Ma’an - Infopal - 25/1/2016 - Due Palestinesi sono stati uccisi dopo un presunto tentativo di accoltellamento e due donne israeliane ferite nell’insediamento illegale di Beit Horon, a ovest di Ramallah. La portavoce della polizia israeliana, Luba al-Samri, ha affermato che “due terroristi si sono avvicinati a un negozio di frutta e verdura a Beit Horon, hanno accoltellato una donna e sono fuggiti. Mentre stavano fuggendo, i due uomini hanno accoltellato un’altra donna, prima di essere neutralizzati dalle guardie”. Una delle due israeliane, una donna di 40 anni, è stata gravemente ferita, mentre la seconda, di 60, solo lievemente.


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26 gen 2016

 

Territori Occupati, uccisi due palestinesi e una israeliana

 

Nuovo attacco palestinese con coltelli ieri nella colonia di Beit Horon. La vice ministra degli esteri israeliana Hotovely attacca l’Autorità nazionale palestinese: “Con i fondi esteri sostiene il terrorismo”. L’avvocato del giornalista palestinese al-Qiq, in sciopero della fame da 61 giorni, lancia l’allarme: “è ormai prossimo alla morte”

 

Roma, 26 gennaio 2016, Nena News – Continua l’ondata di violenza nei Territori Occupati. Secondo quanto ha riferito la portavoce della polizia israeliana, Luba Samri, due palestinesi sono stati uccisi ieri nella colonia israeliana di Beit Horon a ovest di Ramallah in Cisgiordania dopo aver compiuto un nuovo attacco con coltelli. “I due terroristi [palestinesi] – ha detto Samri – si sono avvicinati ad un negozio di alimentari a Beit Horon e hanno accoltellato una donna. Nello scappare, poi, ne hanno ferito un’altra prima di essere neutralizzati da una guardia di sicurezza”.

Non ce l’ha fatta a soppravivere una delle due israeliane accoltellate, la 24enne Shlomit Kreigsman della colonia di Shadmot Mehola, morta stamane per le gravi ferite riportate nell’aggressione. La giovane era arrivata in condizioni critiche all’ospedale Hadassah di Gerusalemme ed è stato vano il tentativo dei medici di salvarle la vita. Ferita leggermente, invece, l’altra donna.

Secondo una prima ricostruzione fatta dalla polizia israeliana, i due aggressori, Ibrahim Alan di Beit Ur at-Tahta e Hussein Abu Ra’ash del campo profughi di Qalandya, avevano progettato un attacco combinato con coltelli e esplosivi (ritrovati dalle forze armate dopo aver perlustrato la zona). La reazione dell’esercito di Tel Aviv a quanto accaduto a Beit Horon non si è fatta attendere: tutta l’area del villaggio di Beit Ur at-Tahta è stata chiusa su ordine del premier israeliano Benjamin Netanyahu ed è stato disposto il divieto di uscire e entrare nel paese se non per motivi medici.

Intanto fanno discutere le dichiarazioni della vice ministra degli Esteri israeliana Tzipi Hotovely secondo cui l’Autorità nazionale palestinese (Anp) utilizzerebbe i finanziamenti esteri per sostenere le azioni terroristiche. “Il regime palestinese di Ramallah – ha scritto Hotovely sul Wall Street Journal domenica – paga stipendi mensili che vanno da 400 a 3.500 dollari ai terroristi e alle loro famiglie. Questa somma è cinque volte più grande rispetto a un salario medio mensile di un lavoratore palestinese”. “Fra il 1993 e il 2013 – ha aggiunto la vice ministra – i palestinesi hanno ricevuto 21.7 miliardi di dollari in aiuti per lo sviluppo. La leadership palestinese ha avuto ampie opportunità di usare questo denaro per un sviluppo sociale ed economico. Tragicamente, come si vede anche a Gaza controllata da Hamas, ha preferito finanziare l’infrastruttura terroristica e comprare armi”. “Bisogna capire – ha concluso Hotovely – il profondo legame che vi è tra l’ingente quantità di aiuto straniero, la bizzarra tolleranza internazionale per la condotta inaccettabile dei palestinesi e i mancati progressi verso la pace”.

Immediata è stata la reazione dell’Anp. In una nota, il premier palestinese Rami Hamdallah ha detto che “l’Autorità  nazionale palestinese opera secondo i principi di trasparenza e di responsabilità, soprattutto quano si tratta di fondi pubblici e di aiuti esteri”. Secondo il primo ministro, le parole della vice ministra sono pura “finzione per occultare l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi e i crimini commessi dai coloni israeliani. Sono un atto disperato per distrarre l’attenzione dalle veri questioni sul terreno”.

Una delle questioni più spinose per raggiungere un accordo di pace è sicuramente il tema delle colonie. La portavoce del movimento pacifista israeliano Shalom Akhshav (“Pace ora”), Hagit Ofran, ha ieri riferito che il ministero della difesa ha approvato 153 nuove unità abitative in Cisgiordania. La decisione, ha dichiarato Ofran, è stata adottata la scorsa settimana e riguarda l’area di Ariel (a nord), l’insediamento di Carmel nell’area di Hebron e il blocco di Gush Etzion.

Si fanno sempre più critiche, intanto, le condizioni del giornalista palestinese Mohammed al-Qiq, in sciopero della fame da 61 giorni in un carcere israeliano Secondo il suo avvocato, Ashraf Abu Sneina, al-Qiq avrebbe perso i sensi e manifesterebbe “improvvisi sintomi che potrebbero portarlo alla morte”. Il giornalista protesta dal 24 novembre scorso contro la sua amministrazione detentiva (arresto senza processo). E’ accusato da Israele di “istigazione, di aver lavorato con media legati ad Hamas e di rappresentare una minaccia alla sicurezza nell’area”. Secondo Amnesty International il giornalista è sottoposto a maltrattamenti e torture che violano la legge internazionale. Nena News

 

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