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14 mag 2016

 

NAKBA. Dopo 68 anni la Palestina marcia ancora per ritornare

 

La commemorazione della catastrofe del 1948 è partita in Naqab, dai villaggi beduini ancora oggi minacciati di distruzione. Domani si prosegue nei Territori

 

Gerusalemme, 14 maggio 2016, Nena News –

 

Mentre le autorità israeliane chiudono la Cisgiordania e Gaza per poter festeggiare l’anniversario dell’indipendenza, gli altri milioni di persone che vivono su queste terre commemorano la loro catastrofe: domani è il giorno della Nabka, il 68esimo anno dalla fondazione dello Stato di Israele e dallo sfaldamento di un intero popolo, quello palestinese.

Quasi 800mila palestinesi cacciati dalle proprie terre e costretti ad un esilio ininterrotto dal 1948, 524 villaggi distrutti dalle milizie sioniste e oggi introvabili, se non per qualche segno che ricorda chi viveva lì 68 anni fa: qualche rovina, qualche fico d’india.

Eppure, nonostante anni di oblio, di repressione, di cancellazione dell’identità e della storia, il popolo palestinese continua a resistere su queste terre. A Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme e dentro lo Stato di Israele (Palestina ’48 come la chiamano i palestinesi), in questi giorni ricordano quanto successo 68 anni fa con un occhio sempre verso il futuro. In Palestina la commemorazione della Nakba è sì dolore e sofferenza, ma anche una forma di resilienza, di resistenza, di sumud perché in piazza scenderanno in tanti, nei diversi eventi organizzati in ogni comunità, gli anziani come i bambini. Lo faranno sulle terre della Palestina storica, ma anche fuori: a celebrare la propria terra sono i discendenti dei rifugiati del ’48 (oggi 7 milioni di persone) dai campi profughi in Libano e Siria, dalla Giordania e dall’Egitto, dal doppio esilio che in molti stanno vivendo a causa della guerra civile siriana.

Da stasera nei Territori Occupati partiranno manifestazioni di piazza, da Ramallah a Betlemme. Chi sta già commemorando sono i palestinesi cittadini d’Israele: mentre Tel Aviv celebrava l’indipendenza, in migliaia hanno preso parte alla Marcia del Ritorno giovedì pomeriggio. Stavolta l’evento si è svolto nel deserto del Naqab, nei villaggi beduini non riconosciuti che il piano Prawer israeliano (per ora sospeso) mira a distruggere e confiscare. Un esempio chiaro di quello che molti palestinesi definiscono “ongoing Nakba”, la Nakba che continua, perché continuano la confisca delle terre, la demolizione delle case, il trasferimento forzato della popolazione palestinese.

Alla Marcia, evento giunto ormai al suo 19esimo anno, hanno preso parte in tanti: semplici cittadini, attivisti, membri palestinesi della Knesset. Si è partiti dal villaggio distrutto di Wadi Zubala, vicino a Rahat, città-dormitorio costruita negli anni ’80 da Israele per relegarci dentro qualche migliaio di beduini palestinesi dei villaggi vicini.

“Riconoscere la Nakba e lavorare per correggere questa ingiustizia è l’unico modo per assicurare la pace e ottenere una reale riconciliazione tra i due popolo – ha detto alla folla Ayman Odeh, leader della Lista Araba Unita – La questione della Nakba non è solo del passato, ma è particolarmente importante per il futuro”.

“Per i palestinesi la Nakba non è un mero evento storico, ma una ferita personale nel cuore di ogni rifugiato o sfollato – ha aggiunto Mohammed Barakeh, capo dell’Higher Arab Monitorin Committee – La gente non fuggì, come qualcuno dice, ma fu sradicata. Quello che è successo nella Nakba fu massacro e sfollamento ed è impossibile correggere questa ingiustizia senza garantire il diritto al ritorno”. Nena News

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