American Herald Tribune

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10 agosto 2016

 

La vigilia a Daraa: come è scoppiata la guerra in Siria

di Steven Sahiounie

 

La narrazione della "rivolta siriana" è una sceneggiatura della CIA per coprire l'intervento USA per rovesciare il legittimo presidente Assad

 

La vigilia dell’11 settembre 2001 era un giorno come gli altri a New York. Il 10 settembre 2001, nessuno avrebbe potuto immaginare quanto si stava preparando per il giorno dopo.

 

Allo stesso modo, si potrebbe pensare che la vigilia del giorno in cui sono cominciate le violenze a Daraa in Siria, nel marzo 2011, fosse un giorno normale, inconsapevole della sollevazione che stava per cominciare.

 

Ma non è così. Agenti stranieri operavano a Daraa ben prima che debuttasse il primo atto della commedia della sua sollevazione.

 

La moschea Omari era il luogo dove ci si preparava dietro le quinte, si cambiavano i costumi e si provava. I terroristi libici, da poco sbarcati da un altro campo di battaglia – quello dell’attacco della NATO e degli Stati Uniti per rovesciare il governo libico – si trovavano a Daraa ben prima delle violente rivolte del marzo 2011. Il responsabile religioso della moschea Omari era lo sceicco Ahmad al Sayasneh. Un vecchio con un grave problema di vista, costretto a portare degli speciali occhiali neri. Non solo non ci vedeva bene, ma era anche sensibile alla luce, e per questo restava chiuso nell’edificio il più a lungo possibile. Era abituato a giudicare le persone dalla voce e dall’accento. L’accento di Daraa è pronunciato. Gli uomini che andavano alla moschea Omari erano tutti del posto, tutti con l’accento di Daraa. Mentre gli stranieri venuti dalla Libia non parlavano con lo sceicco, che avrebbe potuto smascherarli. Lavoravano invece con gli uomini del posto; alcuni personaggi-chiave diventati loro complici e confidenti. La partecipazione di elementi dei Fratelli mussulmani, che avrebbero assistito i mercenari/terroristi, era un elemento essenziale del piano della CIA, accuratamente preparato e diretto dalla Giordania.

 

Mobilitando l’aiuto e la cooperazione degli adepti locali del salafismo, i Libici sono riusciti ad andare a Daraa senza suscitare sospetti. In prima linea c’erano solo i locali.

 

Gli agenti della CIA che seguivano l’operazione di Daraa dai loro uffici in Giordania avevano già fornito le armi e il denaro necessario per alimentare il fuoco di una rivolta in Siria. Con una quantità adeguata di armi e danaro, si può scatenare una rivoluzione in qualsiasi parte del mondo.

 

In realtà la rivolta di Daraa del marzo 2011 non è partita affatto dai graffiti scritti da alcuni adolescenti (1), e non ci sono stati genitori che protestavano per la liberazione dei loro figli. Questa è una narrazione stile Hollywood, inventata dagli abili agenti della CIA incaricati di distruggere la Siria con l’obiettivo di rovesciare il governo. Daraa era solo la scena prima dell’atto primo.

 

Il fatto che quei sedicenti graffitari adolescenti e i loro genitori non siano mai stati trovati, il loro nome sia sconosciuto e non siano stati mai fotografati, è il primo indizio che la loro identità doveva restare avvolta nel mistero.

 

Qualsiasi sollevamento ha bisogno del sostegno della base. Avviene di solito che intervenga una certa situazione e i manifestanti occupino le strade. Poi i servizi di sicurezza intervengono per riportare la pace e liberare le strade, e se vi è una repressione brutale, i manifestanti pacifici reagiranno con indignazione, sentendosi oppressi e vittime di ingiustizia. In questo caso, il numero dei manifestanti crescerà. Si arriverà ad un punto in cui i manifestanti si troveranno davanti due alternative: o cedere e tornare a casa, o reagire con la violenza, cui corrisponderà una risposta violenta da parte dei servizi di sicurezza, in una escalation che preparerà il terreno ad una vera e propria rivolta generalizzata.

 

La sollevazione orchestrata a Daraa comportava la partecipazione di cittadini locali nelle strade, inconsapevoli del fatto che partecipavano ad una produzione CIA-Hollywood. Erano comparse non pagate della scena che si andava girando. Erano motivati da rivendicazioni, che forse perduravano da una generazione o più, ed erano forse seguaci del wahhabismo, l’ideologia esportata in tutto il mondo dal Regno dell’Arabia Saudita, dalla famiglia reale e dai suoi funzionari.

 

I Libici stoccavano armi nella moschea Omari ben prima che alcuna voce sul conto di adolescenti arrestati a causa di qualche graffito si diffondesse. Lo sceicco, vecchio e mezzo cieco, non sapeva quello che si stava tramando nella sua moschea, né dell’infiltrazione di stranieri.

 

Le armi sono arrivate a Daraa dagli uffici della CIA in Giordania. Il governo statunitense ha legami assai solidi col re di Giordania. La Giordania è popolata al 98% da Palestinesi, ma ciononostante ha firmato un trattato di pace con Israele molto tempo fa, a onta del fatto che 5 milioni di parenti dei cittadini giordani vivano proprio al loro fianco nella Palestina occupata e sia loro negato ogni riconoscimento dei diritti umani. Il re di Giordania deve quotidianamente mantenersi in una posizione di equilibrio tra i suoi cittadini, la pace e la sicurezza del suo paese, e gli interessi statunitensi e i loro progetti per il Medio oriente. Il re Abdullah non è solo un funambolo, ma anche un giocoliere, e tutta questa pressione su di lui deve pesargli enormemente, come anche alla regina Rania, ella stessa palestinese. Questa situazione deve essere tenuta in grande considerazione nell’analisi della storia della Repubblica araba siriana, perché è stata, negli ultimi 40 anni, la pietra angolare della politica interna ed estera siriana, concepita col preciso obiettivo di tutelare i diritti umani dei Palestinesi, la loro libertà e la giustizia.

 

La scelta statunitense di attaccare la Siria per rovesciare il suo governo non era unicamente motivata dai gasdotti, i pozzi di petrolio, la posizione strategica e l’oro: si voleva anche distruggere il paese protettore dei diritti dei Palestinesi. Sbarazzarsi del presidente Bashar al-Assad, significava sbarazzarsi di uno dei rari leader arabi che parlano con voce ferma e costante in favore dei diritti dei Palestinesi.

 

La collocazione di Daraa proprio alla frontiera giordana, è l’unica ragione della scelta di questa città come il set del primo atto della rivolta siriana. Se chiedete alla maggior parte dei Siriani se abbiano mai visitato Daraa o intendano recarvisi, vi risponderanno NO. E’ una cittadina agricola, insignificante. Un luogo assai poco verosimile per cominciarvi una rivoluzione su scala nazionale. L’importanza storica di Daraa si deve esclusivamente alle sue rovine archeologiche, ma esse hanno qualche interesse solo per i professori di storia o gli archeologi. La possibilità di rifornirla di armi dalla Giordania ha fatto di Daraa il luogo ideale per mettere in scena una sollevazione che si è trasformata in guerra internazionale. Qualunque persona dotata di buon senso avrebbe supposto che una rivoluzione o una rivolta in Siria avrebbe debuttato a Damasco o Aleppo, le due città più grandi. Per due anni e mezzo di violenza in tutto il paese, la popolazione di Aleppo non si è mai unita alla rivolta, né chiesto un rovesciamento del governo. Aleppo, il grande centro industriale della Siria, non ha mai voluto avere niente a che fare con la missione della CIA, e sperava che, evitando in ogni modo di farsene coinvolgere, sarebbe stata risparmiata e le violenze si sarebbero alla fine spente per la mancata partecipazione dei civili. Non è andata così. Al contrario, gli Stati Uniti hanno sostenuto l’Esercito Siriano Libero, che proveniva principalmente da Idlib e dintorni e i volontari stranieri, che si sono riversati ad Aleppo dalla Turchia. Questi volontari stranieri, dopo aver preso dei voli della Turkish Airlines provenienti dall’Afghanistan, dall’Europa, dall’Australia e dall’Africa del Nord, sono atterrati a Istanbul e sono stati trasportati con bus messi a disposizione dal governo turco fino alla frontiera di Aleppo. Biglietti aereo, dei bus, stipendi, forniture, cibo e cure mediche, sono stati tutti erogati in Turchia da un funzionario dell’Arabia Saudita. Le armi sono state tutte fornite dagli Stati Uniti d’America, provenienti dal loro molo di Bengasi, in Libia. La missione di rovesciare il governo legittimo concepita dagli Stati Uniti/NATO fu coronata da successo in Libia e gli USA si sono impossessati di tutte le armi e le riserve che erano appartenute al governo libico, ivi comprese tonnellate di oro sottratte dal governo USA alla Banca centrale di Libia.

 

Entrano in scena i Libici. Mehdi al Harati, il Libico con passaporto irlandese, già incaricato in Libia del comando di una brigata di terroristi, pagato e guidato dalla CIA. Completato il lavoro laggiù, è stato trasferito nel nord della Siria, nella regione di Idlib – dove si trova la base operativa dell’Esercito siriano libero, sostenuto dagli Stati Uniti – che il senatore repubblicano John McCain ha presentato al Congresso USA, e cui ha personalmente reso visita entrando illegalmente in Siria, senza passaporto né controlli di frontiera. In Arizona, il senatore McCain è favorevole all’espulsione di qualsiasi straniero senza documenti che entri negli Stati Uniti, ma viola egli stesso la legge internazionale penetrando illegalmente in Siria come straniero senza documenti. Ma era in compagnia di amici di fiducia e di soci, l’Esercito siriano libero. Gli stessi che hanno decapitato cristiani e mussulmani, violentato donne e bambini di entrambi i sessi, venduto ragazze come schiave sessuali in Turchia e mangiato il fegato crudo di un uomo, cosa fieramente filmata e messa on line.

 

In precedenza non c’era nessun terrorista di Al Qaeda in Siria, e il paese aveva vissuto la vicenda della guerra vicina in Iraq, senza troppi intoppi, a parte i 2 milioni di rifugiati iracheni che ha accolto. Poco prima della rivolta rappresentata a Daraa, Brad Pitt e Angelina Jolie si erano recati a Damasco ed erano stati ricevuti dal Presidente e sua moglie. Pitt e Jolie erano andati in visita ai rifugiati di guerra iracheni a Damasco, per fornire il loro aiuto. Brad Pitt si era meravigliato che il presidente siriano lo avesse accompagnato personalmente, senza guardie del corpo e dispositivi di sicurezza. Pitt e Jolie erano abituati al loro imponente servizio di sicurezza negli Stati Uniti. Il presidente Assad spiegò loro che lui e sua moglie si sentivano perfettamente a proprio agio a Damasco, in quanto si trattava di una città sicura. E infatti l’associazione degli agenti di viaggio francesi aveva giudicato la Siria come la destinazione turistica più sicura di tutto il bacino del Mediterraneo, dunque ancora più sicura della stessa Francia.

 

Ma la strategia statunitense era di creare un Nuovo Medio Oriente, che facesse della sicurezza in Siria un lontano ricordo, a causa del tornado provocato, alias il vento di cambiamento.

 

La Tunisia, la Libia, l’Egitto poi la Siria sono serviti da trampolino per la primavera araba. Ma lo scenario previsto per la Siria non è stato fedele alla sceneggiatura. Ha superato la data limite e anche il budget. I titoli di coda non sono ancora passati e il sipario non è ancora calato.

 

Non si deve poi trascurare il ruolo che hanno giocato i mass media nella distruzione della Siria. Per esempio, Rula Amin di Al Jazeera si trovava a Daraa e ha personalmente intervistato il religioso Sayasneh della moschea Omari. Al Jazeera è di proprietà del principe del Qatar. Questi è stato uno dei finanziatori più importanti dei terroristi che hanno attaccato la Siria. Gli Stati Uniti inviavano le armi, materiali di consumo e fornivano immagini militari satellitari, ma il denaro per pagare gli stipendi, le tangenti in Turchia e le altre spese che dovevano essere coperte in contanti era fornito dal principe del Qatar e dal re di Arabia Saudita, in virtù del loro ruolo di alleati più fedeli degli Stati uniti in Medio Oriente. Era un team di produzione composto dagli USA, dalla UE, dalla NATO, dalla Turchia, la Giordania, Israele e le monarchie del Golfo Persico, principalmente Arabia saudita e Qatar. La CIA non ha alcun problema con le operazioni segrete in paesi stranieri, persino quando si tratti di attacchi di grande ampiezza, ma il finanziamento doveva essere assicurato da altri paesi: gli elettori statunitensi non si preoccupano affatto della gente ammazzata in Siria, ma non accetterebbero mai di pagare per questo. Finché erano gli Arabi a finanziare il progetto, tutto era OK per lo Statunitense medio, che in ogni caso non sarebbe in grado di localizzare la Siria su una carta geografica.

 

Rula Amin e altri giornalisti di Al Jazeera, della statunitense CNN, della britannica BBC e della francese France24, hanno avviato una campagna deliberatamente politica contro il governo siriano, e il popolo siriano che soffriva per le morti e le distruzioni provocate da terroristi che pretendevano di essere semplici militanti di una sollevazione locale. In qualche caso i copioni erano talmente simili che si sarebbe detto fossero stati tutti scritti nella stessa camera di albergo a Beirut. Si fecero allora avanti le star dei media online, Robert Fisk, dalla sua posizione privilegiata a Beirut, e Joshua Landis, dalla sua postazione in Oklahoma. Essi, pur lontanissimi dagli avvenimenti, pretendevano di sapere tutto della situazione in Siria. I lettori britannici e statunitensi venivano influenzati dalle loro spiegazioni deliberatamente orientate, tanto che i veri Siriani che vivono in Siria ed erano in grado di leggere l’inglese, ne rimanevano sconcertati. I Siriani si chiedevano come i redattori occidentali potessero prendere partito per dei terroristi stranieri, adepti di un islam radicale, che attaccavano qualsiasi civile disarmato che tentasse di difendere la sua casa e la sua famiglia. I media presentavano i terroristi come dei combattenti per la libertà, degli eroi della democrazia, mentre invece essi violentavano, saccheggiavano, mutilavano, rapivano a scopo di estrosione e uccidevano civili disarmati che non avevano letto il copione prima dell’inizio della sparatoria a Daraa. Era il trailer di un film globale, un video girato con un cellulare a basso costo che è diventato virale in tutto il mondo, vendendo agli spettatori l’idea di una Siria impegnata in una lotta drammatica per la libertà e la giustizia, alla maniera americana. In seguito, Al Jazeera e tutti gli altri media hanno cominciato a pagare 10 000 dollari per qualsiasi video amatoriale girato in Siria. Un nuovo tipo di secondo lavoro si è creato in Siria, con tantissimi registi e attori desiderosi di farsi filmare e conoscere. L’autenticità non era mai posta in dubbio, ai media interessavano solo dei contenuti che dessero corpo alla loro campagna propagandistica sulla Siria.

 

Daraa fu dunque il prologo di una lunga tragedia che non è ancora conclusa. Il religioso che era stato il protagonista delle prime scene, Sheikh Sayasneh, è stato posto agli arresti domiciliari, poi trasferito clandestinamente ad Amman, in Giordania nel gennaio 2012. Attualmente tiene delle conferenze negli Stati Uniti, vicino a Washington DC. Come gli attori debuttanti riescono a trovare la strada che li porta a Hollywood, che è La Mecca dell’industria del film, lo Sceicco Sayasneh ha trovato la strada che lo ha portato alla Mecca di ogni progetto di cambiamento di regime.

 

Note

(1) Secondo la narrazione propagandista ufficiale, la rivolta siriana sarebbe cominciata a Daraa, nel sud del paese, quando un gruppo di liceali scrisse su un muro: «È arrivato il tuo turno dottore». Il giorno dopo la polizia avrebbe fatto irruzione nella scuola arrestando decine di studenti con l’accusa di aver minacciato Bashar al Assad, il presidente della Repubblica siriana, laureato in medicina a Londra. Nei giorni successivi i genitori dei ragazzi avrebbero manifestato davanti alla prigione e in poche settimane la rivolta di piazza si sarebbe trasformata in guerra civile


Steven Sahiounie ha cominciato a scrivere analisi e commenti politici durante la guerra in Siria, cominciata nel marzo 2011. Ha pubblicato diversi articoli su molti media. E’ stato intervistato da media statunitensi, canadesi e tedeschi.

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