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09/08/2016

 

Siria, sulla “Grande battaglia di Aleppo” e sugli “assedi”

di Alexander Mercorius

 

Il punto essenziale è che quella che viene combattuta intorno e in Aleppo è una battaglia di attrito, e senza aiuti esterni i “ribelli” non possono vincerla

 

Le notizie della cattura, da parte dei ribelli jihadisti capitanati da Al Nusra sabato mattina, di un collegio tecnico militare nei dintorni di Aleppo, in quella che i gruppi armati chiamano “la Grande battaglia di Aleppo” ha indotto i media a gridare che l’assedio di Aleppo è stato interrotto.

 

Si tratta di rapporti che riflettono una cattiva interpretazione dei combattimenti che hanno luogo ad Aleppo. Come ho già scritto, l’esercito siriano e i suoi alleati iraniani ed Hezbollah semplicemente non hanno i numeri per cingere Aleppo Est in un assedio di tipo medioevale. Ecco quanto ho scritto in precedenza: “E’ importante fare alcune precisazioni. Non si tratta di quel tipo di assedi usuali duranti il Medioevo, quando un esercito circondava completamente una città o un castello tagliando fuori gli abitanti e le guarnigioni dal resto del mondo. L’esercito siriano non ha i numeri per assediare Aleppo in questo modo. Non può controllare ogni angolo del territorio intorno alla città e continuano a esserci moltissime vie di entrata e uscita dalla città per i combattenti ‘ribelli’”.

 

Per questo tipo di accerchiamento di Aleppo Est occorrerebbero forse 100.000 uomini. Dunque, è probabile che l’esercito siriano a tratti debba fare ritirate strategiche di fronte ad attacchi soverchianti. E’ accaduto in febbraio molte volte, quando i contrattacchi dei “ribelli” hanno portato alla chiusura delle strade di accesso ad Aleppo.

 

Di fronte a un’offensiva di migliaia di “ribelli”, le truppe siriane e di Hezbollah presenti nell’area del collegio tecnico dovevano essere piche centinaia, visto che la gran parte dei reparti migliori sono posizionati dentro e intorno ad Aleppo nella parte nord. Per non essere uccisi in massa, hanno dovuto ripiegare e andarsene.

 

Si dovrebbe dunque trattare di una vittoria effimera. I “ribelli” non possono usare il piccolo corridoio che hanno ricavato fra le linee governative per rifornire meglio i ribelli nella parte Est, dal momento che il corridoio è bombardato dall’esercito siriano e dai russi.

 

Inoltre, per mantenere il momento favorevole, i “ribelli” devono spingere ad Aleppo uomini e mezzi da tutta la Siria, concentrandoli in uno spazio limitato, dove potrebbero diventare bersagli delle forze aere russe.

 

E’ un mito che i “ribelli” possano sempre sostituire le perdite perché hanno a disposizione un numero illimitato di combattenti jihadisti. Se così fosse, avrebbero vinto in Siria da tempo. In realtà, come hanno mostrato le guerre in Iraq e Cecenia in precedenza, il bacino è relativamente limitato.

 

Il punto essenziale è che quella che viene combattuta intorno e in Aleppo è una battaglia di attrito, e senza aiuti esterni i “ribelli” non possono vincerla. L’offensiva dei ribelli ha dimostrato un’altra cosa, politicamente importante nel contesto del continuo dialogo fra russi, statunitensi e, forse ancora più rilevante, con il presidente turco Erdogan. Al tempo dell’accordo di cessate il fuoco nel febbraio, gli Stati uniti hanno riconosciuto che Jabhat al Nusra è un’organizzazione terroristica e che i ribelli siriani dovrebbero dissociarsene. L’accordo – e dunque questa richiesta – è inserito in una risoluzione del Consiglio di sicurezza e quindi è vincolante per i turchi.

 

I “ribelli” ad Aleppo non solo hanno completamente fallito nel dissociarsi da Jabhat al Nusra, ma negli ultimi giorni hanno sostenuto con entusiasmo un’offensiva guidata da quest’organizzazione, con il suo nuovo nome. La ragione di questo è, ovviamente, che tutti i ribelli dentro e intorno ad Aleppo appartengono ad Al Nusra o a gruppi associati e sono tutti jihadisti. I “ribelli moderati” che starebbero resistendo ad Aleppo contro forze preponderanti semplicemente non esistono se non nell’immaginazione di politici e media occidentali.

 

Gli Usa e i turchi cercheranno naturalmente di spiegare che quello che ha spinto i “ribelli moderati” di Aleppo a unirsi dietro Al Nusra è l’offensiva siriana insieme ai bombardamenti russi. Un’argomentazione logora. Nelle discussioni private con i russi, Kerry ed Erdogan e i loro diplomatici capiranno che dopo l’offensiva dei “ribelli” le loro tesi sono diventate più deboli.

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