http://www.asianews.it

17/05/2016

 

Nell’inferno di Raqqa, governata da Daesh, fra stato di emergenza e diserzioni

 

Aumentano i posti di blocco e il nervosismo: decine di membri sono riusciti a fuggire dalla prigione di Tabka. Essi raccontano le torture e le esecuzioni sommarie per uomini e donne. Nessun segno di attacco imminente. Le vie attorno al mercato coperte con teli per evitare l’ispezione dei droni. La gente costretta a pagare.

 

Le cose peggiorano precipitosamente a Raqqa, capitale dell’auto-proclamato Calffato di Daesh?  Secondo notizie giunte da fonti locali, le misure di controllo sono state rafforzate e si respira un’aria di nervosismo crescente visibile sui visi dei combattenti dello Stato Islamico, diventati più irascibili e sospettosi.  Quattro nuovi posti di blocco permanenti rafforzano il controllo a Duwar el Naiim, all’incrocio di via Seif el Dawla con via 23 Febbraio, di fronte al Parco al Bustan ed infine in via Mashlab, dove la corrente elettrica è ritornata dopo un mese e mezzo di interruzione ma in cambio sono stati chiusi tutti gli internet caffé con decreto emanato nel pomeriggio del 15 maggio.

Alcuni abitanti, pensano che questo giro di vite nasconda la possibilità che il “Califfo” Abu Bakr  Al Baghdadi sia presente nella “sua capitale” per dirigere le operazioni contro un possibile attacco contro Raqqa. Una parte della stampa occidentale (fra i qualli la Cnn e il quotidiano francese Libération) parlano di uno “stato di emergenza” decretato da Daesh, per difendersi contro un possibie attacco.  Ma persone locali non confermano che vi siano nuovi preparativi o spostamenti di truppe dei terroristi islamici in vista di possibili combattimenti.

Secondo i locali, gli spostamenti e i controlli rafforzati sono da attribuirsi  a quanto accaduto nel campo di detenzione a Tabka (vicino a Raqqa), la settimana scorsa, dove circa una ventina di detenuti sono riusciti a fuggire e stanno ancora tentando di raggiungere zone sicure fuori dell’area controllata da Daesh.

Alla ricerca dei fuggiaschi, i sicari dell’Isis rastrellano le strade, aumentano i posti di blocco volanti e perquisiscono case. Chi è riuscito a raggiungere un luogo sicuro, riferisce notizie raccapriccianti sullo stato di detenzione, riportate anche da alcuni giornalisti indipendenti locali di “Rakka Tuzbah bi samt” (Rakka viene sgozzata in silenzio).  Le modalità di tortura sono ormai note: il cosiddetto “Al Balanko” che consiste nell’appendere al soffitto il torturato con le dita dei piedi appena leggermente sollevate dal suolo; elettrochoc; la “sedia delle torture” e le frustrate sono solo alcuni dei mezzi usati.

La maggior parte dei detenuti sono di nazionalità siriana, originari di Aleppo, Raqqa e Idlib, ma sono presenti anche stranieri. Il peggior torturatore è un iracheno coadiuvato da un altro la cui nazionalità è ignota. Le sentenze sono emesse da un “giudice coranico”  e spesso anche direttamente dai gestori del carcere; gli uomini sono giustiziati sulla piazza pubblica. La condizione delle donne è la più misteriosa: esse vengono giustiziate nelle loro celle, da dove sono udibili chiaramente le grida. Ci sono anche bambini detenuti, a loro è riservata la stessa tortura dei maschi adulti.

Le rafforzate misure di sicurezza potrebbero quindi essere legate alla fuga dei detenuti avvenuta il 3 maggio scorso,  e alle attività di caccia all’uomo, non ad un “stato di emergenza” in vista di un possibile attacco. Dall’altra parte del fronte, gestito dai kurdi del Ypg non si registrano movimenti che indichino preparativi per un prossimo attacco.

In ogni modo, a partire dall’ultima settimana di aprile, Daesh ha provveduto a coprire con teloni di tessuto appesi in aria molte zone nuove, per evitare che i movimenti siano registrati o visti dai droni delle forze alleate. Sono aumentati soprattutto i percorsi coperti nella zona esterna al mercato ( vedi  foto). Questa pratica, già attuata in Iraq, soprattutto a Ramadi, ormai da un anno, è stata diffusa su molte zone della città. Contrariamente all’Iraq tuttavia, a Rakka le “autorità” di Daesh hanno imposto a tutti gli abitanti di partecipare alla spesa con un contributo di 2000 lire siriane per ogni casa (circa 8 dollari ), in una campagna denominata “ siamo tutti compartecipi”. Naturalmente nessuno osa ritrarsi. (PB)

top