso che lo ritrae ventenne in manette mentre viene condotto in carcere. Non era una risata di sfrontatezza e di derisione ma il sorriso di una persona che serenamente aveva scelto di essere artefice in prima persona del cambiamento che voleva vedere nel mondo, una bella persona.

Grazie Piero, ciao.

 

2. COMPRESENZA. LORENZO PORTA RICORDA PIERO PINNA

 

Per Piero Pinna, per tutti noi, per la nonviolenza attiva

Intendo riassumere il mio intervento in memoria di Piero Pinna, che ho pronunciato ieri pomeriggio, nel primo luogo in cui e' avvenuto il ricordo, in stile laico, presso il Centro della Comunita' Valdese di Firenze al quale sono affluiti amiche e amici, collaboratori e compagni di lotta. Ad esso e' seguita una cerimonia religiosa aperta nella chiesa di S. Francesco nei pressi della sua abitazione.

Agli inizi degli anni '80 comincio il mio servizio civile, alternativo al servizio militare, a Milano e decido di terminarlo in Sicilia a Comiso, nel luogo designato ad ospitare i missili nucleari di primo colpo Cruise a medio raggio, secondo gli accordi in ambito Nato, in contrasto con la nostra Costituzione, in quella "guerra fredda" che vedeva schierati oltrecortina gli SS 20.

Nel crescendo di iniziative che abbiamo organizzato ricordo un episodio molto significativo che ci ha visti coinvolti nella fase finale della marcia internazionale antimilitarista Catania-Comiso, nella quale Piero ha profuso tutto il suo bagaglio esperienziale. Infatti in quell'occasione fu mostrato al piu' vasto movimento della pace, nelle sue diverse componenti (comunista e cattolica) l'importanza e l'efficacia di un'organizzazione pacata e tenace dell'azione diretta nonviolenta di fronte alla militarizzazione del territorio. La nostra condotta di partecipanti a tale marcia era improntata al raggiungimento dell'obiettivo di rendere pubblica la forte militarizzazione del territorio di quella parte di Sicilia funzionale ad una strategia di controllo del Mediterraneo da Sigonella a Comiso, nel rispetto delle forze di polizia, evitando di vederle come la materializzazione demonica delle scelte militariste, ma come un gruppo di lavoratori ai quali i manifestanti intendevano rendere chiaro con il comportamento i motivi che lo ispiravano. Volevamo infondere loro la certezza che non avremmo in nessun caso utilizzato alcuna forma di violenza fisica, ma soltanto azioni pacifiche nonviolente, che potevano pero' contemplare anche l'entrata nelle zone militari proibite all'accesso, ma senza opporre resistenza ad eventuali arresti o denunce.

Ebbene, passammo con le forze dell'ordine otto giorni di vita intensissima, con turni di lavoro per loro alquanto inusuali. All'ultimo giorno della marcia, giunti davanti all'entrata di quello che era chiamato ancora l'aeroporto militare "Magliocco", costruito in epoca fascista, ora aeroporto civile "Pio La Torre", eravamo tutti piuttosto stanchi, assiepati nel prato dove avevamo anche messo le prime tende di quello che sarebbe diventato un presidio permanente della base missilistica, il Campo internazionale per la pace, appunto. Il responsabile del corpo di polizia presente nella piazza chiama me e Piero Pinna e ci invita ad entrare nella camionetta. E' presente nella piazza il questore che viene rassicurato dallo stesso responsabile del drappello di poliziotti. Ci viene consegnata una busta chiusa che contiene una sottoscrizione dei lavoratori della polizia a sostegno della nostra lotta. In quella fase io ero in posizione di auto-trasferimento dalla sede del mio servizio, Milano, a Comiso, cosa che non era affatto consentita dal codice militare che gravava ancora sugli obiettori di coscienza in servizio civile.

In un primo momento non mi sono reso conto appieno della straordinarieta' dell'evento, a testimonianza del fatto che una preparazione accurata e tenace di forme di lotta nonviolenta puo' toccare l'avversario nell'intimo. Piero Pinna raccontera' l'episodio straordinario, mai accaduto prima nella sua esperienze di marcie nonviolente, in un articolo di "Azione Nonviolenta" dei primi mesi del 1983.

Ma Piero talvolta era imprevedibile: quando ero nella fase di prendere la decisione di andare a vivere a Comiso sul terreno della Verde Vigna, accanto alla base missilistica, acquistato da piu' di mille multiproprietari, lui aveva manifestato una sorta di preoccupazione. Mi diceva che era importante consolidare una professione lavorativa, cosi' come era fondamentale riflettere sui rapporti con la propria famiglia e sulla capacita' di mantenere legami fondamentali nel compiere scelte cosi' forti di distacco. Di questo gli sono grato, lui che in tempi assai piu' difficili, nel 1948, ha rifiutato il servizio militare ed e' stato mandato, dopo tanto carcere, a collaborare alla ricostruzione di aree martoriate dalla guerra appena conclusa ed ha poi abbandonato definitivamente la professione di ragioniere per dedicarsi al Movimento Nonviolento con Aldo Capitini.

Con lui negli anni piu' recenti ricordo con piacere quando mi ha spiegato con grande efficacia la visione di Capitini della compresenza dei morti e dei viventi e su questo ricordo ho letto un passo tratto dal libro omonimo di Aldo. Ne riporto solo una parte: "E un giorno sarai visibile, non perche' ritornerai da una lontananza, ma perche' finira' questa realta' che impedisce di vedere come tu vai avanti in una via di sviluppo e miglioramento" (Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, 1966, p. 256).

Arrivederci Piero e mi auguro di migliorare nei rapporti e nelle relazioni, avrei dovuto chiamarti di piu' e non dimentichero' come hai saputo giocare con i miei figli quando con Birgitta ed anche dopo la sua scomparsa sei venuto a trovarci.

 

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