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05 mag 2016

 

In vigore ad Aleppo una fragile cessate il fuoco

 

Non è nota la sua durata. Solo 48 ore, secondo la televisione di stato siriana. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu accuse solo per Bashar Assad, oscurate le responsabilità dei jihadisti.

 

Roma,  5 maggio 2015, Nena News  –

 

E’ entrata in vigore la scorsa notte la nuova nuova fragile tregua ad Aleppo annunciata ieri dopo un accordo raggiunto tra Usa e Russia. Non è chiaro quanto sarà la sua durata. Solo 48 ore, secondo la televisione di stato siriana. Gli ultimi tre giorni sono stati tra i più tragici per Aleppo. Lo scontro è stato violentissimo nella notte tra lunedì e martedì quando gruppi jihadisti (qualcuno li chiama “ribelli”) sono riusciti a penetrare, pare grazie a una galleria sotterranea e a un intenso lancio di razzi, nella zona ovest della città controllata dalle forze governative. Solo dopo diverse ore l’esercito è riuscito a respingere l’assalto che ha fatto un numero imprecisato di morti e feriti su entrambi i lati. Sono stati gli scontri più duri ad Aleppo nell’ultimo anno, accompagnati da bombardamenti aerei governativi sulle postazioni avversarie e dai colpi di armi pesanti sparati dai jihadisti verso la zona ovest della città. Ad Aleppo dal 22 aprile sono morti almeno 280 civili. Ieri si combatteva anche a Ghouta, a Est di Damasco.

A New York il Consiglio di sicurezza dell’Onu – convocato d’urgenza su richiesta di Gran Bretagna e Francia – i rappresentanti di diversi Paesi hanno colto l’occasione per attribuire soltanto a Damasco la colpa di quanto accade della fine del cessate il fuoco proclamato a fine febbraio, dimenticando che anche i “ribelli” hanno enormi responsabilità nel fallimento del cessate il fuoco proclamato a fine febbraio. Poco contano, soprattutto per Parigi e Washington, le testimonianze di chi vive nell’inferno della guerra. Padre Ibrahim al Sabbagh, un francescano, ha raccontato ad AsiaNews gli ultimi giorni nella parte di Aleppo controllata dal governo. «Missili e razzi lanciati dalla zona sotto il controllo dei ribelli hanno colpito l’ospedale di Dabbi’t, centrando il reparto di ostetricia e uccidendo 17 bambini, oltre che donne e uomini…In precedenza avevano lanciato missili sulle università, in particolare quella statale». «Nella strada che porta all’università» ha proseguito il sacerdote, «è stato abbattuto un edificio e al momento non si conosce il numero di vittime o feriti».

La Russia peraltro sostiene che la notizia del bombardamento aereo lo scorso 27 aprile dell’ospedale al Quds di Aleppo sarebbe falsa. Il portavoce del ministero della difesa di Mosca ieri ha mostrato due foto della struttura, una del 29 aprile di quest’anno e l’altra del 15 ottobre 2015. In entrambe le immagini l’ospedale gestito da Medici senza Frontiere avrebbe gli stessi danni. Secondo il portavoce russo ciò dimostrerebbe che va avanti la «campagna mediatica per screditare il processo di pace in Siria».

Il Segretario di stato americano John Kerry ha avvertito il presidente siriano Assad che ci saranno «ripercussioni» non  meglio precisate se Damasco “si farà beffe” dell’ accordo per il cessate il fuoco ad Aleppo. Poi ha lanciato una sorta di ultimatum: entro agosto Russia e Iran devono avviare la “transizione” in Siria. In poche parole devono convincere il loro alleato Assad a  farsi da parte e a rinunciare a qualsiasi ruolo nel futuro del Paese. A Kerry non importa che diversi milioni di siriani restano schierati dalla parte del presidente che, tra le altre cose, ritengono l’unico in grado di proteggerli dai jihadisti dell’Isis (tornati all’offensiva in diverse aree), dai qaedisti di al Nusra e dai salafiti radicali di Ahrar al Sham. Gruppi destinati a prendere il controllo e a spartirsi la Siria quando sarà realizzata la “transizione” che tanto invocano i governi occidentali e i loro alleati arabi. L’opposizione “laica” e ciò che resta della sua milizia, l’Esercito libero siriano, non contano nulla sul terreno, lo sanno anche le pietre.

Parigi ha annunciato che la prossima settimana ospiterà i colloqui con i ministri degli esteri dell’Arabia saudita, Qatar, Turchia e Emirati, tutti nemici di Damasco e, notoriamente, tutti “sinceri sostenitori” della democrazia. Nena News

 

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